di Grazia Longoni.

Molto intensa e partecipata, alla Casa delle Donne di Milano, la Giornata contro la violenza del 25 novembre 2022. Un venerdì speciale, che ha accolto nello Spazio da Vivere di via Marsala, dal mattino a sera inoltrata, un flusso continuo di persone.

Socie e simpatizzanti, amici della Casa, una classe di scuola media di Brugherio, gruppi di Qi Gong, Pilates e Feldenkreis, ragazze e insegnanti della nostra Scuola di italiano per donne straniere, la Bibliomediateca aperta per condividere testi sulla violenza.

E ancora artiste, donne ucraine e iraniane che hanno portato le voci e le proteste dei loro Paesi, avvocate, esperte di accoglienza delle donne vittime di violenza, fino alla coinvolgente conclusione in musica con Checcoro, l’applauditissimo coro Lgbtq di Milano.

 

25 Novembre

Il dibattito sulla “vittimizzazione secondaria” il 25 novembre.

Sul piano dei contenuti della Giornata, i temi dominanti sono stati la “vittimizzazione secondaria” e gli orfani e le orfane di femminicidio. Li hanno affrontati, in un incontro nel tardo pomeriggio, le avvocate civiliste Manuela Ulivi, che è anche presidente della Casa delle Donne Maltrattate (Cadmi) e Maria Grazia Russo, collaboratrice dell’associazione Cerchi d’Acqua, la responsabile dell’accoglienza per Cerchi d’Acqua Nora Raffaela Addamo, insieme a Filomena Rosiello, copresidente della Casa e attiva in molte iniziative antiviolenza.

Che cos’è la vittimizzazione secondaria lo ha spiegato l’avvocata Russo. “Pensiamo a una donna che ha avuto il coraggio di denunciare il suo maltrattatore, di solito il marito o il compagno, che ha affrontato angosce e rischi personali, che ha chiesto aiuto a un centro antiviolenza e alla fine di un percorso sofferto arriva in un’aula di giustizia. Qui si trova a essere messa sotto esame, non creduta, equiparata di fatto al maltrattatore perché nei Tribunali non si parla di violenza ma di ‘alta conflittualità’ tra due persone sullo stesso piano”.

Le relatrici sulla violenza contro le donne.

Le relatrici Filomena Rosiello, Manuela Ulivi, Maria Grazia Russo e Nora Addamo (Foto Carla Bottazzi)

Non solo. Di solito il magistrato delega ai servizi sociali o ai consulenti d’ufficio – spesso non adeguatamente formati a riconoscere la violenza – il giudizio sul comportamento della donna, per esempio come madre. “Se i figli rifiutano di incontrare il padre violento, perché hanno assistito ai maltrattamenti o perché si pongono emotivamente in difesa della madre, è la donna che viene accusata di averli istigati, di essere malevola o possessiva”.

E la difesa dell’accusato è pronta a invocare la presunta ‘alienazione parentale’ di cui spesso si è parlato sui media. “In realtà” ha concluso Russo “il magistrato potrebbe e dovrebbe ascoltare i figli, ma in genere non lo fa, o delega. E l’accusa di alienazione parentale si ripercuote contro la donna”.

La giornata contro la violenza alla Casa di via Marsala

25 novembre 2022 alla Casa (foto Livia Sismondi)

Manuela Ulivi parte dalla constatazione che l’Italia è stata ripetutamente condannata dalla Corte Europea per i diritti umani, l’ultima volta in questo mese di novembre quando una madre, che era stata obbligata far incontrare i figli con un padre visibilmente aggressivo e violento e aveva per questo protestato, è stata privata della responsabilità genitoriale.

“Da anni la legge ha introdotto il principio della bigenitorialità e dell’affido congiunto nei casi di separazione, cosa che di norma non crea problemi se i genitori sui figli trovano un accordo” ha detto Ulivi. “Il problema sorge quando l’uomo vuole affermare un principio di autorità in modo pretestuoso, per imporre le sue condizioni, per disturbare le scelte e la vita della donna. Quello che ci fa rabbia è che in queste condizioni i giudici spesso non riconoscono il sopruso nei confronti della donna”.

Un altro riscontro viene dai rapporti della commissione internazionale Grevio che ogni sei mesi verifica nei diversi Stati il rispetto della Convenzione di Istanbul sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne. “Sia la Corte europea sia i rapporti Grevio indicano che le istituzioni italiane disattendono alcuni principi, per esempio sulla tutela dei diritti della vita privata e della famiglia. Oppure sul mancato rispetto della legge che vieta la mediazione tra i coniugi sui figli quando ci sono situazioni di violenza. Invece anche questa è una seconda violenza che le donne subiscono, sia nel confronto con i servizi sociali sia nei Tribunali”.

25 Novembre dibattito sulla violenza contro le donne

Nora Raffaela Addamo, di Cerchi d’Acqua (foto Carla Bottazzi).

Ci sono state, negli ultimi anni, iniziative di formazione rivolte alle forze dell’ordine, agli assistenti e ai servizi sociali, ai magistrati. “Hanno appreso che cos’è la violenza sulle donne, hanno gli strumenti per capire come funziona, però poi non la riconoscono” ha rilevato Nora Addamo. “Forse bisogna fare un lavoro formativo diverso, su come il tema viene vissuto, interiorizzato”.

Come operatrice dell’accoglienza, racconta le difficoltà che le donne incontrano nel percorso di uscita dalla violenza. “Uno dei nostri compiti più importanti è convincere le donne che hanno le risorse per fronteggiare la situazione che vivono. Invece, nelle istituzioni e nei servizi sociali troviamo tanti ostacoli, soprattutto quando ci sono dei figli minori. Per esempio viene chiesto alla donna di collaborare nella relazione tra i figli e il padre maltrattante. Insomma, dopo tanti passi avanti, le donne vengono rigettate indietro e questo è frustrante anche per noi. Loro si scoraggiano. Già hanno paura del maltrattante, non devono avere paura delle istituzioni”.

Un secondo tema è stato quello delle iniziative per gli orfani e le orfane di femminicidio. Nel 2015 è stato lanciato un primo progetto europeo. Successivamente, nel 2018, una legge italiana (la Legge 4) ha riconosciuto il tema e creato un fondo che consente ai figli delle vittime e alle famiglie che li hanno in affido di accedere a varie prestazioni, come il sostegno economico, lavorativo e anche giuridico, per esempio per poter cambiare il cognome dei figli, che è in genere quello del femminicida.

Da qui è nato il progetto “Orfani di femminicidio, vittime invisibili” che dall’agosto 2021 è stato varato da quasi tutte le Regioni. In Lombardia l’associazione Cerchi d’acqua sta collaborando alla mappatura di circa 83 orfane e orfani. “Abbiamo scoperto che molti orfani e molte famiglie affidatarie non sono neanche a conoscenza dei loro diritti” racconta Addamo. “Offriamo assistenza legale e sostegno psicologico, perché molti minori hanno assistito alla morte della madre. Il progetto prevede anche iniziative di sensibilizzazione nelle scuole e nella rete sociale intorno agli orfani e alle famiglie, oltre a corsi di formazione per giornalisti e giornaliste sull’importanza del linguaggio nella narrazione del femminicidio”.

Manuela Ulivi ha sottolineato quanto stravolgenti siano queste tragedie familiari: di fatto i minori perdono improvvisamente entrambi i genitori, perché il padre a volte si suicida o comunque finisce in carcere.  “La buona Legge 4 del 2018, pur ancora priva di circolari applicative che provocano ritardi, prevede tra l’altro la possibilità di sequestrare i beni del colpevole e, per i figli che lo desiderano, di cambiare cognome. Esiste anche un indennizzo, previsto da una legge 2016 che riguarda figli e figlie delle vittime di reati violenti. Ma molte famiglie affidatarie non ne fanno richiesta perché non lo sanno. Di qui l’importanza di far circolare le informazioni”.

L’incontro si è concluso con la disponibilità della Casa delle Donne a ospitare in qualunque momento le Associazioni antiviolenza e le iniziative di informazione e mobilitazione sui temi sollevati.

Checcoro, il coro Lgbtqi di Milano

Il Checcoro, coro Lgbtqi di Milano, ha concluso in musica il 25 novembre alla Casa di via Marsala (foto Carla Bottazzi).