di Marilena Salvarezza.

Che cosa ci hanno insegnato i movimenti delle donne iraniane e del popolo iraniano degli ultimi sei mesi? Qual è ora la situazione? In che modo rappresentano la punta emergente di un vasto movimento femminile che va dalla Turchia, all’Afghanistan, dalla Siria al Kurdistan? Ne parliamo con Grazia Villa, avvocata esperta di diritti umani e membro dell’Associazione Rosa Bianca, nell’incontro Donne vita e libertà del 25 maggio 2023 alla Casa delle Donne di Milano, via Marsala 10, dalle 17:30 alle 19:30.

A partire dal settembre del 2022, in seguito all’uccisione di Jina Mahsa Amini, si sono susseguite in Iran mobilitazioni di donne, ma anche di tutto il popolo, contro la dittatura teocratica patriarcale che dura da 44 anni. Le donne sono state il fulcro di questa ribellione potente e ne hanno pagato il prezzo più alto con carcere, torture e uccisioni.

Gesti semplici come togliersi il velo sono diventati emblematici e puniti crudelmente proprio per la loro valenza simbolica. Gesti semplici, ma di radicale opposizione alla repressione spietata agita sui corpi femminili come monito per reprimere ogni forma di libertà e di scelta.

L’opposizione totalmente pacifica si impone con la forza dei suoi simboli ed esprime il desiderio insopprimibile di vita e di gioia contro un regime diventato sempre più mortifero. La lotta delle donne iraniane, inedita eppure legata a una storia lunga di battaglie, si è innervata con gli esempi delle donne curde in Turchia e in Siria e, ancora più indietro, si è saldata all’attivismo femminile che in Iran è nato nel 1906 e ha avuto momenti alti come nel 1979.

La sua coraggiosa determinazione ha fatto da lievito al profondo malcontento della popolazione, giovane e meno giovane, femminile e maschile. L’uccisione di Jina Mahsa Amini ha saldato genere ed etnia (curdi, arabi, beluci, turchi), ha creato ha creato alleanze tra minoranza religiose e di genere. I corpi stessi e la rivendicazione di averne il controllo sono diventati avamposti di resistenza contro una mistura perversa che unisce patriarcato, religione, illiberalità. I codici di abbigliamento sono uno degli strumenti cardine dell’oppressione.

Una terribile repressione ha fermato, ma non piegato, il movimento che mostra ancora la sua vitalità in Kurdistan e in Belucistan. Il 15 marzo 2023 undici morti e 3.500 feriti sono il bilancio di una manifestazione durante una festa religiosa. In sei mesi dall’inizio della lotta più di mille donne hanno avuto problemi fisici di vario tipo e 400 persone sono state giustiziate.

Telecamere installate ovunque, divieto di accesso ad Internet sono l’arma digitale del controllo totale su corpi e menti.

Parliamone per mantenere viva una forma di resistenza che può essere d’esempio per tutte.

Durante l’incontro il Coro della Casa delle Donne di Milano, diretto da Anna Teresa Dell’Orto, canterà alcune canzoni del suo repertorio.

Info: librarsi@casadonnemilano.it