Care socie e amiche della Casa, vorrei condividere con voi una buona notizia che un po’ ci fa sperare e mi sembra di buon augurio per l’anno nuovo. Con una petizione su Change.org, nove mesi fa abbiamo chiesto alle parlamentari europee di attivarsi e di aprire il cuore e i confini, istituendo strade sicure e legali per le migliaia di persone in cerca d’asilo.

L’abbiamo proposto come Rete femminista “No muri, no recinti”, un’iniziativa di movimento nata proprio qui alla Casa di Milano il 28 novembre 2015, con un appello firmato da moltissimi gruppi di donne in Italia e anche in Spagna e in Grecia.

La Commissione europea per le petizioni ha esaminato la nostra petizione e l’ha dichiarata “ricevibile in base al regolamento del Parlamento europeo, dal momento che le questioni sollevate rientrano nell’ambito di attività dell’Unione europea”, prendendo quindi atto delle osservazioni “che saranno trasmesse alle commissioni competenti”.

Personalmente lo considero un successo per la Rete femminista “No muri, no recinti”, e per tutte le persone che l’hanno sostenuta, trattandosi di un gesto in controtendenza rispetto al rinascere di integralismi e razzismi che la diffusa barbarie sociale sta favorendo in molti Paesi europei. Quello che speriamo con le nostre iniziative è appunto di contribuire a tenere viva l’attenzione sull’orrore delle stragi di innocenti nelle acque del Mediterraneo, affinché si trovino tutti i modi per sottrarre il popolo migrante, e in particolare le donne, alle violenze, agli abusi e alla morte.

Certo, la situazione purtroppo sostanzialmente non è cambiata, ma se si moltiplicheranno le voci, le proteste e gli appelli qualcosa alla fine dovrà accadere, ci dovranno ascoltare. Le premesse su cui l’Europa è nata parlavano di solidarietà, di apertura, di accoglienza e inclusione, ma se tutto questo viene negato nei fatti l’Europa cessa di esistere.

Dunque grazie a tutti coloro che nel Parlamento europeo e nelle Commissioni lavorano per fermare la deriva genocida di chiusura delle frontiere, cercando di ritrovare un senso umano nella costruzione di questa Europa, ma non c’è davvero più tempo, troppo orrore abbiamo già visto e non possiamo tacere o voltarci dall’altra parte. Chi siede in quelle stanze deve fare qualcosa di decisivo per dire basta e dare avvio a una nuova politica dell’accoglienza. Noi che stiamo fuori dai palazzi del potere continueremo a ricordarne la drammatica urgenza e a lavorare per trasformare questo mondo assurdo in un pianeta differente, dove la violenza e l’ingiustizia non abbiano più senso.

Floriana Lipparini