Il Consiglio Direttivo della Casa delle Donne di Milano

Da ieri, la Gravidanza per conto di Altre/i (GPA) è reato universale per legge. Una legge-bandiera del governo di destra che vuole imporre la sua idea di famiglia. Una legge che l’opposizione parlamentare e molti giuristi hanno definito “obbrobrio”, quasi certamente inapplicabile. Ma che ha l’effetto di criminalizzare coppie e persone che a questa pratica fanno ricorso in Stati dove è legale. Una legge che condanna all’incertezza giuridica e alla condanna sociale bambini e bambine che hanno l’unica “colpa” di essere nati all’estero con questa tecnica.

Mercoledì 16 ottobre il Senato ha infatti approvato in via definitiva, con 84 voti a favore e 58 contrari, una modifica all’articolo 12 della legge 40 del 2004 (la famosa legge sulla procreazione assistita), che non solo mantiene il divieto in Italia già in vigore da vent’anni, ma la rende perseguibile anche se praticata all’estero da cittadini o cittadine italiane. Perché, dice il nuovo articolo 12 “Se i fatti di cui al periodo precedente sono commessi all’estero, il cittadino italiano è punito secondo la legge italiana”.

La GPA è una forma di procreazione assistita in cui la gravidanza  è portata avanti da una donna attraverso l’impianto in utero di un ovulo fecondato da gameti (ovocita e spermatozoi) non suoi, ma di coppie o persone singole che non possono avere figli.

Ricorrono alla GPA soprattutto coppie eterosessuali, e in misura minore omosessuali. La tecnica può essere di tipo commerciale (la gestante riceve un compenso) o altruistico (riceve solo un rimborso spese). È legale, con modalità diverse, in 66 Paesi del mondo.

I genitori italiani che con questa pratica hanno figli e figlie regolarmente registrati all’estero possono da ieri essere incriminati e rischiano una condanna da tre mesi a due anni di carcere e una multa da 600.000 a un milione di euro.

Come ha scritto oggi il NY Times “In teoria, chiunque può denunciare una famiglia sospettata di aver avuto un figlio tramite GPA, aprendo la strada a possibili procedimenti penali”. Tra l’altro, “l’Italia si troverebbe a perseguire penalmente le persone per crimini commessi in un Paese in cui le loro azioni erano legali, creando potenzialmente tensioni diplomatiche”.

Crediamo che non possano mai essere le leggi e le pene a decidere sui nostri corpi, per questo il nostro rifiuto all’introduzione di un reato universale è netto.

Tuttavia sappiamo che all’interno dei movimenti femministi e della stessa Casa delle Donne, ci sono sensibilità diverse nel merito della scelta di una donna di far ricorso alla GPA per avere un figlio o una figlia e della scelta di un’altra donna di accettare di portare avanti questa gravidanza.

Giulia Siviero, giornalista e scrittrice che è stata ospite della nostra Casa il 9 ottobre scorso, in un suo articolo di ieri (sul Manifesto, https://ilmanifesto.it/quel-che-resta-tra-pena-e-regola) ha così sintetizzato il dilemma dei due tipi di domande che le femministe si pongono e si sono poste.

Il primo: “Cosa comporta usare il corpo delle donne come mezzo di produzione per scopi riproduttivi di altri? E trasformare i bambini in merce di acquisto? Esiste un diritto universale alla genitorialità biologica? I desideri sono di per sé fonte di un diritto? Dove nasce e dove va a finire la non accettazione del limite che i corpi impongono? E come pensare alla tecnologia che rappresenta il superamento di tale limite?”.

Il secondo: “Come rispettare la libertà e l’autonomia di ciascuna donna se vuole concepire per altre persone senza inchiodarla nello schema della vittima o della criminale? Senza cioè ritenerla incapace di fare delle scelte, fossero anche scelte che non ci piacciono? Quali possono essere le conseguenze del negare il diritto di ciascuna a decidere consapevolmente su tutto ciò che riguarda la sua vita e il suo corpo, per esempio rispetto alla legge 194? Cosa comporta l’essere entrate di prepotenza e con atteggiamenti prescrittivi nello spazio di chi dice a una donna cosa può o non può fare?”.

Di queste, e di molte altre domande, vorremmo discutere all’interno della Casa delle Donne in quello che vediamo come un percorso di conoscenza e di ascolto. Il primo appuntamento è uno Spazio di Riflessione lunedì 28 ottobre alle 18.30.