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Non è facile raccontare l’evento del 3 ottobre alla Casa delle Donne, tante sono le emozioni e l’energia che lo hanno animato. Tutto ha avuto inizio con la rappresentazione teatrale della compagnia Atir, composta – nemmeno a dirlo – da sole donne: in scena un brano tratto da “Alla mia età mi nascondo ancora per fumare” – al Teatro Ringhiera di Milano dal 21 ottobre (correte a vederle perché sono bravissime e per le socie che esibiscono la tessera ci sono sconti il 22 e il 23.10).
Il testo è di Rayhana, un’autrice franco-algerina costretta a usare uno pseudonimo, a causa delle minacce di integralisti islamici. Si svolge in un bagno turco, dove si raccolgono confidenze e racconti di un gruppo di donne, diverse tra loro per età e vissuto, che hanno però in comune il bisogno di trovare un punto di incontro e confronto, nell’hammam appunto.

IMG_4885Dopo lo spettacolo c’è il dibattito con la cooperativa multiculturale Crinali e il Gruppo Interculture della Casa. Dalla preziosa testimonianza dell’algerina Zahia Bounab, una mediatrice culturale, scopriamo che l’hammam è l’unico luogo di cui dispongono le donne magrebine per incontrarsi in un ambiente protetto, confidarsi e riempire il senso di vuoto che vivono nella società che sta al di fuori di quelle mura. Una sorta di schizofrenica divisione: la vita vissuta e raccontata animatamente nelle due ore settimanali nel bagno turco e quella, ahimè, parecchio più silenziosa fuori. “La difficoltà è riuscire a trovare il proprio io dappertutto”, ci rivela Zahia, che ha sperimentato su di sé quanto il mondo arabo riduca la libertà di espressione delle donne. Per questo, venti anni fa ha lasciato l’Algeria per trasferirsi in Italia, dove oggi ritiene di avere trovato la libertà che cercava, ovvero quella che identifica con la possibilità di farsi conoscere al di fuori di un contesto limitato. “Un solo paese, una sola cultura, una sola religione equivalgono a una prigione. Nel mio paese avevo catene d’oro, ma ho preferito spezzarle per andarmene, perché la libertà non ha prezzo”.
Piovono applausi.
Nel dibattito intervengono altre donne migranti che hanno trovato solidarietà e accoglienza inaspettate dalle vicine di casa. “Dobbiamo andare a bussare alle porte”, esorta Nagla Gaffar, anche lei mediatrice di Crinali, che ha lasciato da venti anni l’Egitto.

A questo punto sorge spontanea una domanda: ma le donne italiane dove si ritrovano?

casaPrende la parola Francesca Amoni, referente del Gruppo Interculture della Casa: “Noi abbiamo la Casa. Qui ci diamo subito del tu, non serve spiegare chi sei. Ogni donna apre la porta e può permettersi di essere se stessa!”
E a rafforzare quanto detto, arriva la promessa di Nicoletta Gandus, una delle tre presidenti della Casa: “Nella Casa stiamo progettando quello che chiamiamo proprio uno “Spazio da vivere”, un luogo per chiacchierare e trascorrere il tempo libero. Sarà il nostro hammam senz’acqua nella Milano del 2015.”

E lo spazio da vivere lo abbiamo immaginato, non resta che realizzarlo! Proprio come durante il buffet multiculturale che ha concluso la serata.  Meglio di così …

scritto da Patrizia Argentino
foto di Roberta Borgonovo