Chiedo qualche minuto di tempo per dirvi cosa hanno significato per me questi quattro anni di “legale rappresentanza” e co-presidenza della Casa e perché non mi ricandido.
Come molte di voi già sanno sono passata senza soluzione di continuità dalla mia attività lavorativa precedente a questo ruolo. Perciò non ho avuto un attimo di riposo.
Soprattutto gli ultimi anni del mio lavoro erano stati indicibilmente faticosi e stressanti, perché ero molto “esposta”. Peraltro proprio il mestiere che facevo e il modo in cui lo facevo (di cui posso dirmi orgogliosa), la mia sovraesposizione mediatica, la mia “visibilità”, la mia non appartenenza ad alcun partito politico hanno spinto le socie fondatrici e il direttivo eletto nel 2012 a chiedermi di diventare la legale rappresentante. Perché serviva, perché nessuno allora conosceva l’Associazione, perché bisogna trattare con le istituzioni locali, con il mondo della politica e della cultura milanese. E la mia persona è stata ritenuta garanzia di indipendenza e autonomia verso l’esterno, e garanzia di pluralismo all’interno della Associazione. Non sta a me dirlo: ma ho fatto il possibile per non deludere l’aspettativa. Di sicuro ho messo il mio essere figura pubblica al servizio della Casa e non di me stessa. E di sicuro ci ho messo tutto, ma proprio tutto, il mio tempo.
Certo ho mantenuto alcune caratteristiche di comportamento che possono non essere piaciute. Avevo un ruolo dirigenziale e dovevo assumermi compiti e responsabilità nei confronti di una moltitudine di persone prima ed ho continuato ad assumermele dopo, nei confronti delle socie e del mondo esterno. Senza poteri decisionali maggiori delle altre componenti del direttivo, perché tali poteri non sono previsti, non ci sono mai stati di fatto, non ci devono essere né per la legale rappresentante (che ha più delle altre il solo “potere di firma” e la legale responsabilità, motivo per il quale deve essere tenuta al corrente di tutto quanto accade nella Casa) né per alcuna delle co-presidenti. Perché nessuna qui è “la padrona di Casa”.
Certo, la legale rappresentante è in qualche modo – volente o nolente – l’immagine della Casa. La Casa parla attraverso quel che fa, ma anche attraverso le parole pubbliche della sua legale rappresentante, e da come viene vissuta nell’immaginario collettivo.
E qui allora vale davvero solo lo Statuto: la Casa è il luogo di una moltitudine, di pensieri e opinioni diverse accomunate dall’osservanza dei principi stabiliti negli articoli 1 e 2. La Casa è un punto di incontro e di snodo, vuole essere un “laboratorio di partecipazione” in cui ogni donna ha diritto di stare ed esprimersi, con i paletti dello Statuto. Che sono molto più rigidi di quanto potrebbe sembrare a una lettura superficiale.
Il risvolto negativo della mia attitudine/abitudine dirigenziale è un comportamento a volte didattico, a volte autoritativo, che non mi sono mancati… Può essere sottile il confine fra autoritarismo e autorevolezza, ma è stata certo la seconda a entrare in gioco e a essermi riconosciuta nei confronti delle istituzioni con cui per mesi, per anni ho trattato: ai tempi della firma della Convenzione, per la sua pratica attuazione, per le mille difficoltà burocratico/amministrative di cui è stato disseminato il nostro cammino.
In tempi recenti è stata fittiziamente prospettata da alcune una contrapposizione all’interno del direttivo proprio sul tema dei “rapporti con le istituzioni”. Ma questo contrasto non esiste. Nessuna di noi, e tanto meno io, ha mai pensato alla Casa come una “Casa del Comune”, né ha mai avuto – tanto meno io – un atteggiamento di servile condiscendenza/complicità/contiguità nei confronti dei singoli rappresentanti degli enti locali o degli enti stessi. Così come sarebbe impropria e politicamente/culturalmente scorretta una aprioristica contrapposizione.
La Casa è una associazione privata, un soggetto collettivo della società civile, che occupa spazi avuti in Convenzione gratuita dal Comune di Milano a seguito di bando, e con l’ente locale deve saper stare in rapporto senza rinunciare ad un briciolo della propria autonomia.
La Casa non è espressione della visione politico/culturale di alcune, anche se fanno la voce grossa, ma un luogo plurale con i soli limiti delle regole che si è data.
La Casa non è la Casa dei gruppi, ma delle singole socie: i gruppi non sono centri di rilevanza esterna, ma nuclei di lavoro e pensiero collettivo di rilevanza solo interna. Sui temi che interessano tutte, le loro referenti non hanno potere e responsabilità decisionale autonoma, non previste né dallo Statuto, né dal Progetto di gestione o dal Regolamento.
Siamo al termine di una campagna elettorale in cui ho visto a volte modalità dell’agire più vicine a quelle della politica dei partiti che non a quelle della politica delle donne.
Ecco, adesso la Gandus si toglierà un po’ di sassolini dalle scarpe, penserete voi. Non ci penso proprio.
Il bilancio di questi 4 anni di esperienza vissuta pericolosamente e a tempo pieno è positivo, è stata una esperienza straordinaria. Mi ha mostrato in tutta la sua potenza la forza collettiva delle donne, a fronte della quale le fragilità soggettive poco contano, non meritano di essere evidenziate.
La potenza si è mostrata nelle grandi e nelle piccole cose che abbiamo fatto, per le quali l’elenco di chi dovrei ringraziare è lunghissimo. Perché dovrei nominare sia chi ha saputo organizzare incontri di alto livello culturale sia chi ha procurato un cavo elettrico o spostato dei mobili… perché cultura materiale e cultura alta non vanno distinte.
Perché dovrei nominare chi mi ha aiutato a chiudere questi quattro anni con un bilancio in attivo, malgrado le notevolissime spese che abbiamo sostenuto.
Perché sono le singole vite, le singole anche piccole azioni, il lavoro e l’impegno di ciascuna che hanno contribuito a costruire questa Casa, a scrivere questa storia, questa pagina di storia milanese.
Grazie a chi c’è stata, auguri a chi ci sarà.
A chi ci sarà, perché non mi ricandido; perché ho fiducia che altre sappiano assumersi pienamente compiti e responsabilità, altre più giovani di me, che potranno crescere solo se non avranno mani protettive sulla testa.
Non mi ricandido perché penso che quattro anni siano un tempo sufficientemente lungo, e ci voglia un ricambio nel direttivo e nella figura della legale rappresentante.
Non mi ricandido perché devo riprendermi la mia vita, che con gli anni chiede altri spazi e tempi.
Ma continuerò a far parte della vita della Casa.
Nicoletta Gandus
(N.d.r.: discorso di chiusura mandato, pronunciato all’Assemblea del 24/10/2016 da Nicoletta Gandus, legale rappresentante dal 24 settembre 2012)