di Angela Giannitrapani.
Emozioni, emozioni forti durante il sabato di Bookcity 2024 alla Casa (16 novembre 2024). “Guerra e pace”, focus della manifestazione di quest’anno, è stato declinato sul conflitto Israele-Palestina. Scontato, si direbbe, ma c’è stato poco di scontato nelle parole, nelle testimonianze, nelle conoscenze che hanno circolato nello Spazio da Vivere. Neanche i toni sono stati scontati. Certo, è unanime la condanna per una strage tremenda contro la popolazione palestinese e per la minaccia di un annientamento che la comunità internazionale non riesce neppure ad arginare. Ma sulla rabbia e sulla polemica politica ha prevalso, nel racconto delle relazioni tra persone dei due popoli, la ricerca della comprensione e della convivenza. I tre incontri sul tema sono stati attraversati da occhi attenti, critici, sì, ma sempre accompagnati dalla volontà del confronto tra le parti, alimentata dalla narrazione reciproca e dall’azione congiunta di gruppi misti israeliano-palestinesi, minoritari ma tenaci.
Si scopre così un mondo di associazioni, di gruppi, di organizzazioni che vanno a sommarsi a quelli storici, già noti. Prospettive plurime che non implicano facili soluzioni, che tendono a sovvertire lo sguardo binario e a disegnare un pensiero che va oltre la guerra e una pace siglata a tavolino dalle autorità o, peggio, da una sola autorità. E quando a una di queste associazioni è stato chiesto se stanno lavorando per la soluzione di “due popoli, due stati” inaspettatamente è stato risposto che non lo sanno: confidano che i popoli possano proporre soluzioni che vadano bene ad entrambi.
Questa è stata la risposta di Eszter Koranyi, co-presidente israeliana di Combattenti per la Pace, il primo incontro della giornata. Si attendeva anche la co-presidente palestinese Rana Salman che invece, per una serie di rallentamenti agli aeroporti che ha dovuto attraversare, non ha fatto in tempo a essere con noi. Ma non si può certo dire che Eszter sia stata di parte e, benché nessuno possa sostituire la voce di un altro specie se di nazionalità diversa, non abbiamo avuto un racconto ristretto, a cominciare dalla sua complessa biografia che dall’Ungheria l’ha portata in Israele, dove per lei ha avuto senso impegnarsi per la collaborazione tra le due parti prima ancora di ottenere il passaporto israeliano. Lo ha dimostrato non solo nell’impegno in Combattenti per la pace ma anche nella vita privata, a cominciare dalla scuola bilingue palestinese-israeliana scelta per sua figlia di comune accordo con il marito israeliano.
Aveva già aperto l’incontro Claudia Pinelli, figlia di Licia appena mancata, che ha riferito sull’attività pluridecennale di Assopace Palestina.
Nel secondo incontro, le parole delle narratrici di entrambe le nazionalità hanno confermato il disagio di un pensiero binario e di contrapposizione. Come sanno fare loro: con le storie che, se pur trasposte in narrativa, partono spesso da fatti di cronaca. Monica Ruocco, traduttrice di Un dettaglio minore di Adania Shibli, ci ha trasmesso l’impegno che ha profuso nel tradurre l’arabo dell’autrice, il rispetto della singola parola per non tradire e non ridurre, ma per dare alla parola e alla frase tutta la pienezza metaverbale che la cultura di un popolo profonde nella sua lingua nei secoli. Nella sua conoscenza del mondo arabo e della sua letteratura è profondamente afflitta per quanto sta accadendo in quelle terre ma soprattutto per quanto non stia accadendo nel mondo occidentale davanti a una tale tragedia.
Il suo scoramento e annichilimento è assai motivato e condiviso da molti di noi, compresa me.
Ma devo ammettere che ieri ho respirato aria nuova e, nonostante sappiamo che i percorsi illustrati ieri sono faticosi e di difficile realizzazione, che potrebbero non influire in modo determinante sulla macrostoria o chissà quanto tempo impiegherebbero a farlo, non possiamo ignorare queste esperienze perché si stanno moltiplicando e dobbiamo conoscerle e averne rispetto. Non è facile colloquiare in un gruppo misto, non è facile per dei veterani dell’esercito israeliano breaking the silence (cfr. Breaking the Silence), rompere il silenzio anzi è pericoloso come ogni atto di dissenso oggi in Israele. Ma, come ci ha detto Bianca Ambrosio, è una realtà operante.
La voce delle donne nella letteratura israeliana è forte e vitale e spesso critica, come ci ha confermato la professoressa Sara Ferrari. Aver messo a confronto Adania Shibli e Dorit Rabinyan con il suo Borderlife ha significato percorrere lo stesso cammino articolato e dialettico attraverso la narrativa.
Alessandra Mecozzi non ha interrotto di certo questa scelta collettiva nell’ultimo incontro della sera, con il suo Palestina Israele, parole di donne curato insieme a Gabriella Rossetti. Nel libro ha raccolto interviste a una musicista, a un’attivista, a giovani giornaliste palestinesi; ma anche all’avvocata che difende i diritti dei palestinesi nelle corti israeliane, un’attivista contro le violenze dell’esercito, una pedagogista contro gli stereotipi verso la popolazione palestinese nel sistema educativo israeliano, tutte israeliane. E infine alcune attiviste italiane.
Dalle testimonianze è emerso un altro elemento determinante per intraprendere questi percorsi in sincerità e onestà: la maggioranza delle intervistate è partita da sé e dal senso della propria vita, confermando la potenza di una autocoscienza e di uno stretto intreccio tra personale e politico, un itinerario ormai patrimonio delle donne che fa la differenza rispetto a posizioni sterilmente ideologiche. E se, nonostante tutto quello che abbiamo sentito, permane un legittimo pessimismo dobbiamo ripetere la frase ricorrente sentita in ognuna di quelle testimonianze, anche se difficile e apparentemente ininfluente: non c’è altra strada. E si vela anche di una debole ma coraggiosa speranza.
Mille grazie alle nostre socie che hanno progettato, organizzato, trovato i contatti con le preziose interlocutrici: Vittoria Longoni, Bruna Orlandi, Filomena Rosiello, Marilena Salvarezza; alle bravissime Tania Di Domenico e Laura Marinoni per le loro coinvolgenti letture.
Grazie anche alle versatili ‘technologiche’ Luisa Cetti e Isabella Bogni, Antonella Eberlin e Parisina Dettoni che hanno permesso audio, video e registrazioni. Al Gruppo Apriamo e al Bar, sempre accoglienti e alla Casa tutta, per aver aperto e essersi aperta a un grande pubblico che con gli applausi ma soprattutto con un attento e pensoso silenzio ha confermato quanto bisogno si senta di riflessione e confronto pacifico.
Qui di seguito due link inviatici da Combattenti per la Pace tramite Pressenza – Agenzia di Stampa Internazionale:
– Il primo riguarda anche il nostro incontro di sabato: https://www.pressenza.com/it/2024/11/estzer-koranyi-dei-combattenti-per-la-pace-se-non-ti-attivi-per-la-pace-ti-sei-gia-rassegnato-alla-guerra/
– Il secondo riguarda invece l‘incontro a Torino alla presenza di Rana Salman: https://www.pressenza.com/it/2024/11/la-pace-e-la-via-il-tour-delle-co-direttrici-di-combattenti-per-la-pace-a-torino/