Eccoci al nostro appuntamento settimanale con tre libri diversi tra di loro, ma tutti molto piacevoli e interessanti: i  percorsi di vita e le conversazioni  di quattro amiche che si erano incontrate in un college negli anni Cinquanta del secolo scorso e si rivedono dopo due decenni,  Rona Jaffe, Riunione di classe, Neri Pozza Editore Vicenza, 2018; l’amore tra una  donna libera e indipendente  e un giardiniere  inglese appassionato di piante e fiori esotici,[ps2id url=’#a19′]↓[/ps2id] Nicole C. Vosseler, Il Botanico inglese, ancora Neri Pozza, 2019; l’educazione di un’altra ragazza degli anni Cinquanta, accompagnata da acute riflessioni sui rapporti attuali tra genitori e figli, con la simpatica presenza di un gatto, [ps2id url=’#a20′]↓[/ps2id] Francesca Avanzini, Quel che di buono, Consulta Librieprogetti, marzo 2020, disponibile anche in ebook.  Buona lettura!

Rona Jaffe
Riunione di classe
Neri Pozza Editore, Vicenza, 2018

copertina 1Quattro ex allieve si ritrovano dopo vent’anni, alla riunione di classe del Radcliffe College. Ai tempi, giovani donne negli anni ’50 del ventesimo secolo, avevano condiviso l’entusiastica esperienza della libertà dalla famiglia, delle amicizie nuove, degli amori, della sperimentazione di sé. Diverse, ma tutte obbligate a fare i conti con la cultura repressiva, sessista e ipocrita del tempo che considera la laurea per le donne un ornamento in attesa del matrimonio, unico destino concepito.  Generosa, sexy e trasgressiva Annabel, “bellezza del Sud ; perfezionista , altera e molto wasp Daphne, “la ragazza d’oro” che apparentemente ha tutto: bellezza, ricchezza, intelligenza;  ebrea e insicura, graziosa e passiva  Emily; intellettuale e anticonformista Christine.  Ognuna dovrà misurarsi con le immagini e le aspettative materne. Ognuna di loro si confronterà dolorosamente con la vita, cercando di capire i propri desideri profondi e di rapportarli alle aspettative sociali. Annabel capirà che il matrimonio non le appartiene; Daphne avrà un matrimonio d’amore, ma dovrà tacere la sua epilessia e rinunciare a una figlia down; Christine avrà l’uomo che ha sempre amato, ma una parte di lui non sarà mai sua; Emily rasenterà la follia dietro la facciata di casalinga felice. Ora dopo vent’anni si sentono più forti e consapevoli.  E’ anche merito loro se la nuova generazione di donne degli anni ’70 è tanto più libera e sicura di sé. Rona Jaffe sa tratteggiare con grazia e incisività quattro destini femminili, con una scrittura insieme leggera e profonda.

Marilena Salvarezza  


[ps2id wrap id=’a19′]

Nicole C. Vosseler
Il Botanico inglese
Neri Pozza Editore, 2019, ed. Superbeat

copertina 2 (vosseler)Già il solo titolo del libro, “Il botanico inglese” aveva catturato la mia curiosità, per cominciare il botanico, la persona che studia e si occupa del mondo vegetale, poi inglese, l’aggettivo mi ha riportato subito alla mente l’interesse verso la natura insito nel popolo britannico. Il romanzo è ambientato nell’epoca vittoriana, periodo di grandi esplorazioni naturalistiche. Robert Fortune, botanico scozzese realmente esistito, viene incaricato dalla Horticultural Society di Londra di intraprendere un lungo viaggio che lo porterà nell’estremo oriente cinese. Dovrà raccogliere semi e piante sconosciute nel Regno Unito e prendere nota di tutte le informazioni necessarie alla possibile coltivazione in madre terra. Fortune è un giardiniere che conduce una vita comune e tranquilla, ma il viaggio lo porterà alla scoperta di sé, questo accadrà grazie anche ad un incontro che gli sarà molto prezioso. Una figura femminile, che appare sin da subito molto forte ma nel contempo delicata, conduce una vita libera e indipendente, insolita per l’epoca e per i luoghi in cui si trova. Si viene così a creare un’alternanza di anime diverse fra loro ma vicine, gli opposti che cercano di incontrarsi. Fortune, per raggiungere il suo obiettivo, con tenacia e con un lavoro caparbio, giungerà a vivere delle avventure professionali che mai avrebbe affrontato prima. Questo suo impegno darà una svolta all’economia britannica, togliendo un possesso che fino a quel momento era recluso nelle mani cinesi, il tè. Dalle pagine emerge una ricerca storica sulla quale si costruisce la vicenda, romanzata al punto giusto, non c’è nulla di eccessivo, è un romanzo vero e sincero. Mentre leggevo mi sono sentita aggrappata al presente, mi sono lasciata trasportare con passione, mi immaginavo gli ambienti, i fiori, i profumi, i colori, il caldo e le piogge tipici della stagione monsonica e in questo momento di sconforto mi ha riscaldato il cuore. Credo anche che la vicinanza alla natura e il ritorno alla semplicità siano ora un antidoto insostituibile.

Roberta Colombi


[ps2id wrap id=’a20′]

Francesca Avanzini
Quel che di buono
Consulta Librieprogetti, 2020

copertina 3 (Avanzini)Il racconto di Francesca Avanzini riguarda l’educazione sociale, sentimentale e civile di una ragazza nata nella prima metà degli anni cinquanta. Cioè il secolo scorso. Sembra poco ma rispetto al progresso, o cambiamento, della tecnologia pare di risalire all’età delle caverne. Nella piccola e media borghesia, dice Francesca, i nonni erano spesso contadini e i genitori avevano passato l’infanzia senza auto e senza televisione. Però, a sorpresa e controcorrente, Avanzini considera quel passato non un peso da cui liberarsi bensì uno scrigno di tesori. E ha ragione secondo me. La tecnica ci ha talmente sopraffatte che è necessario fermarsi un po’ a meditare su cosa abbiamo perduto o dimenticato.  Ai bambini si insegnava l’autocontrollo: se hai sete berrai quando arriviamo a casa, se hai fame anche. Adesso invece le mamme o le baby sitters non fanno altro che ingozzare bambini svogliati di merendine, in autobus o ai giardini. Non va bene. La mamma ci insegnava a cucinare, dalla frittata alla più difficile besciamella. Ci spiegava la menta, l’alloro, le ortiche, l’erba medica e il trifoglio, mentre i ragazzini di oggi traversano praticelli profumati con gli occhi fissi sul cellulare a giocare a improbabili avventure senza senso. E’ meglio lo schermo del prato. Anche a noi piaceva lo schermo, ma quello del cinema, dove si vivevano i primi amori e le prime indimenticabili emozioni. Tutti ricordano qualche film memorabile, mentre alla TV tutto scorre via e si perde.  C’è un altro personaggio che emerge da queste pagine: il gatto. Gatti veri e gatti immaginari, perché l’autrice aspira a reincarnarsi in un gatto, cioè ad esserselo meritato. Il gatto è un animale saggio, anzi zen, sa meditare, godere di ogni istante felice, essere un buon compagno, elegante e discreto. Cosa c’è di meglio?

Anche Francesca Avanzini conclude il suo racconto con una grande lezione di saggezza.

La psicanalisi, la pedagogia, i manuali hanno sempre accusato i genitori, naturalmente

specialmente la madre in questa società patriarcale, di ogni nequizia rispetto ai figli. Ma se anche in vita non ci siamo capiti molto, sostiene l’autrice, il rapporto può modificarsi ancora adesso che i genitori non ci sono più, e constatare che non c’è stata nessuna malevolenza o cattiva volontà. Non c’è colpa né da una parte, né dall’altra: sono state le circostanze, le differenze di età e di carattere a creare le incomprensioni. Questo serve a spazzar via ogni senso di colpa e a vivere improvvisamente con estrema leggerezza, un compito lieve e difficile lo definisce l’autrice, ma molto soddisfacente, penso io.

Laura Lepetit