Questa settimana le nostre proposte di lettura sono corpose: La trilogia di Rebecca West  La famiglia Aubrey – Nel cuore della notte – Rosamund , ci narra una famiglia  povera di beni e ricca di cultura. Graziella Merlatti [ps2id url=’#a13′]↓[/ps2id] ci accompagna a conoscere vita e pensiero di Etty Hillesum Un cuore pensante. E con [ps2id url=’#a14′]↓[/ps2id] Scrittrici a Parigi, Anna M. Verna ci fa viaggiare nella storia, nelle vite e nelle case di grandi donne della città.

Rebecca West
La famiglia Aubrey – Nel  cuore della notte – Rosamund
Fazi editore, Roma 2018-2019.  Disponibile anche in ebook
.

WestSe tutte le famiglie felici lo sono allo stesso modo e quelle infelici ognuna al suo, che dire delle famiglie felici-infelici? E’ il caso della famiglia Aubrey agli inizi del Novecento, tanto povera di beni quanto ricca di cultura e arte, con un padre tanto amato e interessante quanto distruttivo, una madre tutta spirito, arte e amore e quattro figli: tre femmine e un maschio. Il padre roso dal male di vivere si autoesclude scomparendo ma la sua figura resta più incombente che mai. Al gruppo si aggiungono una giovane cugina e sua madre. Rosamund, la cugina e Richard Quin, il piccolo di famiglia, sono esseri quasi fatati che stringono tra loro un sodalizio profondissimo e anche i loro destini mantengono quest’aura ultraterrena. Richard muore nella prima guerra mondiale e Rosamund fa il più improbabile dei matrimoni, con un uomo ricco e volgare. Mary e Rose, le sorelle intermedie, hanno ereditato il talento artistico della madre con cui mantengono un legame fortissimo.  Entrambe riusciranno a diventare musiciste affermate ma per Rose la carriera si accompagnerà all’amore, mentre per Mary a una solitudine sempre più elitaria. La bella sorella maggiore, Cordelia, è esclusa dal loro cerchio magico. Mal giudicata perché vittima di un autoinganno sulle sue doti artistiche e animata da ambizioni ai loro occhi volgari, come il desiderio di successo e affermazione.  Lei questa famiglia, stravagante e disastrata, non la vuole e insegue disperatamente l’approvazione sociale. Tutta l’opera è attraversata da questa relazione conflittuale che rappresenta anche due modalità di visione del mondo. La trilogia si sviluppa con una prosa vibrante. L’io narrante, Rose, riproduce con le parole lo spirito musicale e drammatico della madre.  Sono le sfumature e i moti dell’anima che tessono la tela dei tre romanzi definiti “Una saga senza storia”.  La storia, intesa come trama definita e conseguente, infatti, non c’è proprio perché la straordinaria abilità dell’autrice si dispiega nel tessere una scrittura che riproduce la vita stessa nella sua parte più incorporea e spirituale, nelle sue atmosfere e nelle sue epifanie.

Marilena Salvarezza


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Graziella Merlatti
Etti Hillesum, Un cuore pensante
Ancora, Milano 1999

E. H.In questi giorni si parla della  casa di Etty Hillesum ad Amsterdam e si raccolgono firme – moltissime – per conservarla intatta.

Chi era questa giovane ragazza olandese, che è morta a 29 anni ad Auschwitz ,nel 1943, lasciando un diario stupendo e delle lettere che hanno fatto commuovere e discutere in  tutto il mondo? Questo libro la presenta ai lettori che vogliono conoscerla, prima di affrontare l’impegnativa lettura del suo diario originale. Etty nasce in una famiglia olandese della buona borghesia ebraica, non praticante, colta e benestante. Ragazza libera e con varie esperienze,dopo la laurea in giurisprudenza studia il russo e legge grandi autori, da Rilke a Dostoevskij,da Seneca ad Agostino. Inizia la persecuzione ebraica e l’occupazione dei nazisti.

Etty ha un incontro che sarà determinante: lo psicanalista junghiano Julius Spier l’affascina e la porta a considerare la vita sotto un altro punto di vista. Un lavoro personale determina la sua scelta di pensare positivo: ogni persona è libera, nella sua interiorità ,di autodeterminarsi, di vivere nell’odio e nel rancore, o nella scelta  di non rispondere al male  col male, di smorzare in sé l’odio e la vendetta. Con la guida di Spier, Etty cambia completamente. Da atea inizia a credere in un Dio che abita in lei, come in tutti, e vuol essere la sua presenza accanto alle persone sofferenti, come gli ebrei . Viene a far parte del Consiglio ebraico e inviata al campo di smistamento di Westerbork. Etty, compagna del dolore degli uomini e donne che incontra, decide di star loro vicina , come presenza di aiuto e di rassicurazione. Non c’è in lei né rassegnazione né assoluzione alcuna dei genocidi che vede, ma c’è una salvaguardia dentro di sé, un’abitazione profonda alla giustizia e alla verità. Quando tutto sembra esser pervaso da follia collettiva, Etty oppone un pensiero “altro”, salvando così la dignità propria e altrui, con il coraggio di essere l’immagine dell’Infinito. Ciò che Etty chiama Dio non si identifica con una religione organizzata, ma è l’orma divina che scopre in sé, che fa di lei “il cuore pensante “nella situazione di estremo annientamento. Ha ventisette anni quando, nella sua camera al centro di Amsterdam, inizia il suo Diario, una testimonianza di amore e di fede che costituisce una delle opere più alte del nostro tempo. Le ultime parole sono: “Si vorrebbe essere un balsamo per molte ferite”. Etty riesce a far emergere, nella barbarie, la barriera nascosta di una indistruttibile resistenza interiore, sia per sé sia per gli amici ebrei. Morirà il 30 novembre del 1943. Ma nessuna intimidazione, nessuna paura è entrata nel suo cuore segreto.

Serena Accascina


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Anna M. Verna
Scrittrici a Parigi
Tufani, Ferrara 2019

Scrittrici a parigi«Parigi, alla fine del regno di Louis XIII (1643), era difesa da una cinta muraria…», inizia così Scrittrici a Parigi di Anna Verna, cronaca di un viaggio nel tempo e nei luoghi abitati dalle più grandi scrittrici di Francia degli ultimi trecento anni. Un viaggio nel quale Verna ti pilota negli hotel di Madame de Staël e Marguerite de Valois, si intrufola nel salon di Madame du Deffand. Maestre nell’esprit de la conversation, furono costoro a contribuire al successo dell’opera di Pascal e di La Rochefoucauld, Corneille e Bossuet, e alla diffusione de L’Esprit des lois di Montesquieu. Madeleine de Scudéry e Madame de Sévigné, viceversa, non si limitarono all’arte della conversazione: erano attente osservatrici della realtà, e grazie alle loro lettere, ci permettono di scoprire nei minimi dettagli cerimonie politiche e religiose, processi ed esecuzioni. Nasce così il romanzo epistolare, dal quale scatu rirà, per mano di Madame de La Fayette, il primo romanzo moderno della narrativa francese. La testimonianza della vita alla corte di Luigi XIV e della società aristocratica del tempo la troviamo invece nelle Memorie della duchessa di Montpensier.

Con l’inizio della Rivoluzione, i salon diventano politici. È di questo periodo la Déclaration des Droits de la Femme et de la Citoyenne, di Olympe de Gouges, con la quale si rivendicano libertà individuali e libertà politiche, assimilando il sessismo al razzismo. Testimone dei momenti cruciali della Rivoluzione e del Terrore, Madame de Staël.

Anna Verna non dissimula l’empatia per alcune di queste protagoniste della storia: ad esempio, nei confronti di Amantine Aurore Lucile Dupin, in arte George Sand. Sand vestiva come un uomo, ma lavorò tutta la vita come una donna: badando alla casa, ai figli, ai nipoti e agli amanti, e dedicandosi alla sua attività di scrittrice per mantenere case, figli, nipoti e amanti. Svolse cioè per tutta la vita il doppio lavoro. Essendo George Sand, casa significava abitazione parigina e castello di Nohant, mentre gli amanti erano rigorosamente giovani, geniali Alfred de Musset e Chopin, per fare un paio di esempi – e di salute cagionevole. Non solo testimone delle vicende cui assiste, ma partecipe della realtà nella quale vive e dotata di una lucida visione della situazione politica, collabora a giornali – alcuni dei quali fonda e dirige; scrive romanzi, ammirati da Balzac, Flaubert e Sainte-Beuve; animata da un «sentimento religioso e filosofico dell’eguaglianza», invoca con forza la riforma del diritto di famiglia che emancipi la donna dalla tutela del marito.

Con Colette, Verna ci fa approdare all’inizio del Novecento, il tempo del music-hall e delle carrozze al Bois de Boulogne dove si incontrano cortigiane, attrici, demi-mondaines. Di Colette, scrive Verna, ti colpivano «gli occhi, il piccolo mento appuntito, l’accento che faceva scivolare la “r” nella dolcezza della voce». Attraversò impavida i primi cinquant’anni del secolo scorso sconvolto da due guerre, cambiando case e mariti, lavorando tutta la vita come giornalista ma soprattutto come romanziera. Il suo valore di scrittrice ebbe un riconoscimento ufficiale alla sua morte, quando, prima donna di Francia, le fu tributato l’onore di ricevere esequie di Stato. Più che empatia, è commossa partecipazione emotiva quella che rivelano le pagine dedicate a Simone de Beauvoir. Verna non osserva, accompagna Simone nel suo angoscioso vagabondare per Parigi quando, allo scoppio della guerra, Sartre è mobilitato: «ogni strada, ogni caffè, un ricordo che si affaccia alla mente». La consapevolezza che avrebbe dovuto vivere senza di lui la «rende malata di infelicità». La solitudine la porta a ripensare al «rapporto carezzevole e seduttivo» avuto con donne che hanno incrociato la sua esistenza, all’amore provato per Jacques-Laurent Bost che l’ha messa di fronte a quanto «vi era in lei di contingente e di passionale»: sentimenti che si riversano sulla pagina scritta di romanzi come LInvitée e Le Sang des Autres. È in questi anni che emergono temi attinenti alla libertà, alla scelta, al rapporto io-altro che verranno utilizzati come strumenti interpretativi in Le Deuxième Sexe, che ha insegnato a tante donne «che erano soggetti e non oggetti». Sarà questo saggio ad aprire la strada al femminismo negli anni ’70, e porterà tante sociologhe, storiche, antropologhe a dar «voce a ciò che delle donne è stato occultato, aprendo la strada alla ricchezza della diversità dei mondi».

Scrittrici a Parigi è un libro raro e imperdibile, che si presta a molte chiavi di lettura. È una sorta di Baedeker, grazie al quale si individuano le abitazioni nelle quali costoro vissero e lavorarono. È un libro di storia della Francia e di Parigi, un saggio biografico che non si limita al racconto della vita e all’analisi dell’opera delle scrittrici a Parigi, ma ci dà ritratti che conservano la vivacità, il fascino, la fragilità che hanno segnato queste personalità fuor del comune. Saggi di questo genere sono spesso tomi ponderosi: l’autrice – già docente di Storia della donna all’Università di Torino – è invece riuscita nell’intento di scrivere un libro nel quale alita il tocco leggero della cultura. Operazione che solo le scrittrici di vaglia sono in grado di compiere.

Giulietta Rovera

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