di Floriana Lipparini.
A causa di un’imprevista emergenza. l’incontro sull’Iran di giovedì 3 novembre alle 18.30 sarà ONLINE su piattaforma Zoom anziché in presenza come annunciato.
Parleremo della straordinaria rivoluzione delle donne collegandoci con la giornalista iraniana Farian Sabahi e con Shaparak Shajarizadeh, attivista per i diritti umani già arrestata e incarcerata nel 2017 e fuggita dall’Iran prima di una nuova pesante condanna.
Vogliamo così esprimere la nostra vicinanza e solidarietà (nella foto, manifestazioni a Milano all’inizio di ottobre in solidarietà con le donne iraniane).
Zan, zendeghi, azadi: donna, vita, libertà. Questo il potentissimo messaggio cantato dalle donne iraniane che hanno inondato le piazze a capo scoperto, ma anche da molti uomini accorsi a condividere un’immensa sollevazione trasversale a tutte le categorie sociali. Il brutale assassinio di Mahsa Zhina Amini, uccisa a botte dalla polizia morale, ha innescato un’irrefrenabile rivolta. Per tutta risposta i mullah hanno imprigionato migliaia di manifestanti, e altre donne sono state uccise. Come Asra Panahi, sedicenne picchiata a morte il 13 ottobre per non aver voluto cantare l’inno a Khomeini.
Per le vie di questa travolgente rivoluzione risuonano canti di libertà. Bella ciao in lingua parsi, e una struggente canzone di Shervin Hajipour, imprigionato dal regime. Ciò che accade in Iran riguarda tutte le donne che nei luoghi più retrivi e oscurantisti ma anche nelle democrazie avanzate, sono costrette a rischiare la vita per il diritto ad avere diritti. E riguarda tutte le persone, di qualsiasi età, genere e sesso, che nel mondo lottano per avere libertà e giustizia.
Con la loro ribellione le donne iraniane hanno sollevato il velo non solo concreto ma anche metaforico per mostrare al mondo il volto di un regime integralista che opprime tutti i diritti umani. Tagliandosi i capelli, un gesto che istantaneamente è stato replicato ovunque, hanno gridato il loro diritto di essere se stesse, il loro rifiuto di codici e leggi che vogliono imprigionarle nel buio di una vita oscurata, nascosta, impedita.
Quanti altri secoli dovranno passare perché le cose cambino? Solo negli ultimi mesi quante sono le donne assassinate dal potere? Palestinesi, curde, iraniane, latino-americane, native… Da poco si è saputa un’altra terribile notizia, è stata uccisa a bruciapelo Nagihan Akarsel, attivista del Movimento di liberazione delle donne del Kurdistan e accademica di Jineoloji.
In questi luoghi difficili dove non c’è democrazia il corpo delle donne continua a incarnare la posta in gioco di una tragica sfida tra maschi nel segno del dominio. Con il loro coraggio, con la loro autonomia rappresentano un pericolo tremendo per l’ideologia patriarcale, dunque vanno eliminate. Anche da noi però, nei luoghi in cui vige la democrazia, tantissime donne muoiono per la libertà, ogni volta che un uomo le massacra, furibondo per non averle in proprio potere.
Ora che ventate di destra soffiano minacciose in Europa e nel nostro Paese, riuscendo persino a conquistare posizioni di governo, è il momento di cambiare finalmente strada. Ma se è vero che il rispetto dei diritti delle donne è la quintessenza della democrazia, è anche vero che solo dalla forza delle donne e del femminismo potrà nascere una vera, nuova democrazia. In Iran e dappertutto.