di Grazia Longoni
Si chiamano Elvira, Ana, Vania, Melissa, Siham, Joan, Bea. Sono approdate a Roma da storie drammatiche di immigrazione dal Sudamerica, dalla Moldavia, dal Marocco. Costrette a diventare colf o badanti, a cercarsi una stanza in affitto dove dormire in quattro o a sistemarsi in un barcone abbandonato sul litorale. Qualcuna ha una figlia piccola, nessuna ha un uomo al suo fianco. Tutte sono animate da una passione che è ragione di vita: il calcio, che praticano nel campionato femminile di Roma “Las Leonas”. Per loro è tutto: sfogo, evasione, divertimento, socialità. Ma anche strumento di riscatto, riconoscimento e affermazione di sé, libertà.
Il bel docufilm delle registe Isabel Achával e Chiara Bondì, prodotto da Nanni Moretti, passato al Festival del Cinema di Venezia e presentato in anteprima a Milano sabato 10 settembre* ce le fa conoscere una per una. “Il calcio è la mia parte di ribellione”, “Ne ho bisogno come di una droga”, “Mi hanno salvata le sudamericane e il calcio”.
Non importa se per praticarlo hanno solo la domenica (“È troppo breve, la domenica”), unico giorno di libertà da datori di lavoro che spesso non sanno nulla del loro impegno sportivo. Non importa se c’è un problema, forse grave, alla schiena. Non importa essere in sovrappeso (“Siamo ciccione, ma corriamo veloci”). L’importante è andare sul campo, e scatenarsi per vincere.
Qualcuna piange, ricordando le violenze subite fin da bambina nei paesi d’origine (“C’erano i fidanzati di mia madre, e altri uomini per casa”), l’angoscia dell’arrivo in Italia (“sarà un bel Paese, per me era merda”), le umiliazioni dei primi giorni (“non sapevo fare le pulizie, mai fatte al mio paese”), la nostalgia (“vorrei il permesso di soggiorno per rivedere mia mamma dopo otto anni”), la solitudine (“ero incinta, il padre era desaparecido”).
Ma lottano, sempre. E l’adrenalina che le fa volare dietro il pallone diventa la forza per affrontare la vita di tutti i giorni. “Sono loro (le compagne di squadra) che mi hanno insegnato ad accettare la vita, a non piangersi mai addosso” dice la moldava Ana. “Faccio 300 chilometri alla settimana in bicicletta per raggiungere le case dove lavoro” racconta Elvira sulla sua bicicletta Coppi. “Sono nata indipendente, lo sarò sempre” grida Siham sul suo barcone. “Siamo forti come gli uomini, nessuna differenza” dicono tutte. Una aggiunge: “Siamo anche più furbe”.
Roma è una quinta sullo sfondo, estranea alla realtà in cui Las Leonas vivono. Tranne qualche fuggevole immagine del Colosseo, la città è un susseguirsi di palazzoni irti di antenne, saracinesche imbrattate, binari e stazioni. “Di Roma mi piace Torpignattara, mi ricorda i barrios del Perù” dice Joan
A parte Nanni Moretti che dedica a se stesso la scena dell’acquisto delle coppe per le vincitrici del campionato, i romani, gli italiani non si vedono. Probabilmente ignorano del tutto il mondo parallelo che si svolge accanto a loro, invisibile se non la domenica, nel campo di calcio della Vis Aurelia
*Sabato 10 settembre alle ore 20.30, in AriAnteo a Palazzo Reale, le registe presentano il film. Per le socie della Casa delle Donne, biglietto scontato a 5.50 euro.