di bell hooks
(Meltemi, 2020)
Provvidenziale questa pubblicazione del settembre 2020 da parte di Meltemi nella collana “Culture radicali” curata dal gruppo Ippolita.
“Insegnare a trasgredire. L’educazione come pratica della libertà” di bell hooks è stato pubblicato negli Stati Uniti nel 1994, e anche se solo ora è stato tradotto in italiano, è comunque ancora di grandissima attualità specie in questo periodo pandemico e di lockdown, in cui la chiusura delle scuole e l’insegnamento a distanza sono al centro di un serrato dibattito.
L’autrice, afroamericana di origini proletaria, esponente del black femminismo, ci conduce attraverso la sua vita scolastica segnata dalla segregazione razziale, ma anche dalle delusioni incontrate nella scuola dell’integrazione razziale. “Nelle scuole bianche imparammo presto che ciò che ci si aspettava da noi era l’obbedienza e non la volontà zelante di imparare. La passione eccessiva per l’apprendimento veniva facilmente interpretata come una minaccia all’autorità bianca.”
E le delusioni continuano all’università dove le docenti bianche dei Women’s studies “non erano desiderose di coltivare l’interesse delle studenti nere per il pensiero femminista”.
Questo non impedisce all’autrice di diventare a sua volta un’insegnante, che partendo dalle sue radici nere, si afferma come esponente del pensiero femminista della “pedagogia radicale” e come propugnatrice dell’idea che “l’aula dovesse essere un luogo eccitante, mai noioso”
Eccitazione e divertimento nell’istruzione e nell’insegnamento visto “come atto performativo” che ci costringe a “coinvolgere il pubblico, a considerare la questione della reciprocità”
L’aula quindi diventa uno “spazio più radicale dell’accademia” dove si pratica “l’insegnamento che rende possibili le trasgressioni – un movimento contro e oltre i confini- per poter pensare, ripensare e creare nuove visioni. È quel movimento che rende l’educazione la pratica della libertà”
Insomma questo attualissimo testo scritto nel secolo scorso da bell hooks, grande intellettuale, attivista e femminista afroamericana, ci conduce con un linguaggio semplice e accessibile attraverso la teoria e la pratica di una pedagogia impegnata a costruire una comunità educante in un mondo multiculturale, una pedagogia femminista radicata nei Black studies e nel posizionamento di classe, e quindi intersezionale.
Una pedagogia tesa a realizzare un insegnamento che tenga conto del corpo e dei corpi, affinché apprendimento e insegnamento siano appassionati ed “erotici”. “Per riportare in aula la passione… i docenti devono ritrovare il luogo dell’eros dentro sé stessi e permettere alla mente e al corpo insieme di sentire e conoscere il desiderio.”
Giuliana Peyronel