di Antonella Nappi
Anita scrive: “Il partire da sé non significava concentrarsi sul proprio vissuto facendolo quasi diventare l’unica realtà da sondare e di cui tener conto. Il partire da sé voleva dire partire dalla propria esperienza per sondare e interpretare il mondo, partire dalla propria storia per interrogare “la storia”. È così! Vorrei vedere anch’io questo rapporto che è fatto di due movimenti concatenati: ragionare il proprio vissuto, riuscire a giustificarlo nel contesto in cui si è formato e sapere che è personale. Ad esempio. Io non sapevo capire me stessa, dai tre anni ai trenta sono stata nel caos – sommariamente i genitori assenti alle mie necessità erano in lotta tra loro -, il femminismo con l’autocoscienza mi ha avvicinata a conoscermi, essendo però io molto dipendente tendevo ad esagerare le somiglianze con le altre, pur utilissime per comprendere elementi che ci univano, le facevo adombrare un poco la mia di personalità; ci affiancai anche una analisi psicoanalitica e così fui più forte. Il secondo movimento da fare: con se, nel gruppo di autocoscienza, nella terapia, è, compresi i propri sentimenti e le costrizioni, le influenze, gli interessi degli altri nel mio stesso contesto che ho messo sotto indagine, quello di ragionare su questi altri soggetti, il mondo, di cui parla Anita, anche questi altri dobbiamo spiegarceli per mettere a punto una comunicazione nei loro confronti che modifichi, prima di tutti noi, ma poi anche loro, dove possibile; porsi dunque in modo più soddisfacente con sé stesse e spiegarlo agli altri: quelli del rapporto, quelli che partecipano all’indagine di gruppo, agli altri tutti.
Credo la politica diversa da quella maschile consista proprio nel dirsi e comprendersi e sapersi personalizzare, sapersi e far sapere di essere come si è, sapersi parzializzare. Spiego meglio: Il patriarcato e la politica maschile non mettono in discussione chi vi partecipa in modo personale; i politici non ragionano delle motivazioni che ciascuno ha per sé stesso in quel che sostiene. Se le ragioni egoistiche restano nascoste dietro le lotte che facciamo, o addirittura facciamo lotte solidali per altri, non rivelando né a noi stesse ne agli altri quali sono le nostre ragioni egoistiche, non diamo i nostri contributi, nascondiamo cose importanti che ci darebbero maggiore conoscenza dell’umanità, facciamo manovalanza muta e non vince, una forza che rimane poco comunicante per se stessi e per gli altri.
La lotta che cambia il mondo è quella che ciascuno sa illustrare come utile a sé, senza vergogna, così poi può e deve mediare con gli altri a carte scoperte. Faccio l’esempio del mio egoismo: la sessualità maschile: predona, si deve confrontare con quella della donna, diversa, tenerne conto per saperla amare: proteggerla da rapporti non richiesti e da gravidanze non volute. In passato non mi sono contrapposta, ho temuto di non essere amabile se l’avessi fatto, tanti anni di lotte delle donne mi hanno dato più responsabilità! Oggi combatterei di più, spero lo sappiano fare le giovani, sappiano cercare chi impara ad amarle e si modifica. E le ragazze non siano tanto dipendenti come lo ero io.
Anita dice poi di aver voluto ( o le è solo capitato): “Viversi come ‘soggetto imprevisto’ per scoprire altri soggetti non previsti. Il mio femminismo si è sempre intrecciato con la passione di cambiare il mondo”. Qui vorrei si dicesse: che cosa la faceva soffrire, che cosa voleva per lei stessa? La mia partenza è stata partire dai miei desideri, interessi, delusioni, sapevo il previsto per me e mi sono impiegata a vedere quanto lo condividevo e quanto fosse praticabile, ho avuto difficoltà, come dicevo ero caotica. Sostanzialmente io avrei voluto marito e figli, ho perso occasioni perché non ero capace di ottenere quello che volevo, ma alfine ho compreso e affermato che volevo: amore, rispetto, famiglia eterosessuale che fa figli. La frase di Anita interpretata per me è: con il femminismo ho vissuto espandendo le mie capacità e conoscendo le persone con amore invece di interessarmi poco a loro. Io volevo cambiare gli uomini fondamentalmente, volevo poterli amare e realizzare la mia intimità. Non tratto ora tutti gli altri contesti che mi premevano molto meno.
Se si prescinde da ciò che si vuole avere per sé non ci si svela ed è questo che differenzia la politica patriarcale da quella che ho imparato con le donne.