di Giovanna Majno
Alla Casa, l’11 ottobre 2024 alle 18, parleremo di Francesca Morvillo, magistrata a Palermo uccisa a Capaci il 23 maggio 1992 a quarantasei anni. La sua vita testimonia il suo impegno per la giustizia, realizzato con un lavoro attento, capace e silenzioso, senza autocelebrazioni.
Quando nel 1967 si laurea in giurisprudenza le donne iscritte a questa facoltà erano una piccola minoranza e da pochi anni le donne avevano potuto fare il concorso di Magistratura, professione da cui erano state escluse per legge.
Francesca decide di fare la magistrata, tra le prime nella Sicilia degli anni ’70 dove la mafia si era infiltrata con il narcotraffico nel tessuto economico e sociale di Palermo. Lei conosce bene i ragazzi dei quartieri ghetto della sua città, luoghi senza legalità dove per vari anni aveva insegnato come volontaria in diversi istituti. Lì aveva sperimentato che la scuola può portare a un riscatto sociale, può rappresentare un’alternativa alla cultura mafiosa.
Nel 1971 diventa Sostituto procuratore al Tribunale per i minorenni dove, in modo innovativo per i tempi, segue con capacità psicologica, cura attenta e sensibilità i procedimenti dei ragazzi che vengono arrestati. Francesca Morvillo seguiva con cura minuziosa le indagini per accertare i reati, ma interagiva con i giovani detenuti per costruire una reciproca fiducia e offrire una alternativa positiva. In quegli anni ancora non esistevano le misure alternative al carcere e le garanzie per i minori che saranno previste con una nuova legge. Lei già metteva al centro l’interesse per il minore.
L’esperienza al Tribunale per i minorenni dura sedici anni, poi Francesca Morvillo chiede di essere assegnata alla Corte d’Appello dove segue, sempre con grande competenza, processi che riguardano reati contro la Pubblica Amministrazione. E’ giudice a latere nel processo a Vito Ciancimino per i grandi appalti di Palermo.
In questi anni aveva conosciuto Giovanni Falcone, si erano sposati e condividevano una vita che sapevano essere di estremo rischio, con chiare minacce di morte. Lui sempre sotto scorta e sotto i riflettori della stampa, soprattutto nel periodo del maxi processo alla mafia. Lei rifiuta la scorta e continua a mantenere legami e amicizie, nel suo modo sincero, generoso e discreto, perché non vuole farsi condizionare dalla continua emergenza. Ma aveva ben chiaro che voleva comunque stare vicino a lui, accettava i rischi di cui era lucidamente consapevole. Sono infatti sulla stessa auto a Capaci e sono uccisi insieme dalla mafia.
Certamente Francesca non era solo “moglie di…”, come troppo spesso viene ricordata, ma persona autonoma che ha sempre saputo fare le sue scelte. Su di lei è stato proiettato un “cono d’ombra”, come può succedere alle donne che vivono accanto a uomini famosi.
Vogliamo parlare di lei alla Casa insieme a Sabrina Pisu che su di lei ha scritto un libro che, con un appassionato e attento recupero di testimonianze, fa emergere la vita di questa unica giudice uccisa in Italia dalla mafia. Dialogherà in presenza con l’autrice e con la conduttrice Giovanna Majno la magistrata Laura Curcio. Cinzia Iraci leggerà alcuni passi del libro.
In copertina Murale dello street artist Mario Jin donato al comune di Corsico e posto sul ponte Galetti