Martedì 28 settembre 2021 – Incontro col CISDA: Coordinamento Italiano Sostegno Donne Afghane.
Vogliamo parlarne e pensare insieme a come mantenere una solidarietà con le donne afghane, che non sia affidata solo all’emergenza e che segua le indicazioni di chi è rimasto in contatto stretto e credibile con la situazione locale. Lo faremo quindi in un’ottica di solidarietà ma consapevoli che questa vicenda afghana è anche nostra ed è parte necessaria del movimento internazionale delle donne.
La segregazione e il genocidio afghano sono la loro versione dell’odio contro le donne e contro la loro libertà, l’aumento vertiginoso dei femminicidi in Italia in questi tempi sono la nostra versione.
In Afghanistan è in scena tutta l’arroganza e la certezza di sé del patriarcato puro e senza veli. Si rivela il nesso diretto tra la distruzione causata dalla guerra, da ogni guerra, in quanto prodotto ed essenza del patriarcato; si rivela quanto l’odio per le donne sia internazionale e transnazionale. Se in tutte le guerre le donne patiscono il peggio, in quel Paese le donne vengono direttamente perseguitate ed eliminate in quanto tali, fisicamente e culturalmente.
L’invasione dell’Afghanistan da parte degli USA e dei Paesi NATO è stata un gigantesco fallimento, lo sappiamo. L’intera popolazione è alla fame e la “liberazione delle donne” la vediamo in questi giorni: l’87% delle donne afghane è ancora analfabeta; le donne che hanno avuto la possibilità di studiare e lavorare costituiscono un’esigua minoranza usata dall’Occidente per dimostrare il successo dell’occupazione e oggi sono le vittime più ricercate.
Se il pretesto della liberazione delle donne per giustificare l’invasione avesse avuto qualunque reale fondamento, oggi qualche governo dovrebbe almeno riconoscere che è in atto un vero e proprio genocidio di donne, senza veli etici o razziali, e dovrebbe prendere qualche misura esplicita e visibile che lanci ai Talebani un messaggio.
Al contrario, i governi europei e di tutto il mondo rimangono in un silenzio agghiacciante.
Questa situazione ci mostra inoltre tutta la nostra impotenza verso le istituzioni governative ed europee: ci fa misurare la difficoltà di qualunque interlocuzione. A chi possiamo continuare a chiedere embargo, non riconoscimento, corridoi umanitari? Chi ha il potere di agire? Di tutto questo discuteremo nell’incontro con il CISDA.