Le donne sono delle maestre in cucina? Appartiene loro l’arte della preparazione dei cibi? O più banalmente sono delle esecutrici, angeli del focolare, costrette a un ruolo imposto da una tradizione e da una cultura che le vuole in casa regine della quotidianità?
Le donne sono sempre state preparatrici di cibo più o meno esperte, ma è difficile che sia loro attribuito il titolo qualificante di chef. Alle mani delle donne si è sempre lasciata la risposta alle necessità quotidiane. Il di più, la raffinatezza dei cibi, lo studio di piatti originali viene da mani maschili. Eppure il loro lavoro quotidiano ha sostenuto le tradizioni, tramandando da madri a figlie le ricette e le tradizioni locali.
Oggi solo cinque chef sono donne e in un elenco di oltre 130 ristoranti stellati Michelin in tutto il mondo, possono vantare le tre stelle.
Alla fine del 2019, e quasi un secolo dopo che tre stelle Michelin sono state assegnate per la prima volta a una chef, cinque donne tristellate rappresentano meno del 4% della selezione mondiale Michelin, e quindi qualcosa di raro, ancora.
Le donne chef nel mondo sono 134 di cui 45 italiane su oltre 3.300 ristoranti in 28 nazioni, ossia solo il 4%.
C’è anche una questione di numeri, che riguarda tutti gli chef e non solo i più famosi. Le donne chef non solo sembrano poco famose e riconosciute rispetto ai colleghi uomini, ma sono anche di meno. Nel Regno Unito, secondo le statistiche dell’Office of National Statistics, nel 2015 solo il 18,5% dei cuochi professionisti era una donna. E mentre il numero assoluto degli chef è in aumento (rispetto al 2014 sono 21mila in più), la percentuale di chef donne è in calo e così anche il loro numero assoluto.
Anche se nelle cucine delle case hanno sempre lavorato le donne, in quelle dei ristoranti ci sono sempre stati soprattutto uomini. Lo stesso sistema gerarchico in vigore nei grandi ristoranti – definito alla fine dell’Ottocento dallo chef e scrittore di testi di cucina Auguste Escoffier – si basa sui gradi dell’esercito, tutti declinati al maschile: l’insieme delle persone che lavorano sotto lo chef è chiamato “brigata di cucina“. Nel sistema della brigata di cucina gli chef non sono considerati solo cuochi, ma anche direttori e manager, ruoli storicamente maschili.
Oggi le cucine dei ristoranti sono più aperte alle donne che in passato, però ci sono ancora dei pregiudizi nei loro confronti.
Molti uomini del settore pensano che le donne non siano fisicamente ed emotivamente forti abbastanza per lavorare nelle cucine dei grandi ristoranti, considerati ambienti di lavoro molto stressanti. Anche i clienti dei ristoranti hanno a volte pregiudizi simili.
Secondo la chef Amanda Cohen, che gestisce il ristorante di New York “Dirt Candy”, è anche responsabilità dei media se oggi non ci sono chef donne davvero famose: infatti, i giornali e i critici danno meno attenzione alle chef donne e questo fa sì che anche chi vuole investire in un ristorante sia meno propenso ad affidarne la guida a una donna perché sa che il riscontro mediatico sarà minore.
Ne parleremo il 18 febbraio 2020 alle 18.00 nello Spazio da Vivere con Viviana Varese, Chef Patron Viva Viviana Varese Ristorante, una delle poche che ha conquistato una stella Michelin, con Elisabetta Ruspini Co-coordinatrice «Womens’ and Gender Studies» (ESA-European Sociological Association). E con Beatrice Cassano e Paola De Berardino de l’Associazione Insegnanti di Cucina Italiana, portatrici in Italia e nel mondo della tradizione della cucina italiana e del talento delle donne.
Introduce Anita Sonego co-presidente Casa delle Donne di Milano
Condurrà il dialogo Caterina Mosca, Chef di cucina naturale e autrice di libri.
Sono state invitate le Lady Chef della Federazione Italiana Cuochi.
L’incontro fa parte del palinsesto “Creativa 2020. I talenti delle donne” organizzato dal Comune di Milano.