La libertà dell’estate invita a immergersi nelle narrative più varie. Il testo di Viola Ardone “Il treno dei bambini”, Einaudi 2019 rielabora un’altra vicenda di bambini che a causa della guerra devono emigrare (magari solo per pochi anni) in nuovi contesti. Il libro di Camille Laurens “Figlia femmina” La nave di Teseo 2022, propone in termini autobiografici e narrativi le vicende delle donne francesi dagli anni Sessanta in poi. Per la delizia di chi ama insieme il giallo e l’autobiografia, ecco “Autobiografia di Petra Delicado” di Alicia Gimenez Bartlett, Sellerio 2021.
Seguiranno altre puntate estive. Continuate a seguirci sul sito della Casa delle Donne di Milano, potete contattarci all’indirizzo librarsi@casadonnemilano.it

Viola Ardone
Il treno dei bambini
Einaudi 2019

Il treno dei bambiniEcco il libro di un’altra autrice che ha costruito un romanzo sulle vicende di bambini trasferiti lontano dalle loro città per eventi di guerra. In questo caso i fatti sono relativamente più sereni: si tratta dei molti bambini che al termine della seconda guerra mondiale hanno lasciato le città del meridione d’Italia e di altre zone affamate e devastate della penisola per trascorrere un’infanzia più serena e meglio nutrita presso ospitali famiglie del Nord dotate di un relativo benessere e orientate a culture di sinistra.

I bambini sono partiti su treni organizzati soprattutto dall’UDI e dalle donne attive nella Resistenza, a cui il Partito ha delegato volentieri questo compito umanitario mentre le estrometteva pesantemente, per maschilismo, dalle decisioni politiche più impegnative.
Storie di rapporti positivi tra Nord e Sud della penisola, amicizie che si creano tra famiglie, bambini che tornano a casa nutriti, riposati e meglio istruiti, arricchiti dal confronto con contesti sociali diversi.

Non tutti, però, decidono di ritornare. C’è chi al Nord trova la sua strada migliore, a costo di affrontare una separazione.
Su queste vicende complicate, tenere e in fondo solidali e positive Viola Ardone ha costruito un romanzo “misto di storia e di invenzione”, di grande sensibilità linguistica e sociale.
Nella prima parte siamo a Napoli, ne sentiamo il dialetto, respiriamo le atmosfere dei vicoli e dei monumenti, l’umanità vivace e le miserie. La voce narrante è quella del protagonista, uno sveglio bambino di sette anni; siamo nel 1946.

Attraverso le sue parole comprendiamo il suo rapporto fortissimo-nonostante le frequenti scoppole- con la madre Antonietta; le difficoltà del suo ambiente familiare anomalo che si compendiano nelle scarpe sempre rotte o mancanti; le paure e le resistenze delle madri napoletane che temono di perdere i figli, o di saperli addirittura rapiti o mangiati, se li fanno salire su quei treni; le figure delle operatrici sociali che conoscono bene la realtà di Napoli e la grande occasione che si offre a questi bambini; le furbizie e la vita vivace e trasgressiva dei vicoli.

Finalmente tra mille ansie, raccomandazioni e fatti esilaranti come l’appropriazione immediata, da parte dei genitori squattrinati, dei cappotti forniti dalle organizzatrici, che invece dovrebbero servire a riparare i figli dal freddo del Nord, il treno parte.
Voci e accenti emiliani risuonano nella seconda parte. Il bambino si ritrova non in Russia, come immaginava, ma nella casa accogliente di Derna, una signora bionda e “comunista”, cugina di un’altra compagna che ha tre figli, chiamati non a caso “Rivo”, “Luzio” e “Nario”.
Gli incontri e i dialoghi tra il bambino e Derna, come poi con la famiglia della cugina Rosa e con le figure maschili come il padre Alcide sono teneri, profondi ed esilaranti, nello scambio tra i due dialetti e le differenti culture.
Il bambino si trova bene nella seconda realtà, frequenta volentieri la scuola e i nuovi ambienti, anche se ha un forte legame con la madre Antonietta.
Tra le molte risorse di una società più avanzata e prospera, non gli sfuggono però le umiliazioni inflitte dai maschi alle “compagne” e l’emarginazione dei dissidenti rispetto alle decisioni del Partito. Diverse avventure e infinite scoperte, nuove furbizie.
Il protagonista torna a Napoli, ma dopo uno scontro lascia la città e la madre, con un nuovo guizzo di fortuna e di coraggio.

La quarta parte è ambientata nel 1994. La voce narrante si è fatta adulta, colta e priva di inflessioni dialettali. Il bambino di un tempo grazie alle esperienze del “treno dell’Alta Italia” ha scoperto la sua vera vocazione e avviato un’attività autentica, ma sente il bisogno di rivedere le proprie origini. E qui si apre il capitolo più emozionante del libro.

Un romanzo molto ben costruito, ricco di umanità e di umorismo, che fotografa con precisione e profondità un momento importante della nostra storia. E presenta la possibilità, e la fortuna, di avere molte madri, e la necessità di separarsene.

Vittoria Longoni


Camille Laurens
Figlia femmina
La nave di Teseo 2022

Figlia FemminaIn copertina, l’immagine di una bambina in maglietta gialla, dagli occhi luminosi, dolci e birichini. L’autrice, nome d’arte Camille Laurens, nome anagrafico Laurence Barraqué, è stata una seconda figlia attesa dai genitori come maschio, tanto che il padre l’ha chiamata Laurence come l’attore Laurence Olivier.

Nella sua famiglia d’origine circolavano una vera ossessione per il figlio maschio e un’adorazione incondizionata per le qualità virili.
L’autrice nei suoi diversi romanzi si è sempre segnalata per la sua fine sensibilità nello scoprire e descrivere i luoghi comuni del privilegio patriarcale annidati nelle parole, nei gesti, nelle reazioni emotive delle persone, in particolare nella piccola borghesia.

In questo romanzo leggibilissimo e piacevole (nonostante qualche momento tragico) Camille Laurens sta a cavallo tra il mémoir e la fiction.
La voce narrante nel riferirsi alla protagonista a volte usa il pronome “io”, a volte il “tu” o il “lei”.
Le esperienze narrate possono essere le proprie, quelle di amiche reali o immaginarie, o quelle di tante donne che hanno attraversato gli ultimi settanta anni in un percorso di consapevolezza, facendo i conti con un contesto fortemente intriso di patriarcato.

Il gioco dei punti di vista è un po’ diverso, negli esiti, dall’uso del “si” che nel testo “Gli anni” di Annie Ernaux immerge le esperienze personali nel flusso di coscienza di un’intera generazione. L’arco temporale ripercorso è di oltre 60 anni, ma il capolavoro di Ernaux fotografa la generazione nata negli anni Quaranta, mentre il testo di Laurens si situa circa quindici anni dopo.
La distanza si vede bene, per esempio, nella diversa esperienza di aborto delle due protagoniste, narrata nell ‘“L’evento” di Ernaux e nel testo di Laurens.

L”io” che compare in questo ultimo romanzo segnala un’aderenza precisa all’autobiografia, mentre il “tu” o il “lei” possono alludere a parti di sé più distanti, o a esperienze di altre donne rivissute intensamente per affinità.
Il tutto però viene condito in una storia che ha una propria forte unità narrativa, tra molte sorprese. Un percorso che parte dall’osservazione delle relazioni familiari, dei valori e dei pregiudizi maschili, di cui la protagonista fin da bambina è un’acuta osservatrice. Valori pervasivi e in buona parte anche condivisi.

La donna al centro della narrazione (di volta in volta “io”, “tu” o “lei”) ammette più volte di subire la fascinazione del maschile, a discapito del femminile. L’ironia, la consapevolezza, le esperienze negative aiutano la crescita e la riflessione critica. Il problema si ripropone, in termini mutati, nei rapporti che la donna adulta ha con le persone delle nuove generazioni.

Il nodo tra modalità “maschili” e “femminili” è fortemente intrecciato. Non è facile trovare le parole giuste, le reazioni necessarie, le spiegazioni risolutive.
Solo la figlia femmina, bambina dagli occhi luminosi, dolci e birichini, che nei primi anni ha comportamenti un pò maschili, alla fine può dichiarare senza ambivalenze che “una femmina è meravigliosa”.
E la madre/autrice, usando l’”io”, conferma. E dedica il libro alla sua “meravigliosa figlia”.

Vittoria Longoni


Alicia Gimenez Bartlett
Autobiografia di Petra Delicado
Sellerio 2021

Petra DelicadoConosciamo l’autrice per i tredici gialli incentrati sulle indagini di Petra Delicado, che sono già diventati anche una serie televisiva. Petra è una figura simpatica e anticonformista, una donna libera e indipendente, ispettrice di polizia di Barcellona, impegnata a risolvere complicati casi di omicidio.

Insieme alla sua “spalla” Firmin Gazon, essa usa l’intuito e l’ironia per svolgere le sue indagini con tutti i metodi possibili e venire a capo di delitti oscuri. Le vicende si snodano vivaci tra dialoghi realistici, la narrazione è improntata alla leggerezza e a un forte umorismo ambientale, che intende anche affermare diritti e distruggere stereotipi.

In questo testo del 2020 Gimenez Bartlett, che ha già sperimentato negli anni anche altre forme di narrativa oltre al “giallo”, sceglie di narrare l’autobiografia della sua personaggia preferita.
Petra Delicado stessa narra in prima persona le tappe salienti della sua vita avventurosa.

Anticonformista come sempre, ma segretamente e contraddittoriamente legata al mondo dei conventi femminili fin dalla sua infanzia ribelle, trascorsa in una scuola privata di suore, la detective confessa di essere ormai arrivata a un ménage tranquillo e appagante, di cui quasi si vergogna, col suo ultimo marito e coi figli di lui.
Decide però di trascorrere una settimana in un convento della Galizia, sufficientemente lontano da Barcellona da consentirle una solitudine assoluta.

Chiusa nella sua cella monacale, col cellulare spento, diffida chiunque dal volerla cercare e si dedica a un compito nuovo: ripensare tutta la sua vita passata, facendo riemergere ricordi sinceri, per riprendere le redini del presente. Una settimana tutta per sé, tentare di capire chi si è veramente. Qui Petra scrive i quaderni della sua autobiografia.
Molte contraddizioni attraversano la sua vita. Affamata di libertà, di sesso felice e di avventura, a tratti Petra Delicado si fa rinchiudere in ambienti in cui debba solo obbedire. Eppure il ritiro e l’adesione a ritmi e ordini esterni l’aiutano poi a ritrovarsi.

Bambina avvolta e circondata dall’amore fin dalla nascita, ha scontato poi negli anni il travolgente amore iniziale materno di cui era stata oggetto, con complessi di colpa e profonde ambivalenze.
La madre, oltre a celebrare la sua bellezza di neonata meravigliosa, le ha sempre detto: “Quando sei nata ho avuto un parto terribile. Mi ha letteralmente distrutta… Ho cominciato a invecchiare.”
Qui sta la radice di un senso di colpa che, dice Petra, siamo poi noi donne stesse a trasmettere, proprio come le femmine delle zanzare anofele inoculano il germe della malaria.
Quindi, il solo fatto nella sua vita che qualcuno la ami le fa venire il mal di stomaco. Eppure, nello stesso tempo, le sembra perfettamente normale ricevere amore da chiunque.

Occorrerà una vita intera per fare i conti con questi paradossi e con le duplicità delle figure materna e paterna.
Petra ha vissuto tre matrimoni, i primi due finiti ovviamente con un divorzio. Un anno di felicità e libertà nella facoltà di Lettere, poi studi di Giurisprudenza pilotati dal primo fidanzato. Impegno come avvocata nello studio legale del marito. Lavoro e matrimonio naufragano insieme quando Petra si rende conto di aver agìto in stato di dipendenza da lui.

Poi si fa strada il sogno di fare la poliziotta. Altri studi e reclusione per tre anni nella Scuola Nazionale di Polizia di Avila: “Tutto il sistema era basato sulla disciplina: puntualità, decoro, obbedienza e comportamento corretto”. Incredibilmente, Petra riesce a starci, a costruire importanti amicizie femminili e ad accumulare molte conoscenze sul comportamento dei maschi.
Seguono nuove vicende, altri amori e molto altro sesso. La protagonista è sempre imprevedibile: il caso e il desiderio si intrecciano piacevolmente.

Petra conquista libertà e autonomia. Diventata poliziotta, nei primi anni viene impiegata in piuttosto noiosi lavori di documentazione in ufficio, fino al momento magico in cui sostituisce nell’incarico l’ispettore di polizia di Barcellona, s’inserisce stabilmente nella squadra omicidi della città e incontra il viceispettore Fermìn Garzòn. Comincia qui la vita della Petra intraprendente e motivata a fare i conti con tutto il male del mondo che abbiamo incontrato nei diversi casi narrati nei gialli, abilmente risolti da lei.
E ora, dopo il terzo matrimonio con un architetto che ha alle spalle due divorzi e quattro figli e la settimana di solitudine e di scrittura autobiografica trascorsa nel monastero, quali nuove svolte si apriranno?
La vita sentimentale e sessuale di Petra pare risolta (per il momento), ma l’impegno di affrontare di nuovo vicende di morti ammazzati ora le pare innaturale e angoscioso.
Che sia finito anche l’ancestrale senso di colpa, la necessità di scoperta, punizione e riparazione del male che la spingeva ad affrontare e risolvere con molta energia delitti efferati?

L’autobiografia finisce con questo dubbio.
Ne è una conferma il fatto che Il successivo testo poliziesco di Alicia Gimenez Bartlett, “La Presidente” pubblicato nel 2023, è incentrato su due nuove figure di detective giovanissime appena uscite dall’Accademia, le sorelle Miralles, Berta e Marta. Due ragazze acute e ambiziose, anticonformiste e imprevedibili, che aprono la strada anche a nuove tematiche.

Vittoria Longoni