Discuteremo presto di storia delle donne (è previsto un evento il 9 febbraio) e più avanti riprenderemo i problemi e le risorse dei romanzi storici delle autrici.
E’ passata da poco la giornata della memoria. In Suite francese, il capolavoro di Irène Némirovsky conservato e pubblicato postumo dalle figlie (trad. it. Feltrinelli, quinta edizione 2015) la straordinaria scrittura dell’autrice fa rivivere i drammi della Francia invasa dai nazisti, costruendo personaggi schiacciati dalla situazione e dai loro retaggi, occupati e occupanti, osservati nella loro diversa umanità, a volte generosa, più spesso meschina. Marirì Martinengo, Claudia Poggi, Marina Santini, Luciana Tavernini e Laura Minguzzi, componenti della Comunità di Storia Vivente, hanno studiato la vita di straordinarie badesse di età medievale in Libere di esistere – Costruzione femminile di civiltà nel Medioevo europeo– SEI Ed. 1996: ricostruiscono la loro esistenza, mettono in luce
l’importanza storica e formativa di genealogie e di autorità femminili che sono state sempre presenti, pur se messe spesso tra parentesi.
Torniamo ai temi degli orrori del nazismo, alla “banalità del male” e alla ricerca dei criminali nascosti col romanzo di Clara Sanchez, Il profumo delle foglie di limone (trad. it. Garzanti 2011). Un gruppo di ex nazisti si è rifugiato in un’amena località spagnola per trascorrere la vecchiaia nell’oblìo, riuniti in una Confraternita. Ma le ombre del passato atroce riemergono.
Continuate a mandarci i vostri commenti e consigli all’indirizzo librarsi@casadonnemilano.it, li pubblicheremo. Auguriamo buona attività di lettura e scrittura, e buona salute a tutte.
Irène Némirovsky
Suite francese
Universale economica Feltrinelli, Milano, quinta edizione 2015
La donna che scrisse due volte
Irène Némirowsky ha un vita da romanzo e i suoi libri diventano romanzo della vita.
Il manoscritto di Suite francese restò sul fondo di una valigia malandata portata fortunosamente in salvo dalle sue figlie attraverso le traversie della guerra, prima di essere “dissepolto” da Denise Epstein, la secondogenita.
Il libro, diventato subito un caso editoriale, conosceva la sua prima vita pubblica mentre tutta la produzione precedente godeva, su questa scia, di un secondo successo.
E davvero raramente come in questo caso la vasta opera già pubblicata e molto discussa nella Francia d’anteguerra è la premessa necessaria ad un capolavoro assoluto.
Suite francese nella forma che conosciamo, sintesi di “Tempesta di giugno” e “Dolce”, due delle cinque partiture in cui doveva articolarsi l’opera intera (Captivitè, Batailles e La Paix le altre tre), è infatti la summa dei motivi, dei temi, delle scelte stilistiche dall’autrice.
Massa e individui
I suoi riferimenti sono i grandi classici di Francia e di Russia, le due patrie che si contendevano il suo cuore.
Il libro si apre con l’esodo di massa dei francesi verso il sud della Francia, alla notizia dell’invasione tedesca nel 1940 e si interrompe nell’estate del 1942 quando i “crucchi” si spostano sul fronte russo e si compirà il destino umano di Irene.
Dallo sfondo delle scene corali, come il campo totale di un film, si staccano, fino ai primi piani, le vicende dei personaggi, tipi umani che Irene osserva da sempre con impietoso acume. Borghesi ipocriti, intellettuali egoriferiti e voltagabbana, aridi cultori di bellezza, nobili falsamente caritatevoli, contadini arricchiti e rancorosi sono i rappresentanti di una società ancora divisa in caste, feudale nel profondo.
Se la massa è un magma inconsapevole, nemmeno gli individui riescono a sottrarsi a un fato che li sovrasta. Pochi si salvano da questa visione nihilista.
La guerra e la sconfitta sono le cartine d tornasole: spinti alla pura sopravvivenza, gli esseri umani si spogliano del sottile vello di civiltà e agiscono, non diversamente dal mondo animale, in base alle più primordiali pulsioni e paure. Solo qualcuno si eleva, in possesso di una consapevolezza interiore che sola rende liberi, o attraversati dallo slancio d’amore. Tuttavia anche l’amore non può essere agito perché vi si oppongono le catene che tengono tutti schiacciati al suolo ( la classe sociale, le convenzioni, l’appartenenza a nazioni in guerra, i vincoli familiari).
Nella visione della Némirovsky l’eredità genetica di sangue e quella di casta sono immutabili e non c’è possibilità di redenzione. I personaggi sono agiti dai loro retaggi e non vi sono scelte che abbiano un valore morale privilegiato.
Così occupati e occupanti si equivalgono, colpevoli e innocenti allo stesso modo, travolti da una guerra che appunto è una “tempesta” di giugno che tutto distrugge senza trasformare.
Natura e destino
Solo conforto la natura, descritta a più riprese in modo magistrale, nella sua evoluzione stagionale muta e trionfante, scenario della dolorosa e grottesca commedia umana.
Un ritmo perfetto, che riproduce il respiro del tutto caratterizza tutta l’opera.
Se la realtà è senza speranza la penna che la descrive è straordinaria: uno sguardo onnisciente si eleva alla dimensione in cui tutto può essere accolto se non assolto.
Una straordinaria vicinanza lega l’opera alla vita dell’autrice che scrive freneticamente nel paesino a nord di Parigi, Issy L’Evèque, in cui si è rifugiata con il marito e le due figlie. Scrive nella pace di un bosco mentre intorno ticchetta l’orologio della sua vita: ebrea che non si appartiene, sa di essere condannata.
Sarà arrestata e inviata ad Auschwitz nel luglio del 1942 dove morirà il 19 agosto. L’abbandonarsi al proprio destino umano è forse tragica conseguenza della sua visione fatalistica, eredità del sangue di una stirpe che è uscita dal ghetto ebraico, senza liberarsi delle catene interiori.
Marilena Salvarezza
Marirì Martinengo – Claudia Poggi Marina Santini – Luciana Tavernini – Laura MinguzziLibere di esistere – Costruzione femminile di civiltà nel Medioevo europeo
SEI Ed. 1996
Libere di esistere, particolari figure di badesse dell’XI-XII secolo, e le loro comunità; il libro ne evidenzia il fondamentale contributo a una Costruzione Femminile di civiltà nel Medioevo europeo, come recita il sottotitolo, che esprime l’intento dell’opera: il far emergere la loro esistenza e il loro operare, riconoscere l’importanza, come metodo storico e pedagogico, di genealogie e di autorità femminili che sono state sempre presenti, e messe spesso tra parentesi, nella storia.
Le autrici lavorano insieme nella Comunità di storia vivente, dal 1989. Marirì Martinengo compone la prima narrazione storica, L’armonia di Ildegarda, figura riconosciuta di autorità femminile già nel suo tempo, qui vista attraverso lo sguardo particolare del suo Epistolario, lettere che la magistra dottore compositrice badessa e santa di Bingen, scambiava con le badesse sue ex-allieve e con i grandi del tempo, vescovi, papi, imperatori e Bernardo di Clairvaux, suo pari spirituale.
Il pensiero di una “composizione artistica” mi accompagna durante tutta la lettura del libro, e non solo per il corredo di fascinose miniature e immagini che lo arricchiscono: un’arte della storia, che esplora con rigore le fonti e la fattualità esterna, ma entra con finezza e maestria anche in una storia interiore che possa dar ragione di un percorso creativo vivente, esperienziale e di pensiero, spirituale e politico, oltre un universalismo neutro del sapere, nell’assunzione della differenza sessuale e dell’identità individuale, che opera nel profondo, nelle scelte, nel metodo…
Le autrici, Comunità anch’esse d’insegnamento e di studio, nuovo cenobio laico di donne, si coinvolgono con la loro storia personale e le loro intuizioni nel rendere anche consapevoli chi legge della natura interpretativa e aperta, non esaustiva, della storia.
Così dal vivere di Eufrosinija, detto “un movimento circolare aperto verso l’infinito… determinato dalle sue scelte, che tracciano un tipo di storia che procede per acquisizioni e superamento…” nell’esigenza primaria di fedeltà a se stessa, può venire “ …una preziosa indicazione di interpretazione storiografica, un approccio nella comprensione del passato, che non procede per spostamenti lineari, ma per una continua rilettura che per mezzo di strumenti e categorie linguistiche più efficaci restituisca maggiore ricchezza e spessore alle donne e agli uomini, nel loro movimento, a cui sono spinti dalla ricerca di trascendenza o dal modo di realizzare i loro desideri…”.
Così scrive Laura Minguzzi nel suo testo Eufrosinija la pura, che ripercorre l’itinerario storico-esistenziale di questa badessa, santa orientale, di un Monastero nei pressi di Polozk, attuale Bielorussia.
Un approccio non tradizionale a questo monachesimo femminile, di cui le motivazioni esterne familiari e sociali, destino-rifugio per figlie di nobili, controllo spirituale, non bastano a rendere conto e che si rivela fonte di formazione e liberazione, rispetto ad imposizioni maschili e alla sottrazione di saperi… “non già clausure coatte ma luoghi inventati da donne desiderose di vivere insieme l’esperienza della ricerca della Verità” (p. 2, Autorità e libertà).
Le Comunità, rese indipendenti anche dalle doti portate dalle monache, sono luoghi di scambio e relazione, attivi col territorio circostante e pieni di fervore all’interno, dove maestre, spesso protagoniste di forme di spiritualità originale e autonoma, davano impulso a una cultura elaborata al femminile, nella cura alla creatività personale, collettiva e all’accoglienza. “Attività feconda di chi coltiva l’esistere, l’operare e il pensare e che al posto di dare la morte preferisce nutrire la vita...” (p.3), opposta a una storia come guerra, conquista e gioco di poteri.
Felice connubio anche di arte e bellezza, come le monache cantore di Ildegarda, ornate di sete e gioielli, oltre che lavoro multisciplinare, come quello delle pittrici amanuensi delle miniature dell’Hortus deliciarum di Herrada di Hohenburg; e le alte competenze che affiorano nelle opere teatrali e nei poemi di Rosvita di Gandersheim, nelle ricerche di Eufrosinija o nell’uso consapevole della legge per la salvaguardia della propria Comunità in Marina del Goleto.
Un viaggio simbolico diviene espressamente il libro, all’interno di queste vie “magistrali” via della madre, figura del dono e sorgente dell’autorità: viaggio per chi legge e per le autrici che scelgono di esprimersi attraverso la figura a loro più affine, in una via di libertà.
Come Eufrosinija, che chiude il libro e la sua vita col viaggio di pellegrina, lasciando tutto.
“In lei ci siamo riconosciute, come lei ci siamo guadagnate uno spazio e un tempo per la nostra ricerca… in un libero rapporto con un tempo passato che ci appartiene e con quanti e quante vorranno interloquire con noi “ (p.6) … un avvertimento e una guida per un libro di storia che diviene anche movimento di sé e di pensiero.
Rita Bonfiglio
Clara Sanchez
Il profumo delle foglie di limone
trad. it. Garzanti 2011
Gli orrori compiuti dal nazismo durante la Shoah sono stati e continuano a essere oggetto di numerosi studi storici nonché di rappresentazioni letterarie e filmografiche.
Nonostante ciò il romanzo di Clara Sanchez, Il profumo delle foglie di limone, è riuscito non solo a ritagliarsi uno spazio ben definito ma addirittura a diventare un bestseller di fama mondiale.
Due sono, a mio avviso, i meriti principali dell’autrice: l’aver reso letterariamente quello che la filosofa Hanna Arendt aveva definito “la banalità del male”, e in secondo luogo la maestria con cui riesce a tratteggiare i personaggi.
Siamo in Spagna, nella regione denominata Costa Blanca. Qui un gruppo di ex nazisti si è rifugiato per trascorrere piacevolmente gli ultimi anni della propria vita.
Riuniti in una Confraternita che dovrebbe tutelarli da possibili aggressioni esterne, vivono apparentemente come anziani qualsiasi in cerca degli ultimi sprazzi di vitalità, grazie al clima caldo della costa spagnola.
Nella loro rete, ingannata proprio da quell’apparente normalità e benevolenza, cadrà la giovane Sandra, incinta e alla spasmodica ricerca di un centro di gravità per la propria vita disordinata e precaria.
Ma ecco che Sandra incontra Julian, ex deportato a Mauthausen, che ha deciso di dedicare gli ultimi anni della propria esistenza alla caccia degli ex nazisti: dall’incontro nascerà un sodalizio che regalerà a lei una nuova maturità e a lui nuova energia.
Molti i colpi di scena. Ma sono soprattutto i due personaggi, Sandra e Julian, molto ben tratteggiati nella loro quotidianità, a catturare l’attenzione e le emozioni di chi legge. E questo nonostante che l’espediente di alternare i punti di vista dell’uno e dell’altra non sia nuovissimo in ambito letterario.
Più che gli eventi sono i comportamenti delle persone a colpire, soprattutto quelli degli ex torturatori nazisti. Nessuno è come sembra e questo è ciò che soprattutto genera suspense.
Con Il profumo delle foglie di limone, edito in traduzione italiana da Garzanti, Clara Sanchez ha vinto nel 2010 il premio Nadal, uno dei riconoscimenti letterari più prestigiosi in Spagna.
Nel 2014 ha vinto il Premio Roma (Sezione Narrativa Straniera) con il romanzo Le cose che sai di me dello stesso editore.
L’autrice vive a Madrid ed è laureata in Filologia spagnola.
Annamaria Vicini