di Antonella Polisena.
Non serve descriverlo, abbiamo tutti ben presente il tutorial andato in onda su “Detto, fatto!” in cui un’aitante (languida/voluttuosa anche?) Emily Angelillo in tacchi e mise di pelle, ci mostra come risultare attraenti quando andiamo a fare la spesa.
L’abbiamo presente tutti, dicevo. Il video gira all’impazzata nel web tornito di polemiche e sdegno cosicché anche chi la televisione non la guarda o la guarda poco (e di certo non in quegli orari) ha potuto godere di un assaggio di quello che è l’intrattenimento televisivo pomeridiano.
Fuorviati dall’avvento dello streaming, dall’accesso illimitato e comodo a qualsiasi contenuto desideriamo, abbiamo forse dimenticato la logica dominante del palinsesto televisivo: il target cui si rivolge che, in questo caso, dovrebbe fungere anche da chiave di lettura di tutta la vicenda.
Cosa ci ha stupito, quindi, del siparietto di un programma che va in onda contemporaneamente al celeberrimo Uomini e Donne che neppure s’è mai distinto per contenuti di spiccata levatura culturale, né tantomeno per presentare la figura della donna sotto una luce di autodeterminazione e femminismo?
Il tutorial in sé è grottesco. “Camp”, lo definirebbero gli attenti osservatori della modernità. Una caricaturale e volontaria rappresentazione del kitsch che di realistico non ha nulla, il solo pensiero ci imbarazza ed è così lontano dalla realtà (o dalla possibilità) che ci dovrebbe far sorridere.
Allora perché, invece, fa infuriare? In parte perché l’Emily Angelillo sculettante a fare la spesa riconduce allo stereotipo di donna perfetta, all’immagine dell’attraente, sensuale-al contempo- ligia e casta casalinga, all’ombra della quale abbiamo già vissuto abbastanza.
In parte perché-temo- questo connubio non è lontano dall’immaginario comune, come invece vorremmo credere.
Anzi, è un sotto testo ancora molto attuale ma il fatto che ce lo sbattano in faccia in modo così plateale ci fa vivere un senso di fallimento che non siamo pront* ad accettare.
Il mal riuscito piano per la nostra libertà di scegliere chi essere e come apparire ci rende ipersensibili al tema e ci fa trasformare in una questione di principio, uno scivolone di un programma televisivo- ridicolo, inelegante- ma pur sempre uno scivolone di un programma televisivo.
Coloro che con movenza giacobina chiedono la chiusura del programma a cui lavorano un numero non trascurabile di persone (l’etica ha sempre un quid di controverso quando ci sono interessi equipollenti, vero?) invito a questa riflessione: le polemichette da divano ci fanno vivere la stessa illusione di quando, guardando dal finestrino vediamo il treno accanto partire, pensi sia tu a muoverti e invece sei irrimediabilmente fermo.
L’infelice coincidenza della data (il 25 Novembre, giornata internazionale dell’eliminazione della violenza maschile e di genere contro le donne) non dovrebbe alimentare l’indignazione, ma farci riflettere ulteriormente su quanto sia facile guardare il dito, invece che la luna.
Su quanto ampio sia il cono d’ombra che queste vicende minuscole, ridicole creano sulla questione femminile che va fronteggiata con competenza, diligenza, disciplina, preparazione e perizia, non con grossolano pressappochismo.
Venga tutto questo fatto in tacchi a spillo o pantofole, a chi vuoi che importi.