di Mariam Irene Tazi-Preve
(Vanda Edizioni, 2020)
Riprendiamoci la maternità che ci è propria!
“Il saggio propone un’interessante critica al concetto di maternità elaborato dai padri – scrive Angela Giuffrida nella prefazione – …Come novella Arianna l’autrice ci fa ripercorrere il labirinto nel quale siamo intrappolate dall’avvento del patriarcato… stendendo un filo utile per il ritrovamento dell’uscita.” La tesi è che l’odierno concetto di maternità, che chiama “maternità patriarcale” si fonda sul “matricidio storico” avvenuto in tutti i campi, dal mito alla scienza, al pensiero, alla politica, alla religione… La madre fisica permane come “fattrice, nutrice, lavoratrice ma i vincoli e le coercizioni cui è sottoposta sono il risultato di una violenta trasformazione”. Anche la seconda ondata del movimento delle donne non ha portato a sostanziali cambiamenti, sono necessari nuovi strumenti analitici, che vadano oltre alla visione di un destino di madre vincolato alle premesse economiche della vita familiare e della forza lavoro e che prendano in considerazione la realtà della gravidanza, della nascita, della cura, dal punto di vista effettivo e pregnante del vissuto delle donne, tuttora invisibile al sistema. Il donare materno (Vaughan 2007, 2015) non è riconosciuto come tale e pertanto risulta inesistente ma sfruttato a livello politico ed economico.
L’autrice si richiama alla Teoria critica del patriarcato delle ricercatrici della Scuola di Innsbruck, secondo cui lo scopo finale della politica, dell’economia e della società patriarcale è la costante distruzione della natura e dell’umano verso una ri-creazione artificiale ipoteticamente migliore, attuata con il dominio. Vede nel pensiero foucaultiano applicato alla teoria femminista, uno spodestamento, il pensiero di Judith Butler sulla performatività di genere “negando che ci sia alcunchè di naturale nel corpo femminile” rischia di rendere “impossibile parlare di donne in senso collettivo”. Ormai accettata nell’ambito accademico degli studi di genere, ha prodotto una svolta
verso l’individualizzazione del “problema femminile”, consapevolezza della singolarità ma anche rischio di dare un contributo “al progetto patriarcale dell’abolizione della madre”. Madre ridotta già a ingranaggio del sistema neo-liberista, che ha portato alla meccanizzazione degli esseri umani e del vivente, e alla macchina-famiglia in cui la sua figura è sempre più stretta fra i ritmi di lavoro, scolastici, di cura e bisogni sociali di ogni tipo dei figli. Senza riconoscimento reale e libertà del proprio tempo, colpevolizzata anche per eventuali problemi educativi e di crescita. È un processo che ha minato lo spirito di comunità, e la capacità delle madri di creare cultura materna, di tessere
reti costantemente, reti di emozioni-condivisioni con le figlie/i, le amiche, gli affetti, che ha creato una madre isola, vulnerabile, controllabile…
Se la ginecologia è la lunga storia della sottrazione alle donne del processo del parto e dell’aiuto delle levatrici, le TR, le nuove tecnologie riproduttive amplificano l’aspetto divisivo della maternità in funzioni, “la madre genetica che fornisce l’ovulo, la madre surrogata che porta avanti la gestazione e la madre sociale che cresce il bambino. Oltre a inserirsi perfettamente in un sistema economico elitario e redditizio.
Miriam pone un’alternativa, e un appello per costruire un movimento, Maternità Matrilineare ORA andando a riprendere i modelli antichi di matrilinearità, che ancora esistono in alcune zone per lo più isolate, fra i Moso, sud della Cina o i Khasi dell’India nord-orientale… Un’idea concreta di riattivazione della maternità come principio di cura collettiva, nella comprensione e nel rispetto del tempo materno della gravidanza e della nascita, del loro essere “incarnazione di uno stato di connessione”, nell’unitarietà della persona. Le comunità tuttora matrilineari si basano sulla solidarietà del clan legato alla madre e a tutta una rete di relazioni comunitarie e lasciano alla libertà
individuale il desiderio e la pratica amorosa. Una proposta su cui interrogarsi nel confronto verso la costruzione di una “società incentrata sulla donna e sulle sue funzioni naturali e pacifiche”.
18 gennaio 2022
Rita Bonfiglio