“Commoventi”. “Bellissime”. “Potenti”.“Piene di una grazia e di una purezza che oggi mancano”. Erano emozionati i commenti del pubblico – numeroso, molti anche gli uomini – che hanno accolto la performance collettiva di sette fotografe venerdì 31 gennaio alla Casa delle Donne, primo evento del palinsesto “Creativa 2020. I talenti delle donne” promosso dal Comune di Milano.
Il Collettivo Donne Fotoreporter, di cui tutte hanno fatto parte tra il 1976 e il 1980, non c’è più. Nemmeno su internet. Ma è bastato che una di loro, Giovanna Calvenzi, photo editor di professione, pubblicasse la foto del gruppo sul suo profilo Facebook per ricevere centinaia di mail.
Memoria, nostalgia? Ma di che cosa? Forse di un periodo in cui anche fare fotografia poteva essere un momento collettivo. In cui “si documentava un mondo creato da noi”, quando “al sabato andavamo in manifestazione a fare le foto, la domenica le stampavamo e il lunedì andavamo a venderle ai giornali”. Un mondo in cui bastava mettere un biglietto in portineria per farsi aprire le porte degli appartamenti e lì scattare istantanee di donne di ogni età e ceto sociale, nei gesti quotidiani di un ruolo, quello casalingo, che appartiene a tutte.
Proviamo a raccontarla, l’affascinante semplicità delle immagini che scorrevano sullo schermo dello Spazio da Vivere di via Marsala, tratte dalla mostra Una nessuna centomila realizzata dal Collettivo nel 1980.
Liliana Barchiesi usa il pretesto degli elettrodomestici, aspirapolvere, scope elettriche, frullatori, lavatrici, per entrare in relazione con donne sconosciute e ritrarle nella solitudine del rito del mattino, tra gli arredi della cucina o del soggiorno.
Kitti Bolognesi fa parlare un oggetto molto amato e che molto dice delle donne, la scarpa. Ciabatte, pantofole, ballerine, infradito, sneakers, piedi nudi, ma anche decolleté, scarpe “per uscire”, tacchi alti per la sera.
Giovanna Calvenzi ha scelto i grembiuli, a volte semplice protezione degli abiti, altre volte indossati con un pizzico di civetteria, in una carrellata ambientata soprattutto nelle cucine.
Marisa Chiodo si è concentrata sulle camicie da notte e ci offre immagini di letti e camere da letto, in un’intimità semplice e divertita, qualche volta ironicamente allusiva ma “mai sexy”.
Marzia Malli ci parla del tempo libero: donne che cuciono, curano le piante, si sdraiano tra dischi in vinile, si accoccolano su una poltrona per leggere. Il suo autoritratto è il riflesso, nel vetro del forno della cucina, di una donna seduta in attesa che la caffettiera sia pronta.
Laura Rizzi, allora diciannovenne, allinea in una serie di primi piani gli oggetti che riflettono l’ossessione materna per la pulizia: stracci, scope, barattoli di Sidol, scatole di detersivi.
Infine, Livia Sismondi ritrae “il tocco finale”, quel gesto particolare di rifare il letto, stirando con le mani una trapunta, aggiustando il copriletto, controllando la piegatura sui cuscini.
Nell’insieme, una sorta di catalogo della quotidianità femminile che molto racconta della donna e del suo ruolo, in casa e non solo. “Qui non c’è l’ego della fotografa” ha concluso Calvenzi. “Forse persino la qualità dell’immagine era per noi in secondo piano rispetto al progetto, all’indagine, alla ricerca di un metodo comune”.
Oggi molto è cambiato. Le fotografe, che quarant’anni fa si contavano sulle dita di due mani, sono numerosissime, ci sono la fotografia digitale, gli scatti con il cellulare, i social network, i selfie, la jungla del mercato editoriale e dei nuovi media. Ma la “forza delicata” di queste immagini ha ancora molto da dire, lo hanno sottolineato tutti gli interventi e il calore gli applausi. Le fotografe, come indica il loro ritrovarsi in un gruppo alla Casa delle Donne, hanno ancora voglia di confrontarsi su come porsi dietro l’obbiettivo e su come rappresentare le molte facce della realtà delle donne.
Grazia Longoni