Erano molte le donne davanti al Campidoglio l’11 marzo. Molte nonostante i distanziamenti, e molto combattive e appassionate per dire no alla “Memoria di Giunta” arrivata il giorno prima, che di fatto mette a bando lo spazio del Buon Pastore in cui da decenni opera la Casa Internazionale delle Donne di Roma.
L’appello che le donne della Casa di Roma hanno rivolto alla Sindaca Virginia Raggi è lo stesso che rivolgiamo al Sindaco Giuseppe Sala e alla Giunta milanese: “Le Case delle Donne non sono solo luoghi dove si erogano servizi ma luoghi autogestiti, di democrazia e di cittadinanza attiva, luoghi della cultura delle donne e dell’inclusione sociale, delle pratiche fra donne e a favore delle donne, dove si combatte la violenza maschile e si sviluppa una nuova cultura che ha le radici nella libertà, dove si dà spazio alle libere soggettività e si lavora alla coesistenza delle differenze, dove si promuovono i diritti e le libertà delle donne. Le Case delle Donne sono luoghi del pensiero e delle pratiche femministe”.
La situazione e la storia della Casa Internazionale delle Donne di Roma è diversa da quella della nostra Casa di Milano ed è utile ricordarla.
Nell’ottobre 2020 un emendamento alla Finanziaria, frutto di una grande mobilitazione delle donne in tutta Italia e dell’intervento attivo di un gruppo di donne parlamentari, ha stanziato 900 mila euro per ripianare il debito contabile accumulato negli anni dalla Casa di Roma, debito contestato dalle donne perché calcolato su un affitto esorbitante che non teneva in nessun conto la lunga storia di attività e presenza della Casa.
L’11 marzo era stata indetta una conferenza stampa perché, nel consegnare la somma, la Casa delle Donne chiedeva alla Sindaca Raggi di incontrare le sue rappresentanti per ristabilire la convenzione scaduta da oltre due anni e per assegnare lo spazio della Casa in comodato d’uso, come prevede un altro articolo della Legge di Bilancio 2020.
Il giorno prima della conferenza stampa, la Sindaca e le assessore al patrimonio e alle politiche sociali hanno fatto approvare una “Memoria di Giunta” con la quale si prevederebbe sì il comodato d’uso di un certo numero di luoghi per le donne (compreso quello in cui ha sede la Casa Internazionale) ma nella forma di centri servizi e sulla base di un bando. Questo è stato interpretato come una provocazione e un avviso di sfratto.
“Il comodato d’uso deve servire per aprire nuovi spazi, non per chiudere quelli che ci sono e funzionano” scrive la Casa Internazionale. “Cosa farà il Comune di Roma nelle more del bando? Chiuderà i servizi, la biblioteca, l’archivio, lo sportello sociale, le consulenze sanitarie, psicologiche e legali, lo spazio per i bambini? Terrà tutto chiuso, in modo che anche il Buon Pastore, mantenuto dalla fatica delle donne che lo gestiscono e lo hanno gestito anche durante la pandemia, finisca nell’abbandono e nel degrado, come le parti di quello stesso edificio che il Comune già adesso gestisce e sono tuttora desolatamente vuote?”.
La manifestazione dell’11 marzo a Roma, cui hanno partecipato anche diverse parlamentari e assessore della Regione Lazio, è un primo momento di una mobilitazione che coinvolge tutte le Case e le associazioni delle donne.
“La Casa siamo tutte” è la parola d’ordine cresciuta negli anni scorsi intorno alla Casa Internazionale di Roma. “Le Case siamo tutte” sarà quella che porteremo avanti insieme.