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“Ormai per me è una sorella”, afferma senza giri di parole l’attrice Ottavia Piccolo, aprendo il 5 ottobre alla Casa la serata dedicata alla giornalista russa Anna Politkovskaja nel decennale del suo assassinio.

Un appuntamento sentito e intenso, al via con l’interpretazione da parte di Ottavia Piccolo di un brano tratto da Donna non rieducabile, il suo spettacolo teatrale in memoria di Anna, portato in scena da nove anni e nuovamente a Milano dal 13 ottobre al Teatro Carcano.

Anche i presenti hanno potuto sentire Anna, che fu freddata a colpi di pistola nell’ascensore del suo palazzo il pomeriggio del 7 ottobre 2006, a Mosca, come una sorella, come una di noi. Dopo la performance teatrale, infatti, è stato proiettato il video Anna, il coraggio di dire, per la regia di Silvano Piccardi: un documento preziosissimo perché è una delle rare interviste, e probabilmente l’ultima, che Politkovskaja rilasciò un anno prima della morte, nel settembre 2005 al Festival della Letteratura di Mantova.

Dalla sua voce, ferma e mordace, sono piovute forti le accuse al governo di Putin e agli ufficiali durante il secondo conflitto in Cecenia per gli orrori di una “guerra sporca”, raccontati anche sulle pagine del suo quotidiano, Novaya Gazeta, e nel libro Cecenia, il disonore russo.

Sapeva troppo, Anna Politkovskaja, ed è stata zittita per sempre. Del suo esempio di coraggio e coerenza ancora attuale si è parlato subito dopo il filmato, nel corso del confronto tra Luca Bertoni, presidente di Annaviva, associazione che dal 2007 a Milano organizza iniziative nel nome della Politkovskaja e ha permesso che in città ci siano i Giardini a lei dedicati, e le giornaliste Marina Cosi, presidente di GIULIA, e Valeria Palumbo, storica delle donne. Da Bertoni è stata tratteggiata la figura di Anna, esemplare nella difesa dei diritti umani, legata a tematiche sociali su carceri, orfanotrofi, anziani e “che oggi sarebbe in ogni luogo dove si perpetrano ingiustizie: in Messico contro i narcos come in Italia al fianco dei giornalisti che combattono mafia e criminalità”.

Sull’“altra”, sulla “pazza”, come era considerata in vita Politkovskaja a Mosca, perché di origini ucraine e natali negli Usa e perché chi dice la verità è spesso denigrato, e quindi sulla delegittimazione operata sui giornalisti per le loro inchieste e le loro parole si è concentrato l’intervento di Marina Cosi. Di Flavia Steno, reporter al fronte nella Prima Guerra Mondiale, e di Lea Schiavi, giornalista antifascista uccisa in Iran, ha rinnovato la memoria Valeria Palumbo, in un breve excursus sulle report di guerra come Ilaria Alpi, sottolineando che in Russia nell’era di Putin il numero degli operatori dell’informazione zittiti per sempre è aumentato, mentre un nuovo fronte di rischio per la libertà di stampa è oggi rappresentato dalla Turchia di Erdogan. Così, Anna Politkovskaja, dieci anni dopo la sua morte, tra le mura della Casa, è diventata nostra sorella, una di noi.

Gabriella Persiani