Da sinistra: Cristina Morini, Rosella Simone e Nicoletta Gandus

Da sinistra: Cristina Morini, Rosella Simone e Nicoletta Gandus

Le lotte e le resistenze armate nel mondo sono una drammatica realtà. A molte di quelle le donne hanno preso parte, alcune armate altre no. Questa è cronaca. Ma un silenzio imbarazzato o qualche bisbiglio ombroso hanno relegato questo fatto nella coscienza di ciascuna di noi. È stato come scacciare un moscerino fastidioso o un sassolino nella scarpa che rallenta il passo.

Ebbene, nel pomeriggio dell’8 novembre alla Casa si è deciso di prendere al volo quel moscerino, di liberare il passo per calpestare un terreno impervio che sbarra il cammino e che va dunque attraversato. Questo lo spirito con il quale il gruppo delle donne della Bibliomediateca ha proposto il confronto con una lettura che avevano fatto nei mesi precedenti sul libro di Rosella SimoneDonne oltre le armi – Tredici storie di sovversione e genere” ed. Milieu 2017.

Una decisione non facile, quella del gruppo, dibattuta a lungo ma alla fine presa con determinazione. Un libro scomodo quello di Rosella ma coraggioso. Registra le storie, con il metodo dell’autobiografia, di tredici donne in armi, alcune di loro oggi oltre le armi, più la sua che si snoda in fasi tra quelle delle altre. Cinque italiane, nel periodo della lotta armata, le altre appartenenti a lotte e resistenze nella compagine internazionale. Contesti storico-politici e sociali molto diversi, donne e circostanze altrettanto diverse. Si può obiettare che l’autobiografia è la storia che ciascuno fa di sé e non la Storia. Vero, eppure è proprio questo che spinge chi legge a cercare di capire ed è, forse, una chance in più per riuscire a farlo.

I racconti che si snodano a partire da sé, sia quelli del libro che le testimonianze dirette, sollecitano uno sguardo più ampio ma che va anche in profondità a cogliere prospettive che sfidano gli stereotipi sedimentati nel tempo. Ciò non vuol dire condividere ma conoscere aspetti, motivazioni, meccanismi e complessità che la cronaca contemporanea ai fatti non ha permesso di percepire. In queste autobiografie non si ritrovano trionfalismo e ideologie cristallizzate ma una relatività storica e contestuale che inchiodano ad una riflessione in più. In alcune c’è l’esplicita ammissione dell’errore di metodi e strumenti che hanno portato alla violenza estrema. Eppure, non c’è vittimismo, nessuna di loro si flagella. In una lucida valutazione di un passato che non nascondono e che hanno il coraggio di raccontare, ciascuna parla dell’oggi, del suo impegno culturale, di aggregazione sociale, di supporto alle fasce deboli.

Ci sono quelle che continuano a combattere ancora contro le dittature, l’oppressione e il mancato rispetto dei diritti umani sui fronti caldi e sulle barricate. Un libro complesso, non univoco le cui pagine si infrangono contro la coscienza e l’esperienza di chi legge in modi diversi. Ma chiama tutte a domande e questioni profonde. L’uditorio di quel pomeriggio dell’8 novembre non ha mancato di esplicitarle. La stessa introduzione di Nicoletta Gandus ne conteneva alcune e ne ha poste altre. Non facile neanche il suo compito. Dalla posizione della sua esperienza personale e professionale non si è sottratta a questo ruolo di impegno intellettuale e ha percorso un sentiero tra i più accidentati: il corpo delle donne, la loro fisicità, la loro identità e la lotta armata, la clandestinità, il carcere.

Rosella Simone ha dialogato con la giornalista e amica Cristina Morini che la invitava a commentare alcune pagine. Ma l’autrice è stata sollecitata, oltre che da Gandus, anche dal pubblico, che ha creato contraddittorio e discussione. Si sono poste sul tappeto questioni sospese e complesse come guerriglia e maternità, militanza e femminismo, donne e pacifismo, donne e violenza, le loro relazioni con gli uomini, donne e impegno politico, donne e politica degli uomini. Non è mancata neanche la testimonianza di chi ci ha raccontato la sua esperienza di lotta armata e del rapporto con il suo femminismo e la sua maternità.

I toni del dibattito non sono stati infuocati e la riflessione di molte è apparsa sofferta. Nessuna ha sfidato nessuna, nello sforzo di comprendere ciò che finora è stato troppo doloroso analizzare e cercando di colmare un vuoto nel quale fare i conti con un passato innegabile ed emblematico per molti versi.

È stato come avere abbozzato un libro oltre il libro e avere veramente incontrato donne “oltre le armi”.

Angela Giannitrapani