Eccoci anche oggi con due consigli preziosi. Sandra Petrignani, in Lessico femminile (Laterza 2019) analizza le sfaccettature e i significati che parole anche d’uso comune (casa, cose, amore, relazioni, madri, figlie, tempo…) assumono nella riflessione delle scrittrici e delle pensatrice da lei più amate (Natalia Ginzburg, Virginia Woolf, Annie Ernaux, Clarice Lispector, Anna Maria Ortese, Elsa Morante e tante altre con cui ha intessuto un dialogo vitale). La recensisce Marilena Salvarezza, di cui – questa volta in veste di autrice – presentiamo un assaggio del terzo libro di poesie, Naufragi in vista del porto, Officina Milena, Caserta, luglio 2020. Avrete una piacevole e coinvolgente sorpresa poetica.
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Sandra Petrignani
Lessico femminile
Ed. Laterza, 2019, Bari-Roma
Vi sono parole che nella storia e nella scrittura delle donne si caricano di significati “speciali”. E’ così che Sandra Petrignani costruisce un “lessico femminile” attraverso il quale, come lei stessa dice, cercare il bandolo di un (forse possibile) sentire condiviso e, parafrasando Nina Berberova, creare un corsivo nostro. Lo fa analizzando le sfaccettature e i significati che parole anche d’uso comune (casa, cose, amore, relazioni, madri, figlie, tempo…) assumono nella riflessione delle scrittrici e delle pensatrice da lei più amate (Natalia Ginzburg, Virginia Woolf, Annie Ernaux, Clarice Lispector, Anna Maria Ortese, Elsa Morante e tante altre con cui ha intessuto un dialogo vitale). E se c’è qualcosa di cui si è convinta, nella sua lunga e appassionata disamina della scrittura come riflesso del sentire femminile è che il pensiero delle donne è “inseparabile dalla materialità delle cose, dall’urgenza di vita”, dalla concretezza del quotidiano.
Torna in più voci il desiderio di un immaginario amoroso potente e assoluto, anche a prezzo delle disillusioni successive e il bisogno costante di legittimazione artistica e relazionale. L’amore per la madre e di madre o la sua assenza, viene tradotto in tutta la sua complessità e contraddittorietà, talvolta drammatica. L’atto dello scrivere è sempre in rapporto con il senso dell’esistere e della verità che è “l’ignoto che abbiamo dentro: scrivere vuol dire raggiungerlo. E’ questo o niente” (M. Duras). Anche l’invecchiamento femminile ha questa dualità drammatica: da una parte come dice Simone de Beauvoir le donne considerate solo un oggetto erotico, perdono ogni visibilità agli occhi dei maschi e della società, dall’altra questa libertà imposta della solitudine rende più facile il diventare “ciò che si è”. La Petrignani conclude ribadendo l’assunto dell’inizio e il leitmotiv di tutto il libro. Peculiare delle donne è vivere la vita nella sua interezza fino in fondo e consapevolmente con l’innocenza saggia dei bambini, nella sua materialità e nella sua essenza. Ecco il grande surplus.
Marilena Salvarezza
Marilena Salvarezza
Naufragi in vista del porto
Officina Milena, Caserta 2020
Color speranza
Un cane di miele
sul prato gelato
una finestra
rossa d’intimità.
Il vento del mistero
sferza
la calvizie
degli alberi
e sibila nostalgia
di giovinezza.
Scoppiettano al suolo
le foglie
sotto i passi
pesanti.
Una luna spezzata
si dondola, pigra e regale
tra i neri velluti del cielo.
Non è il disgelo,
ma un merlo
tinge di giallo
il buio.
C’è un freddo presago
di futuro
anche d’inverno e di sera
puoi avere una strisciante
primavera
nell’anno neonato.
Come invito ad immergersi in questo libro pubblicato da poco, offriamo una poesia della nostra cara amica e “compagna di libri” Marilena Salvarezza, tratta dalla sua terza raccolta poetica, uscita dopo Bacche d’oro e spini (ilmiolibro.it) e Smarrimenti (Portaparola, Roma). I testi contenuti in questa nuova raccolta proseguono la ricerca di una vita: esplorano ed esprimono momenti preziosi, in cui per un attimo si manifestano altre possibilità, sottratte alla precarietà o alla banalità dell’esistenza. Sono frutti di un amore per la lettura e la scrittura, alla ricerca dello splendore del senso, che si radica nell’infanzia dell’autrice.
“Spesso la bambina era sola perché il papà e la mamma andavano a lavorare i campi. Aveva da poco iniziato la prima elementare; c’era un bel sole ottobrino e lei era seduta su una panchina di pietra davanti alla casa con il sussidiario in mano. Non sapeva leggere e guardava affascinata quei segni, chiavi di un mondo magico di cui desiderava tanto strappare il segreto. Era già stata ore e ore in quell’atteggiamento, ma quel giorno sentiva un’eccitazione speciale. D’un tratto qualcosa avvenne. Come in un vorticoso caleidoscopio, le lettere corsero a prendere il posto giusto, sgomitarono per assestarsi e splendere di senso. La bambina lesse una due tre parole, una frase, due frasi. Sapeva leggere, aveva la chiave del mondo. Fu il momento più bello della sua vita. Quando la mamma tornò le volo’ incontro. “Mamma, mamma so leggere”.
Vittoria Longoni