L’Udi (Unione donne in Italia) ha inviato una lettera di protesta, che volentieri condividiamo, alla Redazione del programma Forum sulla puntata del 23 gennaio 2019. La polemica è scoppiata per le prese di posizione della giudice Melita Cavallo di fronte alla protagonista di una delle storie narrate e vittima di stupro all’età di 17 anni.
a Redazione Forum
p.c. Gent.ma Dott.ssa Anna Di Teodoro – Produttrice Esecutiva Mediaset; p.c. Gent.ma Dott.ssa Anna Di Teodoro – Produttrice Esecutiva Mediaset; p.c. Gent.mo Dott. Gerardo Greco – Direttore di Rete 4; p.c. Gent.mo Dott. Piersilvio Berlusconi – Amministratore delegato Mediaset; p.c. Gent.mo On. Dott. Vincenzo Spadafora – Sottosegretario alle Pari Opportunità della Presidenza del Consiglio dei Ministri
“Ci sono padri che si impongono” […] “questa è una storia di violenza” […] “il più grande regalo che un padre può fare ad un figlio è amare sua madre”. Con queste premesse si apre la puntata di Forum del 23 gennaio scorso, che tratta il caso di una donna vittima di stupro che si oppone alla richiesta della madre del suo stupratore di avere rapporti con il bambino nato dalla violenza ed alle pretese dello stesso, il quale ancora sconta la pena per il reato suddetto. Sembrerebbe un caso dall’esito scontato, eppure basta guardare solo i primi cinque minuti dell’inizio del processo per capire che, in realtà, l’esito sarà del tutto opposto a quello immaginato. Non solo, si assiste anche a molto di peggio.
La giudice, la Dott.ssa Melita Cavallo, già presidente del Tribunale per i Minorenni di Roma nonché personaggio noto per il suo forte sostegno alle teorie dell’alienazione parentale (teorie che, come di recente abbiamo affermato in occasione della conferenza stampa in Senato per la presentazione del libro della Dott.ssa Maria Serenella Pignotti proprio sull’argomento, sono state elaborate da Richard Gardner, un misogino sessista sostenitore della legittimità dell’abuso familiare sui figli) esordisce mettendo subito in chiaro la sua posizione. Senza nemmeno lasciar parlare la ragazza, inizia a tessere le lodi dell’uomo e ad aggredire la ragazza vittima dello stupro che, sconcertata dal comportamento della giudice, cerca in tutti i modi di rivendicare il suo essere stata violentata dall’uomo che la giudice è tanto impegnata ad elogiare. Ma la giudice insiste: “lei non è stata seguita bene, altrimenti non sarebbe così violenta”.
Il processo prosegue con la giudice che continua ad incolpare la donna per aver bevuto la sera dello stupro, per aver frequentato il suo stupratore pur sapendo che tipo fosse (benché la ragazza continui a negarlo), ad accusarla implicitamente di essere una sfaticata mentre l’operoso padre del bambino mette da parte i soldi per il suo futuro. Il tutto mentre, dall’altro lato, la madre dell’uomo condannato per violenza sessuale continua a dire che suo figlio è un bravo ragazzo, che era innamorato, la corteggiava, e mentre la conduttrice seraficamente definisce come una “ragazzata” lo stupro da parte di un uomo nei confronti di una donna, come se la giovane età determinasse la minore gravità dell’atto.
Nessuna parola di condanna, naturalmente, per il gesto aberrante commesso dall’uomo, ma anzi, solo elogi, malgrado non abbia dato alcuna prova di rimorso. Per la donna vittima della violenza, invece, solo aspri giudizi, insinuazioni, colpevolizzazioni. La donna infatti viene in sostanza accusata di essersela andata a cercare e dunque di essere ella stessa la responsabile del proprio stupro.
I concetti emersi dalla puntata infatti sono che:
- Uno stupro non è un fatto grave se avvenuto tra due persone poco meno che maggiorenni, ma è una ragazzata;
- Una donna che beve non può lamentarsi se poi viene stuprata;
- Lo stupro non è una violenza, alzare la voce in un’aula di tribunale invece sì; poco importa se a farlo è una donna vittima di stupro e lo fa contro persone che sono impegnate ad elogiare il suo stupratore ignorando deliberatamente il fatto che ha commesso violenza sessuale;
- Violenza e capacità genitoriale sono due cose che non hanno nulla a che vedere l’una con l’altra: poco importa se si è commesso una grave violenza sessuale nei confronti di una ragazzina, ciò non impedisce allo stupratore di essere un padre modello per il figlio nato dallo stupro;
- La donna stuprata dovrebbe far accettare al figlio frutto della violenza l’esistenza dell’uomo che rivendica il diritto di paternità, poco importa che quell’uomo sia proprio lo stesso che l’ha stuprata;
- Una madre che non favorisce l’incontro tra il proprio stupratore ed il figlio nato dallo stupro, è una madre alienante.
Insomma, una vera e propria apologia degli stupratori della violenza contro le donne. Un’offesa insopportabile alle donne, alle leggi, alla Convenzione di Istanbul, che ha valore cogente anche in Italia (ma evidentemente non per la giudice Cavallo e chi ha le sue stesse posizioni). Un chiaro esempio di rivittimizzazione secondaria frutto della cultura sessista che solitamente subiscono le donne vittime di violenza nelle aule di tribunali. In questa puntata si parlava per giunta di una violenza già accertata e condannata! Immaginate cosa accade quando, ancora nella fase iniziale del processo penale, la donna si trova da sola a dover avanzare la propria accusa!
Questo teatrino delirante sembrerebbe una farsa surreale, se non fosse che è tutto vero. Anche se si tratta di attori che seguono un copione scritto ad hoc, chi giudica è una vera giudice che lavora nei nostri tribunali, e si è prestata dietro remunerazione a prendere parte a questa puntata vergognosa. Oltretutto, la giudice Cavallo è nota per le sue posizioni analoghe a quelle espresse in TV. Sappiamo bene infatti che, secondo i sostenitori e sostenitrici delle teorie dell’alienazione parentale, madre alienante è anche colei che si oppone all’incontro del figlio con il padre violento. E sappiamo bene anche che, purtroppo sempre più spesso, in casi del genere sono proprio le donne, le vittime della violenza, ad essere allontanate forzatamente dai loro figli, i quali vengono affidati al genitore violento.
Riteniamo gravissimo, inaccettabile e vergognoso quanto accaduto nella puntata di Forum del 23 gennaio scorso. Si è fatto passare un messaggio distorto, perverso e aberrante, ossia che la donna vittima di violenza, oltre ad essere ella stessa colpevole della violenza da lei subita, è altresì colpevole se non favorisce l’incontro tra il suo stupratore ed il figlio avuto dallo stupro!
Riteniamo inammissibile che la televisione, il mezzo di comunicazione di massa più utilizzato in assoluto, ed in particolare una trasmissione televisiva così popolare e così seguita, possa trasmettere simili concetti per giunta tramite una figura autorevole quale è, o quanto meno dovrebbe essere istituzionalmente, una giudice. E ciò poiché, in un clima caratterizzato dall’aumento di violenza sulle donne e dall’aumento di sfiducia nelle istituzioni, far passare idee del genere significa, di fatto, avallare la perpetrazione della violenza sulle donne e continuare a soffocarne l’emersione.
Chiediamo pertanto agli autori e alla produzione del suddetto programma televisivo di considerare la trattazione di tali materie tenendo presente la delicatezza del tema e la responsabilità sociale derivante dall’affidamento del pubblico ingenerato dalla notorietà del programma stesso, un programma che peraltro ha annoverato tra le protagoniste l’avvocata Tina Lagostena Bassi, il cui impegno politico, sociale e professionale a difesa delle donne vittime di violenza è noto a tutti.
Proprio in virtù del suo impegno, del nostro impegno e dell’impegno di tutte le associazioni, gli enti, le operatrici e gli operatori che investono ogni giorno il loro tempo e le loro energie nel contrasto alla violenza maschile sulle donne, chiediamo inoltre l’immediata rimozione della giudice Melita Cavallo dal programma come gesto di responsabilità verso una tematica seria ed importante qual è la violenza sulle donne.
Unione Donne in Italia
25.01.2019