“Questa è una visione maschilista del matrimonio e della genitorialità, serve un’altra rivoluzione femminista perché le conquiste delle donne sono sotto attacco”: l’appello accorato di Laura Boldrini, accolto dagli applausi delle 400 persone che hanno riempito la sala Di Vittorio della Camera del Lavoro di Milano il 2 ottobre, dà il via anche mediatico alla campagna per il ritiro del disegno di legge Pillon che sta accendendo indignazione e proteste in tutta Italia.
I contenuti principali della proposta, che vuole modificare le leggi che oggi disciplinano separazioni e divorzi, sono: abolizione dell’assegno di mantenimento, affidamento paritario dei figli (con un minimo di 12 giorni al mese con lo stesso genitore), obbligo per tutte le coppie con figli minori di ricorrere alla mediazione legale prima di avviare l’iter della separazione, definizione preventiva di tutti i dettagli relativi a scuole, corsi, attività e vacanze dei figli.
Gli addetti ai lavori – avvocati, giudici, psicologi – sono in grandissima maggioranza contrari a questa proposta che fa aumentare i conflitti tra i coniugi e dilatare i tempi delle separazioni (di fatto ostacolandole o impedendole), che penalizza le donne, che tratta bambini e bambine come pacchi da spostare in base alle esigenze degli adulti.
“In Italia la differenza di reddito tra uomini e donne è enorme e molte madri lasciano il lavoro dopo la nascita del secondo figlio” ha rilevato Giovanna Fantini, avvocata e delegata alla Cassa Forense. “Come faranno? Anche i costi della separazione aumenteranno con la mediazione obbligatoria di un legale. E poi: che cosa succederà alla vita quotidiana dei figli quando i genitori abitano lontani o in due città diverse? Dove andranno a scuola? Dove svolgeranno le attività extrascolastiche?”.
“Oggi il ‘superiore interesse del minore’ nella separazione, previsto dalla Costituzione, viene valutato dal giudice caso per caso, in base alle esigenze di ogni singolo ragazzo o ragazza” ha sottolineato Grazia Cesaro della Camera minorile di Milano. “ Con questa legge il giudice perde ogni potere discrezionale. Andiamo verso l’Ungheria e la Turchia, dobbiamo fare una vera e propria battaglia culturale”.
Altri interventi, come quelli di Roberta De Leo, avvocata del Soccorso Violenza Sessuale e Domestica, e di Manuela Ulivi, avvocata della Casa delle Donne Maltrattate, hanno denunciato gli effetti pesantissimi sulla donne vittime di violenza domestica: “Quale donna potrebbe trattare con il marito violento prima di separarsi?”. Ed è noto che, in caso di violenza, è proprio la decisione della donna di separarsi che provoca il massimo di aggressività del partner.
Come spesso accade, la proposta del senatore leghista – che prende le mosse dai punti del contratto del Governo giallo-verde sul diritto di famiglia – finge di cavalcare un’emergenza che non c’è. Oggi il 90% degli affidamenti dei figli è condiviso: era il 30% fino a pochi anni fa.
E, a proposito della difesa dei padri separati, che sembrerebbe essere uno degli obiettivi di Pillon, nella maggioranza delle separazioni consensuali l’intervento del giudice è necessario per aumentare i tempi di permanenza del figlio presso il padre, non contro la volontà della madre, ma contro la volontà del padre, che per lavoro o altri motivi non riesce occuparsi del figlio in modo adeguato. Piccolo dettaglio non secondario: Pillon è di professione mediatore legale!
Il movimento No Pillon chiede con nettezza il ritiro del disegno di legge. Non basta una modifica: tutti gli articoli di questo disegno di legge rientrano in una cornice che offende le donne, i diritti dei minori e la libertà delle persone nel decidere della propria vita.
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