Lo Spazio da Vivere era pienissimo, martedì 3 dicembre. Un’atmosfera calda, commossa, piena di gratitudine. E alla fine l’impegno a rivederci tutti alla catena musicale che il 14 dicembre congiungerà piazza Fontana con piazza Cavour. L’incontro con Silvia e Claudia Pinelli è stato così: spontaneo, affettuoso, con alcuni momenti di particolare emozione, come quando le donne del Coro della Casa si sono alzate, a sorpresa, una dopo l’altra, a intonare “È per te Pinelli ”.

pinelli_26Già il documentario di Alberto Roveri, che ha aperto la serata, aveva immerso il pubblico in una materia incandescente: le testimonianze intrecciate della moglie Licia e delle due figlie su quei terribili giorni, dalle bombe del 12 dicembre, alla morte in questura del ferroviere anarchico Giuseppe Pinelli nella notte tra il 15 e il 16, presentata come un suicidio e una implicita ammissione di colpevolezza. E da lì in poi, la lunga, incrollabile battaglia di Licia, Silvia e Claudia per ottenere verità e giustizia. Solo nel 2009 lo Stato, nella persona del Presidente Napolitano, ha indicato ufficialmente Giuseppe Pinelli come “la diciottesima vittima della strage di piazza Fontana, vittima due volte, perché morto in circostanze mai chiarite e accusato ingiustamente.”

Quando le due figlie di Pinelli hanno preso posto sul palco, accolte dal canto del Coro e da uno scrosciante applauso, Anita Sonego ha rappresentato i sentimenti di tutti con un “grazie”, a loro e alla loro eccezionale madre:  “Sono queste tre donne che per cinquant’anni hanno mantenuto il ricordo, i valori, la storia, non in maniera nostalgica, ma come sguardo sulla vita e sul mondo. E averle qui, alla Casa delle Donne, ci riempie di orgoglio.”

Dalla conversazione è uscito un ritratto di Licia vivacissimo e non “santificato”. Silvia: “Mia madre non ha mai mollato, ma è riuscita a non farci pesare la fatica, lo scoramento. È il destino delle donne: resistere, farsi roccia.” Claudia: “Licia ha continuato ad avere una vita. Malgrado tutto. Malgrado loro. Ha sempre lavorato, cantava in un coro, faceva yoga, ha viaggiato. E’ stata un esempio forte, di dignità. La nostra è una genealogia femminile. Pochi mesi dopo la morte di mio padre, anche il nonno materno è scomparso. Io sono cresciuta nella convinzione che gli uomini morissero presto. Mi ci è voluto del tempo per realizzare che non tutti gli uomini che incrociavo erano destinati a scomparire!”

Silvia PinelliDa dove traggono la forza di continuare ad  impegnarsi, non solo sulla memoria, ma su tutti i fronti? Silvia: “Anche se è doloroso rievocare quei fatti, anche se ogni volta la ferita si riapre, siamo qui, come ci ha insegnato nostra madre, perché la morte di quel ferroviere anarchico non sia cancellata. E ogni giorno, negli incontri per questo anniversario ‘rotondo’, constatiamo quanto Giuseppe è ancora presente.” Claudia: “Le ingiustizie di ieri non sono diverse da quelle di oggi. L’impegno è sempre quello per una società in cui i diritti di tutti siano rispettati. Ora come allora, sono le famiglie e le donne in particolare – non le istituzioni -che si battono per ottenere giustizia; ed è un carico pesante, morale e materiale. Pensiamo, senza arrivare a esempi più recenti, a figure come Lidia Franceschi o Haidi Giuliani. Che coraggio! Che forza nel cercare di sfondare quel muro di gomma che ti viene continuamente messo davanti!”

Non è facile però stare sempre in prima linea. Continua Claudia: “C’è stata una fase della mia vita in cui non volevo essere “la figlia di Pinelli”. Poi è arrivato il momento in cui ero pronta. In cui mi sono detta: io sono Claudia. E poi sono anche la figlia orgogliosa di Giuseppe e Licia Pinelli.”

Silvia ha raccontato come è nata l’idea della Catena Umana Musicale, del 14 dicembre. “L’idea è partita da Sergio Casesi, prima tromba dell’Orchestra dei Pomeriggi Musicali. Noi tre ne siamo state subito entusiaste, ma sembrava una proposta di difficile realizzazione. Invece è cresciuta, ha coinvolto sempre più persone, associazioni, cantanti, cori, bande, da ogni parte d’Italia…e anche dall’estero. Venite tutti, anche se non sapete suonare né cantare: ci stringeremo intorno a Pino per fermare il suo volo. Perché il 14 dicembre Pino era ancora vivo, negli uffici della questura, trattenuto illegalmente da 76 ore, quando il fermo di polizia ne poteva durare al massimo 48.”

Come si fa a mantenere un distacco, ha chiesto Anita a Claudia, di fronte a fatti così sconvolgenti, anche di fronte alla assurda locuzione “malore attivo” con cui il giudice D’Ambrosio ha concluso l’istruttoria sulla morte di Pinelli?

“Distacco non è la parola che userei. C’è stato un periodo in cui provavo una rabbia terribile. Mi stava distruggendo. Adesso l’ho superata. E tuttavia dopo 50 anni cerco ancora la verità. Continuiamo ad essere una goccia, piccola ma caparbia, che alla lunga qualcosa è riuscita a scalfire. Una spina nel fianco del potere.”

Ultime battute per ricordare un altro appuntamento. L’11 dicembre, alle 16, in piazzale Segesta, il quartiere dove viveva la famiglia Pinelli, verrà piantata per Giuseppe una quercia rossa, scelta da Licia Silvia e Claudia. Sarà presente il sindaco Sala. E sarà il primo albero dedicato del Comune di Milano.

In conclusione abbracci, fiori, scambi di strette di mano, sorrisi, lacrime. Ma nessuno riusciva ad andarsene, restavamo tutti lì, come se non volessimo staccarci da un momento che era stato così intenso e importante.

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Liliana Belletti