IMG_1726Il 12 maggio alle 18.00 ci troviamo alla casa per parlare con Valeria Fieramonte (giornalista scientifica) e Chiara Pirovano (WWF).

Nella storica conclusione dell’Accordo di Parigi sul clima, a dicembre 2015, non si può dire che il ruolo delle donne sia stato fondamentale, anche se nel preambolo si è parlato di parità di genere e eguaglianza di diritti. Ma c’è stata senza dubbio una presenza più importante del solito, nei ruoli di potere (Cristiana Figueres, Segolène Royal), nel ruolo delle ong, e in termini di leadership intellettuale (Naomi Klein).

Nel raggiungimento di questo accordo, firmato da ben 197 paesi, è stato determinante il superamento della contrapposizione tra paesi sviluppati e paesi in via di sviluppo che aveva finora bloccato ogni vero passo in avanti. All’Onu di New York, il 22 aprile di quest’anno, ogni paese ha ufficialmente ratificato i propri INDCs (Intended Nationally Determined Contributions, contributi nazionalmente determinati), avendo preso atto della necessità di fare qualcosa di concreto.

Siccità e disboscamento, aumento degli eventi estremi, desertificazione di aree sempre più vaste,

acidificazione dei mari, scioglimento dei ghiacci con conseguente rilascio nell’ambiente di gas fossili incorporati da millenni nel permafrost, e aumento del riscaldamento globale: sono fenomeni di cui sono ormai consapevoli vaste aree di popolazione in tutto il mondo.

Il 2017 è considerato dagli esperti il punto di non ritorno per invertire il meccanismo innescato: ma la frequenza nell’accordo di Parigi di concetti come ‘resilienza’, mitigazione, adattamento fa capire che sarà molto difficile, se non impossibile, contenere l’aumento della temperatura del pianeta sotto i due gradi entro il 2030.

Nell’accordo ci sono alcuni aspetti vincolanti, come l’impegno a ridurre CO2 e gas climalteranti, e altri solo volontari, come la quantità e qualità degli impegni presi. Anche sulla trasparenza e i controlli non c’è stato accordo.

Per la prima volta tuttavia un ingente flusso di capitali si sta spostando dal finanziamento delle energie fossili al finanziamento delle rinnovabili e si prevede un fondo verde da 100 miliardi di dollari l’anno (ma per le fossili i finanziamenti sono ancora di 500 miliardi!).

E finalmente si è riconosciuta l’importanza delle foreste nel produrre il vapore acqueo essenziale per la pioggia: almeno sulla carta qualcosa si muove…

 

Valeria Fieramonte