Un viaggio appassionante tra le scrittrici italiane fortemente impegnate, durante e dopo la Seconda guerra mondiale, per la libertà delle donne e di tutti. E’ il libro “Parole armate” di Valeria Babini, edito dalla nuova Tartaruga e presentato il 26 marzo alla Casa delle Donne. Nel suo saggio Babini fa emergere in viva voce numerose scrittrici e giornaliste italiane (De Cespedes, Cialente, Garofalo, Banti, Bellonci, Ferro, Masini, Ginzburg e altre), fortemente impegnate durante la seconda guerra mondiale e nel dopoguerra.
L’autrice ha intitolato il testo “Parole armate” proprio per evidenziare che le loro parole sono “un’arma” potente nella lotta di liberazione e in quella successiva per l’emancipazione delle donne. Alcune di loro (De Cespedes, Cialente) conducono trasmissioni radio dirette a tutti gli italiani, uomini e donne, appellati con il titolo di patrioti. Patrioti e non resistenti perché si rivolgono a tutta la popolazione, potenziale portatrice di una nuova civiltà che deve sorgere dalla barbarie della guerra.
Dopo la guerra queste autrici – alcune delle quali ci sono state raccontate da Laura Lepetit, che le ha incontrate durante la sua avventura editoriale con la “vecchia” e gloriosa Tartaruga – continuano la battaglia in favore delle donne, che conquistano sì il voto ma in un clima generale di arretramento culturale.
Al tentativo di relegare nuovamente le donne al “loro posto” queste scrittrici impegnate lanciano un grido di dolore e rifiuto. In alcuni casi l’impossibilità di comunicazione con l’altro sesso che è insieme privata e sociale, porta a un estremismo simbolico anche nella scrittura: in “Dalla parte di lei” della De Cespedes e in “E’ stato così” della Ginzburg le protagoniste uccidono i loro mariti, non peggiori di altri, ma incapaci di comprendere i loro sentimenti e bisogni. I toni si fanno più amari, il linguaggio più secco e scabro, i contenuti più cupi.
La maternità è riconosciuta come centrale ma anche come limitante. La disillusione sostituisce la speranza: le voci non tacciono ma, con incisività e lucidità, riflettono questo clima ostile. E così il sogno d’amore, quel particolare slancio fusionale, quel rimettere a un altro la propria vita e felicità, proprio delle donne, è stigmatizzato come la faccia interiorizzata del patriarcato, come un limite profondo all’autonomia e alla coscienza di sé. Autrici e temi che Babini pensa utile trasmettere anche alle ragazze di oggi.
Interrogata sulla genesi di questo libro che intreccia storia, sviluppo sociale, letteratura e differenza di genere, l’autrice risponde che l’edizione finale è esattamente l’opposto del suo originario tragitto: partita dalla passione letteraria e indagando le autrici di cui tratterà nel testo, è arrivata in seguito alla intuizione di alcune posizioni, di alcuni parallelismi tra le scrittrici e della scoperta delle loro relazioni. Da lì è risalita al contesto storico e sociale che chi legge, invece, ritrova nelle prime pagine. In ogni caso, a noi sembra che è questo intreccio ricorrente che potenzia le singole voci e che fornisce originalità all’opera.
L’incontro, il secondo del ciclo “Donne tra Storia e Letteratura”, è stato seguito con attenzione e interesse, anche da parte delle partecipanti più giovani.
Marilena Salvarezza