C’erano più di quaranta persone, martedì 29 ottobre, all’incontro sul tema del “Doppio”, che prendeva le mosse da un numero della rivista Leggendaria, da anni partner culturale di tanti approfondimenti promossi dalla Casa delle Donne.
Il doppio femminile dal mito di Medea all’Amica geniale di Elena Ferrante, diceva il titolo. Doppio come ambivalenza, contraddizione, ombra, coesistenza di ruoli diversi. Esplorato in tanti campi: il mito, la religione, la letteratura, il cinema, persino i videogiochi.
Fin dalla relazione introduttiva di Barbara Mapelli, curatrice del numero, è apparsa prevalente la dimensione personale, quasi autocoscienziale, del rapporto tra le molte facce del “sé”: dalla cesura nelle biografie di molte rappresentata dagli anni Settanta e dalla scoperta del femminismo, agli aspetti più attuali. Per la generazione di quel periodo, per esempio, la compresenza di ruoli pubblici e di ruoli familiari riscoperti, come quello della nonnità.
Oppure, come ha raccontato Claudia Alemani nel suo intervento sul romanzo Malina di Ingeborg Bachmann, la fragilità dei tanti aspetti del sé, che si possono comporre o anche sgretolare sul confine tra equilibrio e follia.
Giovanna Pezzuoli, che su Leggendaria ha raccontato il doppio nel cinema, ha proiettato un video composto da spezzoni di 12 film sul tema madre-figlia, una della relazioni intime più insidiata dall’ambivalenza, soprattutto quella tra amore/accoglienza e rivalità/ differenziazione.
E non solo tra madri e figlie, ma, forse proprio per la permanenza di questo archetipo, nella relazione tra donne, come alcune hanno sottolineato parlando anche dell’esperienza nella Casa.
Nel dibattito sono emersi i tanti modi di leggere il proprio o i propri “doppi”. Il ricoprire tanti ruoli diversi, con diverse rispercussioni sulla nostra identità e sui nostri equilibri interiori, è stato letto come un sostanziale arricchimento.
La domanda più importante, però, riguardava gli aspetti contraddittori che riconosciamo dentro di noi: a che cosa ci serve, il nostro doppio? Può, e come, aiutarci a essere persone più complete ed equilibrate? Guardiamola, è stato detto, questa ombra della nostra immagine più riconosciuta all’esterno. Segnala spesso delle falle, delle mancanze, e non necessariamente si tratta di aspetti negativi.
Per questo, teniamocela vicina, non respingiamola, non rimuoviamola. E’ qualcosa che a che fare con la profondità del nostro essere. E la complessità della nostra identità.
(Grazia Longoni)