di Claudia Mazzilli
(Nullo Die edizioni, 2021)

Anche tu Centauro “Medea quando ti decidi a fare due gemelli?” …e la coda fluente, le piantine nell’aiuola della scuola coi nomi greci e latini, le letture con i bambini, Teogonia, Esiodo, l’età dell’oro…? Questa Medea contemporanea e antica è una maestra, Centauro suo mitico collega  si è fatto bipede, non più bambini sulla groppa,  ora arriva in moto, e innesca geometrie di quiz a risposta multipla. Tutti le chiedono “Medea cosa aspetti? Hai quarant’anni. Tutta la tua sapienza a chi la dai?…”

Due scritture in 17 punti ciascuna, Terraferma e il corsivo Mare, si rimbalzano dall’una all’altra, la vita in Grecia dopo la fuga dalla Colchide, nell’ipotetica città di Paralia e il viaggio in mare con Giasone e Absirto, il fratellino che la madre Idia le affida, la sua fine struggente…

Gli amori e i dettagli si mescolano, i racconti capovolti, intercettano i poteri e gli scarti del presente: un Giasone affarista e scaltro, re del commercio di cobalto e socio dell’immobiliarista Creonte, di cui sposa la figlia Glauce incinta, divorziando da Medea, la quale le fa felicemente dono del suo abito da sposa. Ma il primogenito Emone avrà gli occhi di Medea, nelle sue afflizioni legato a lei come alla madre che lei non è. Se i figli di Giasone muoiono  non è certo per sua mano, tantomeno può pesare su di lei la morte di Glauce, che la chiamava la Sognatrice e l’aiutava al Centro Migrazioni. Allestito all’ex discoteca Caraibi, dopo quella notte in cui Medea avvistò la sua prima barca e portò soccorso. Medea la libera, frastornata dalla sua stessa libertà, l’invasata dal sapere e insieme sempre l’ostaggio, la ‘barbara’ e proprio per questo in una nuova visione possibile. Come l’educazione comunitaria dei bambini del Centro, per un mondo che dovranno ancora creare “…figli di una comunità non coincidente con nessuna patria e nessuno Stato. Figli al crocevia di ogni umanità, dimentichi e ignari di confini, guerre, vello d’oro e usurpazioni. Figli nati da madri e da non madri… figli di una maieutica nuova…”. Intanto giunge un naufrago nero spiaggiato, Souba, l’intelligenza e il sorriso di un amante e il padre Eete figlio del Sole lascerà a Medea nella Colchide campi a cui lavoreranno i migranti, Souba li guida.

La tragedia di Giasone è di tutto l’Occidente, Medea sottratta alla colpa ma non all’ultimo stupro, “…atto titanico di riappropriazione…”, Medea poi non ha sanguinato ma è ancora maga rigeneratrice, ministra di una divinità solare femminile, e non generatrice di mostri. Una lingua scottante di metamorfosi nuove rinasce potente, immaginale, visionaria e pur realissima nel suo contrarsi ed espandersi fra le uccisioni universali del presente: portatrice nella figura di Absirto, archetipo di tutti coloro che muoiono nel Mediterraneo, delle sue ossa che Medea cerca sul fondo del mare, di un moto di ricomposizione e di rinascita, di “Un altro inizio”(titolo dell’ultimo capitolo) tutto da costruire.

“Medea sogna la stessa utopia ‘gilanica’…” di Maria Gimbutas e di Riane Eisler, scrive l’autrice nella sua postfazione ed è visione di se stessa, oltre “la deriva androcratica e violenta dell’umanità… figlia della Storia e non della Natura… può essere messa in discussione”. Un’azione si apre “Molto di più, fuori dalle pagine di un libro, insieme possiamo e dobbiamo fare”.

Claudia Mazzilli, pugliese, vive ad Altamura, studiosa e autrice di pubblicazioni di filologia classica sulle riviste accademiche Aufidus e Argos, nei quali si è occupata di problematiche a cavallo tra romanzo antico e moderno e di indagine intertestuale. Calvino, Woolf, Lessing, la narrativa sociale e meridionalista… l’hanno portata ad amare la letteratura di grande potenza immaginifica e insieme di forte radicamento nel reale.

17 giugno 2021                                                                                                       Rita Bonfiglio