di Lea Melandri
(Neri Pozza Editore, 2017)
Lea Melandri è una ricercatrice della lingua: “Alfabeto d’origine” raccoglie alcuni suoi scritti, articoli della rivista Lapis, prefazioni di libri, lezioni, riflessioni, dalla fine degli anni ‘80 al 2017.
In essi sonda l’emergere in lei della scrittura, nel percorso che la porta dalle campagne dure, fatate e scabre della Romagna all’approdo nel 1967 a Milano, fuga e insieme nuova nascita nel vivo del fermento di quegli anni. E da li, dal’educazione antiautoritaria, a un ininterrotto impegno e lavorio nel campo che si apriva dell’esplorazione femminile: a partire dall’esperienza dell’autocoscienza, che diviene base, metodo nuovo di avvicinamento a un sapere, in sé e fuori, che cerca di liberarsi da schemi prefissati, portando in luce il sentire e gli eventi dell’’esperire, della storia individuale, un porsi nell’interezza di corpo-pensiero.
A partire dall’oralità, dal narrarsi e dalla sua condivisione, che lo rende già storia collettiva fino a una scrittura che conia le nuove parole per renderlo visibile: una “scrittura d’esperienza” che permette di riconoscersi nel proprio movimento interiore, che fuori ed oltre i linguaggi già dati dalla cultura, che le fanno da barriera, muova nuova conoscenza. ”imparare la lingua ibrida del mondo interno, sfatarlo dei suoi miti, scoraggiarne il silenzio, riconoscere i ‘tesori di cultura che nasconde, dare un nome alle ‘cose che non siamo stati ancora capaci di nominare “(p.121)
Una scrittura che diviene viaggio, sentiero, dentro e ai confini di corpo e mente, inconscio e coscienza, sogno e realtà, un intimo immaginario e sentire che rende più ampio il reale e più pregnante la parola. Divenuta luogo che, oltre ogni codificato dualismo, può esplorare la diversità, cogliendo nuovi nessi, che aprano a forme più libere e più creative nell’agire e nell’esprimersi.
«L’abitudine a scavare dentro i testi, a scomporli in frammenti, a ricalcarne le orme fino a perdersi, per poi aprire un solco e rileggere sé e l’altro con un’autonomia prima sconosciuta, è la lezione più originale e duratura del femminismo e delle sue pratiche..» (p.124).
Decostruzione, attraversamento delle rappresentazioni del mondo, nella consapevolezza dei molti volti con cui la donna è stata identificata, per districarsi nella foresta di simboli, maschere, una «dispersione del senso… per avvicinarsi a una percezione più reale di sé» (ibidem), della propria autentica molteplicità.
«…ritrovare la compagnia di sé stesse…lavorare alla propria resurrezione», diviene pratica delle donne per una scienza dell’individuo, che sia amore e storia, libertà e comunanza, una ricerca inesausta per la coscienza di oggi.
Lea Melandri tiene corsi presso la Libera Università delle Donne di Milano, di cui è stata promotrice insieme ad altre fin dal 1987 e di cui oggi è presidente.
Rita Bonfiglio