di Paola Melchiori.
Bianca Pomeranzi se ne è andata, nel suo modo di combattente. Ci siamo reincontrate dopo tanto tempo in occasione dei tentativi di riflessione e mobilitazione sulla guerra in Ucraina, ritrovando tutto il sapore delle vecchie condivisioni. Bianca trasmetteva sempre, insieme alla sua passione di pensiero e politica, un’affettività rude, profonda e il piacere dichiarato di ritrovarsi – a dispetto dei periodi di silenzio e delle strade diverse percorse nel frattempo.
Ho conosciuto Bianca negli anni ottanta, quando eravamo in poche a condividere la passione per i femminismi diversi del mondo, ai tempi delle conferenze Onu sullo Sviluppo Umano, culminate nella Conferenza delle Donne di Pechino, quando i movimenti delle donne accompagnavano gli incontri ufficiali con lavoro di lobby, discussioni e confronti senza fine.
Bianca portava avanti una sua scommessa: gettare dei ponti tra i movimenti e le istituzioni, forzare le istituzioni della cooperazione internazionale a legittimare le lotte e le pratiche dei movimenti delle donne, a dare loro valore e strumenti di riconoscimento. Lei non ha mai smesso di scommetterci con rigore, passione e anche rabbia e scoraggiamenti, prima nel suo lavoro alla Cooperazione internazionale del Ministero degli Esteri italiano poi al Comitato CEDAW di Ginevra.
Ora, con il riemergere violento e potente del passato che si verifica quando la morte di una persona cara lo cristallizza e gli sottrae la sua dimensione temporale, mi si affollano in mente immagini, espressioni, “momenti” del suo volto. Mi risuona nelle orecchie la sua voce, la sua risata, vedo i luoghi del mondo in cui ci siamo incontrate in varie fasi del lavoro comune, nelle conferenze, nei progetti di cooperazione, in Africa, Bangladesh, condividendo imprevisti, sorprese, difficoltà.
Ognuna di noi qui alla Casa delle Donne di Milano a alla Libera Università delle Donne ha certo condiviso aspetti diversi della sua militanza femminista. Penso però che tutte coloro che hanno lavorato con lei abbiano vissuto la passione condivisa, le notti a discutere, le confidenze, la sua capacità di accudimento in situazioni difficili.
A partire dalla parola d’ordine “riprendiamoci la notte” da lei coniata negli anni settanta per opporsi alla violenza contro i corpi delle donne, non so quanti progetti “impossibili” siano passati per la decisione di Bianca Pomeranzi.
Non possiamo che esserle grate per questa sua scommessa, non necessariamente allora da tutte condivisa ma che sempre apriva spazi, tentativi, strade.
Grazie Bianca.