GIOVEDÌ 26 FEBBRAIO 2015 ALLE ORE 18.30 alla Casa incontreremo Sondos Azza e Najwa Amro, due donne palestinesi che vivono nella città vecchia di Hebron sotto controllo israeliano e sotto continui attacchi dei coloni.
Sondos è una giovane studentessa e attivista del movimento “Giovani contro gli insediamenti YAS”; Naiwa, che ha marito e tre fratelli in carcere, lavora con le associazioni di donne. Sondos e Naiwa sono in Italia per presentare la quinta edizione di “Open Shuhada Street”, una campagna internazionale non violenta che ha lo scopo di ridare ai palestinesi il diritto di usare la strada principale di Hebron, chiusa dal governo israeliano dopo il massacro del 1994.
Consideriamo molto importante questo incontro perché ci permette di entrare in relazione con donne che vivono in uno dei luoghi più difficili del mondo, cercando di capire anche attraverso le loro testimonianze se è possibile ricostruire fra donne di diversi paesi un inizio di dialogo e di lavoro comune sui conflitti e sulle guerre. Un tema di cui alla Casa abbiamo iniziato a parlare e che pensiamo sia necessario approfondire e proseguire.
Cos’è Shuhada Street?
Shuhada Street è l’arteria principale di Hebron-Al Khalil, città palestinese della Cisgiordania, occupata nel 1967 da un gruppo di coloni ebrei e da allora divisa in H1, amministrata dall’Autorità Nazionale Palestinese, e H2, controllata dalle forze armate israeliane.
Il 25 febbraio 1994 il colono Baruch Goldstein, nato a Brooklyn, entrò con un fucile d’assalto nella moschea Ibrahimi, nel cuore di Hebron, e sparò sui fedeli in preghiera massacrandone 29 prima di essere picchiato a morte da coloro che erano riusciti a sfuggire alla sua pioggia di proiettili. Decine di palestinesi furono uccisi dalle forze di sicurezza israeliane nelle proteste in Cisgiordania che fecero seguito del massacro.
Dall’anno della strage della Moschea di Abramo la via è stata interdetta alla circolazione dei veicoli arabi. Nel 2000 una nuova ordinanza ha completamente proibito l’accesso anche ai pedoni palestinesi. Il piede palestinese non può toccare l’asfalto di Shuhada Street. Possono passarci solo Israeliani, civili e militari, internazionali, animali, ma non Palestinesi.
Questo è Apartheid.
In collaborazione con Assopace Palestina e Comunità palestinese di Lombardia