Incanto e reincanto nello Spazio da vivere della Casa delle donne
Una serata intensa e partecipata alla Casa delle donne di Milano il 29 maggio nell’incontro con Silvia Federici in occasione della presentazione del suo ultimo libro pubblicato da Ombre corte “Reincantare il mondo”. Una platea di più di cento persone ha seguito con grande interesse il dibattito serrato tra Silvia Federici, femminista e docente universitaria negli Stati Uniti, e le sue interlocutrici: Anna Curcio sua traduttrice, Elvira Vannini storica d’arte, Cristina Morini (Effimera e Commonfare), Silvia Fabrizio di Nonunadimeno, coordinate e sollecitate dalle domande di Anita Sonego.
Silvia Federici partendo dall’inizio della sua militanza femminista negli Stati Uniti e dal discorso del “salario al lavoro domestico” ha ricostruito il suo percorso di pensiero e di pratica politica in un contesto internazionale.
L’analisi relativa al salario al lavoro domestico, molto equivocata e poco accettata, ha avuto il merito di smascherare l’accumulazione originaria da parte del capitale e del patriarcato sul corpo delle donne attraverso l’enorme quantità di lavoro non pagato svolto nelle case. Solo l’affermare che quello domestico era un lavoro di riproduzione della forza lavoro nei primi anni 70 era molto importante anche se, non essendo stato abbastanza assunto dal movimento femminista, è rimasto un problema aperto.
Oggi il discorso viene ripreso e rivalutato anche in rapporto all’obiettivo del reddito garantito e universale.
Grazie alla sua esperienza negli Stati Uniti, ma anche in America latina e in Africa, Federici ci ha illustrato come la politica del debito colpisca principalmente le donne che lavorano fuori casa e che dispongono di un salario che permette loro di chiedere un prestito.
Bisogna quindi mettere al centro della pratica politica e dei movimenti la riappropriazione della ricchezza sociale e la riorganizzazione della riproduzione e cioè il discorso dei “comuni”, che non sono solo i beni comuni ( acqua, foreste, ambiente etc.) ma anche il “ comune” come principio riorganizzativo della società e dei rapporti sociali e quindi di un diverso modo di relazionarsi, importante sia per la sopravvivenza che per la riorganizzazione sociale e che sia in grado di creare
relazioni più solidali che permettano di cambiare i rapporti di potere sia con lo Stato che con il capitale.
Federici ci ha poi condotte nel corso del dibattito attraverso il suo percorso intellettuale e politico: dagli studi sulle donne nel 500 e 600 e la loro lotta contro le privatizzazioni e sulle persecuzioni delle streghe fino ai rapporti delle donne con le foreste dell’India, definite da Vandana Shiva come interi sistemi riproduttivi, e poi alle lotte delle donne africane che ancora negli anni ‘80 praticavano e difendevano forme sociali comunitarie.
Insomma è necessario, dice Federici, creare tessuti sociali solidali: riappropriazione delle ricchezze sociali e Commons non sono in contrapposizione.
Ma è importante anche che il fare politica sia una cosa gratificante in grado di creare rapporti diversi tra di noi, relazioni affettive e relazioni di solidarietà per reinventare la nostra vita e reinventare il mondo, è importante che si creino degli spazi dove possa crescere un soggetto comune contro l’isolamento e l’individualismo.
Elvira Vannini nel presentare Silvia Federici e le sue interlocutrici ha spiegato i nessi tra arte e
femminismo anche a partire dalla bellissima mostra “Il soggetto imprevisto”, che si è tenuta a Milano dove emerge il legame tra il femminismo degli anni 70 e in particolare quello di Carla Lonzi e l’arte. Rispondendo alla sollecitazione di Anita Sonego ha spiegato come il pensiero politico di Silvia Federici sia attualissimo e serva a leggere la precarizzazione dei saperi e la proletarizzazione dei lavoratori in campo cognitivo, culturale ed artistico e come l’espropriazione attuata dal neoliberismo della ricchezza prodotta dalla cooperazione sociale riguardi molto da vicino il mondo dell’arte.
Anna Curcio curatrice e traduttrice del volume ha raccontato la genesi del libro, che ha preso le mosse dalla necessità di portare il dibattito poco presente in Italia sul “femminismo materialista della rottura” che parte da Marx ma va oltre Marx, che mette in discussione l’economicismo del femminismo socialista e che sottolinea l’importanza di aver costruito con il salario al lavoro domestico un discorso femminista transnazionale. Ha sottolineato inoltre come l’analisi sul lavoro di cura sia estremamente attuale in un mondo dove il lavoro cognitivo, che spesso è lavoro gratuito, può essere confuso con l’amore e, riconoscendo l’attualità del discorso della mai conclusa accumulazione originaria del capitale, ha concluso che le analisi di Federici non ci parlano altro che degli attuali programmi di austerity, della politica del debito e di un capitalismo che si fa sempre più estrattivo.
Cristina Morini affrontando il tema delle lotte per i Commons che ci circondano ha sottolineato come Federici ci restituisce la forza delle lotte nelle dimensioni comunitarie del femminismo popolare in Africa e in America Latina Affermando che la lotta per i commons non è un ritorno al passato ma è profondamente radicata nella contemporaneità ci ha introdotto al concetto di Commonfare in quanto welfare del “comune” in grado di produrre valore d’uso in alternativa al valore di scambio e di riscrivere il mondo, lo spazio politico, economico e domestico che ci permetta di produrre una nuova regolazione socio- relazionale dove al centro ci sia la vita, vita che ora è occupata dal capitale: in questo senso parliamo di “vita messa al lavoro”.
Ci ha poi illustrato la ricerca europea denominata appunto Commonfare, tesa a creare una piattaforma dove raccogliere tutte le esperienze europee di Commons, dove si possano creare nuovi processi di soggettivazione centrati sul reddito di base.
Silvia di Nonunadimeno, riportando anche i risultati di un seminario promosso all’interno del movimento, ci ha raccontato dell’impatto che la lettura de “Il calibano e la strega” ha prodotto sulla sua vita e poi come questo si è legato all’esperienza in Nonunadimeno e agli interventi nelle scuole. Ha invitato Silvia Federici ad approfondire la critica a Marx rispetto alla sua visione ottimistica del capitale e al grande rimosso della sua analisi, cioè il corpo delle donne nella riproduzione della forza lavoro. Ha chiesto anche un approfondimento del concetto di Commons come storia, cioè come la consapevolezza della propria storia e il lavoro sulla memoria può creare un senso del comune.
Ha poi considerato come sia necessario ritrovare una identità collettiva in un contesto neoliberista di individualismo e competitività e quindi come sia necessario per le/i giovani decolonizzarsi e decostruire il sistema in cui sono cresciuti.
Nel ricco dibattito che è seguito Silvia Federici ha approfondito la sua critica a Marx sulla riproduzione e sulla visione ottimistica del capitalismo, e ha illustrato la sua analisi di esperienze comunitarie e di autogoverno delle donne in Messico e in America Latina. Ha poi affrontato il tema (su sollecitazione di Elena di Nonunadimeno ) su come costruire istituzioni del comune che rifuggano dal potere ma che accumulino potenza.
Giuliana Peyronel