La data di quest’anno ha un grandissimo risalto, sia perché si tratta di un lustro, sia perché ci troviamo in una condizione del tutto eccezionale. Domani, 25 aprile, l’ANPI si è industriata ad organizzare una celebrazione che, insolita per necessità sanitarie, sia in grado di attrarre attenzione, interesse, protagonismo di chi, chiuso/a nelle proprie abitazioni, è costretto/a a una memoria limitata alla partecipazione coi propri vicini di balcone…
Eppure ci sono stati scambi telematici, tra chi avrebbe preferito l’offerta di un contributo allo Stato anziché a Enti privati /religiosi come Croce Rossa e Caritas… e tra chi avrebbe preferito meno ricorsi a rappresentazioni di case borghesi con famigliole circondate da ogni bendidio, mentre tante sono le persone senza casa che non possono nemmeno far fronte all’istruzione obbligatoria…
I ricordi di coloro che hanno superato gli 80 anni sono un patrimonio che va messo in comune. Una specie di dovere verso chi nei confronti di 75 anni fa ha un buco nebuloso, riempito sì dalla gran quantità di documenti, ma privo dell’emozione diretta di chi quegli anni ha vissuto.
Il 25 aprile del 1945 ero “sfollata” nella campagna ferrarese, si andava regolarmente a scuola, eravamo accolti in classe tra la meraviglia dei bambini quando provenivamo da altri luoghi di sfollamento.
Ci si trasferiva di luogo in luogo allontanandosi sempre più dal corso del Po dove era più prevedibile lo scontro tra tedeschi e angloamericani che salivano dal Centro Sud.
Nel parco di una villa dove aveva sede il Comando tedesco erano accampate autoblindo mimetizzate.
Noi, con genitori e nonna, da qualche giorno avevamo preso ogni sera ad attraversare di soppiatto quel parco tra cancelli socchiusi per ricoverarci in un casolare di campagna dove i contadini ci ospitavano.
La nonna estraeva dalla borsa pane e salame ferrarese.
Mentre mangiavamo si vedevano a distanza, all’orizzonte della pianura, lampi di fuoco.
Era quello il terrore degli adulti: lo scontro armato tra tedeschi, che non si ritiravano, e americani che volevano segnare la conquista del territorio.
Ricordo il nostro divertimento di bambini, a fare i fantasmi tra i materassi al suolo quando tutti ormai si erano in qualche modo sistemati. Nostro fratello più piccolo lo avevano messo a dormire nella madia.
Dopo alcuni giorni in cui alla mattina si ritornava al paese, e si ripassava tra le autoblindo mimetizzate, immobili, tra la disperazione degli adulti che temevano il peggio, la mattina del giorno 23 le autoblindo erano sparite senza lasciare traccia!!!
Verso le 12 si sparse una voce tra le case: “gli americani, gli americani!!!”.
Noi bambini, un piccolo gruppetto, siamo subito corsi in piazza dove, davanti alla Chiesa, si era installata un’autoblindo con qualche militare che scrutava l’ambiente, e col megafono invitava il paese a fidarsi.
Mia nonna – mi pare di vederla – con grembiule e mestolo in mano, si affacciava alla porta per applaudire… ma era subito ricacciata in cucina.
Noi guardavamo incuriositi quei soldati con divise sconosciute che ci regalavano tanti cioccolatini e qualche strano foglietto rosa e azzurro con sopra scritto AM lyra. Erano lire americane che non conoscevamo.
Saremmo rimasti lì incollati per ore, ma siamo stati subito richiamati dai nostri parenti a rientrare in casa.
Qui comincia la brutta storia di quel giorno. Avevamo sfuggito la carneficina che avrebbe potuto verificarsi lì come in altri luoghi di “terra bruciata”, ma la popolazione del paese era profondamente divisa tra odi insanabili, tenuti nei giorni precedenti accuratamente celati in vista del peggio.
Ad alcuni di noi bambini è stato ordinato di non mangiare quei cioccolatini, che venivano da chi era “nostro nemico”…
C’era tra noi chi chiamava i partigiani “ribelli” e veniva brutalmente zittito.
A noi veniva detto di “non parlare”. Non ci era più permesso di girare da soli.
Il rischio era l’esplosione di bossoli tra erba e terra.
I giorni sono passati…
La scuola, quasi al termine, è ripresa, ma accadevano cose terribili. Alcune ragazze, sorelle maggiori dei nostri amichetti, giravano con un turbante avvolto alla testa avendo avuto i capelli rasati dagli americani per rapporti familiari coi tedeschi nei mesi precedenti; alcuni parenti di una mia carissima amica erano stati aggrediti in strade di campagna, oggetto di vendette. Tutto era diventato rischioso. Dei discorsi degli adulti noi non capivamo nulla. La mamma ci portava a fare passeggiate in campagna con bei cespi di ciliegie…
Siamo ritornati a Ferrara nel mese di novembre. La guerra fredda stava prendendo forma; il mondo diviso in due. Ho dei ricordi non gradevoli dei successivi 25 aprile. C’era sempre il terrore del riaffiorare degli odi. Le scritte sui muri… E odi e vendette causarono morti.
Le prime belle feste della Liberazione me le ricordo a Roma, a partire dal 1975. Merito dei Decreti Delegati della scuola. Grandi manifestazioni con studenti, genitori, insegnanti, cittadini, per esaltare finalmente la Costituzione coi suoi principi, i suoi valori, in nome di un antifascismo radicato nella Carta Costituzionale, con una bandiera rossa nelle mani dei nostri ragazzi e delle nostre ragazze rivolta a un futuro di pace e solidarietà.