Il treno dei desideri

Il treno dei desideri

É Franca che ha costruito il treno con materiali di carta colorati assolutamente riciclati frutto di frenetica e discussa attività di amiche e nipoti. Al centro della stanza le immagini disegnate evocano l’altrove che è lo specchio del cerchio di donne di questo sabato: Perù, Colombia, Sri Lanka, Russia, Eritrea, Etiopia, Romania, Cina del Nord e del Sud, Bangladesh, Nigeria, Brasile, e noi native naturalmente. Francesca introduce l’evento. E le testimonianze non indugiano.

Andremo a Londra insieme, Marina” promette mio padre. Muore, e io immagino il viaggio impossibile e desiderato. Con il libro da lui più amato come solo bagaglio prendiamo il treno insieme, ci fermiamo sulla Manica e poi a Londra nei luoghi da lui raccontati e prediletti.”

Ma c’è chi a Londra c’è stata (Maria Rosa) per sprovincializzarsi, da ragazza negli anni ’60 con beneplacito di genitori ansiosi.

Rohini dice “Appena entrata, la sagoma del treno mi ha ispirato un lungo viaggio che vorrei fare da Mosca a Vladivostock in Siberia. Lentamente andare, sostare, vedere paesaggi sempre diversi incontrare persone nuove, dal finestrino scrutare la notte. Con chi? Con mio marito naturalmente.”

“Ma è freddo, io sono stata in Siberia” risponde Alexandra. Lei è di Pietroburgo, è qui da poco, nel suo percorso precedente mi confessa in seguito suonava il violino.

Isabella è stata in Sri Lanka “Ero deliziata dalla gentilezza e dalla disponibilità delle persone. Viaggiavo in  treno e sì il percorso si snodava non solo tra panorami diversi ma gli stessi abitanti erano nei vestiti e nel lavoro diversi, donne al lavoro, uomini a riposare. Luoghi bellissimi!”

Blossom guarda il treno, -”È lento preferisco l’aereo, anzi il mio desiderio è essere pilota di aerei”. È venuta da Lecco con due sue amiche e alla fine dell’incontro ci regaleranno una danza hiphop.

Leda è brasiliana e ha scritto molti romanzi, ma in italiano un libro per bambini “Il viaggio di Scivola” il più difficile. Il viaggio immaginario narra, dice Leda, del Pianeta Tad dove Scivola, il protagonista, vive felice perché lì non ci sono lotte né litigi, non ci sono proprietà e vige la condivisione assoluta. Tutti gli abitanti sanno cosa fare e il tempo non viene numerato e non conoscono le lacrime, la morte è un viaggio in un altro luogo. Il nostro eroe vede un pianeta blu rotondo con molte persone e una strana e lunga costruzione che non capisce. Decide di andare a vedere. Lì viaggiano con la luce dello sguardo curioso. In un attimo è davanti alla Grande Muraglia cinese 850 chilometri per separare e rinchiudere la Cina dal resto del mondo, anni per costruirla, schiavitù e morte per volere dell’imperatore. Una tristezza immensa lo prende, sente il suo viso bagnato e scopre le lacrime. Poi scopre il Colosseo, l’orrore del divertimento per combattimenti all’ultimo sangue e le Piramidi in Egitto con la paura della morte e poi la prima guerra mondiale, la crudeltà e l’infinito dolore di vedove e orfani… Ha nostalgia e vuole tornare. Racconta ai genitori le lacrime e le cause, ma poi dice andare a vedere ciò che non ha visto del pianeta blu: la foresta, un nuovo viaggio di speranza.

C’è anche Sheila, italo-brasiliana, che prende la parola e narra il suo viaggio non nello spazio ma nel tempo. Una sua cugina, come lascito, le consegna l’inizio della genealogia della sua ascendenza italiana. Si sente di continuare e tra lunghe ricerche e viaggi e un fortunato incontro su internet di un lontano cugino riesce a ricostruire l’albero genealogico fino al 1750. Ne è molto fiera e non ha ancora terminato e tra poco andrà a Suzzara, culla dei suoi antenati, in treno a scoprire altre cose.

Rayhan prende la parola. “Anch’io volevo fare il pilota, ma i miei genitori non potevano neanche immaginarlo. Ho sempre voluto essere nello spettacolo, per due anni ho fatto l’attrice negli spettacoli tipo Bolliwood… poi ballato, cantato, ancora oggi canto.“

Carmen intreccia i racconti tra loro in una trama che dà calore, si diverte e invita chi per timidezza o perché parla poco italiano, vuol dire ma si trattiene.

“Ecco – riprende Rayhan – un ricordo di me piccolissima sul treno con un sorellina, padre, madre, in un affollatissimo vagone. Alla fermata resto indietro e mentre il treno riparte vengo gettata giù dal finestrino. Ricordo il dolore non del corpo ma del cuore, ancora provo angoscia, e mio padre che corre verso di me per raccogliermi tra le braccia”.

Per sdrammatizzare Roberta ci racconta  il suo sogno di andare in Perù a Machu Pichu andare o non andare, non sa se ne sarà delusa.

La nostra amica che viene dalla Colombia la rassicura, son luoghi incantati. “Io invece arrivata a Milano molti anni fa sono rimasta delusa e solo quando ho fatto un viaggio a Sud, a Matera, in Puglia, nel Salento mi sono sentita accolta, ho visto luoghi bellissimi, ho incontrato gente ospitale.”

“Quando sono venuta in Italia in aereo – racconta Felicitas – ho fatto un lungo percorso: Lima, Cuba, Mosca , Budapest. Lì, a Budapest, abbiamo preso il treno. Non sapevamo cosa fosse, eravamo timorose, non l’avevamo mai visto, in Perù non avevamo mai preso il treno, ma anche curiose ed eccitate nonostante le lunghe ore di viaggio. Alla fine alla stazione Centrale di Milano ad accoglierci non c’era nessuno.”

Forse per esorcizzare il vuoto, Lucia dice “Si può viaggiare da soli. Ho fatto così il Cammino per Santiago de Compostela, ho unito meditazione e disponibilità all’ascolto con altri  viandanti, mi sono sentita libera.“

Mabel viene dall’Ethiopia e ora ha la bimba piccola in braccio. Vuol dire, ma confonde le lingue così interviene immediatamente Emilia, la nostra eritrea interculturale, che le si rivolge nella sua lingua madre amarico.

Wei oggi è fortunata ha tutta per sé una mediatrice linguistico culturale cinese, Xin Yuan, che le traduce la ricchezza di questo pomeriggio che volge al termine.

Altri interventi si fondono nella gioia di una allegra e riuscita condivisione.

Manuela Pennasilico