Eccoci in questa puntata estiva con tre libri di Anna Maria Ortese. La grande scrittrice, a cui dedicheremo un intero pomeriggio di studio alla Casa delle Donne di Milano il 28 novembre, ha dato vita a personaggi straordinari, un po’ umani un po’ animali un po’ magici, nei suoi romanzi sospesi tra sogno e realtà, che ci interrogano sulla sostanza profonda e interconnessa del mondo ed esprimono amore e attenzione per tutte le forme viventi. Proponiamo oggi una rilettura del suo grande romanzo L’Iguana, una raccolta dei suoi saggi e documenti di impostazione animalista ed ecologista, [ps2id url=’#a27′]↓[/ps2id] Le Piccole Persone- In difesa degli animali e altri scritti e un altro suo noto testo visionario, [ps2id url=’#a28′]↓[/ps2id] Il porto di Toledo. Tutti sono stati pubblicati da Adelphi e oggi sono disponibili anche in ebook. Sia tramite la narrativa che attraverso i saggi arrivano messaggi dell’autrice che oggi troviamo più che mai attuali. Ovviamente consigliamo tra i libri da mettere “ in valigia” anche il romanzo che a giudizio di molte è il suo capolavoro, Il cardillo addolorato, e in generale tutta la produzione di Ortese.
Continuate a mandarci i vostri commenti e contributi all’indirizzo librarsi@casadonnemilano.it, li pubblicheremo periodicamente.
Anna Maria Ortese
L’Iguana
Ed. Adelphi, 1986, disponibile anche in ebook
“I soli che possono amarmi sono coloro che soffrono. Se uno davvero soffre sa che nei miei libri può trovarsi. Solo persone così possono amarmi, il mondo è una forza ignota, tremenda brutale. Le creature belle, che pure ci sono, noi le conosciamo poco, troppo poco”.
L’interesse della Ortese si rivolge a tutto ciò che si trova ai margini della società e la sua scrittura si incentra sulla difesa dei piccoli e degli umili. Accanto alla dimensione fantastica e visionaria, infatti, convive la dimensione del soccorso, un sentimento di pietà rivolto non solo ai più piccoli e ai più deboli, ma anche alla natura stessa, che nei suoi scritti appare più che mai tormentata e ferita. Così accade ad esempio ne L’iguana, romanzo della Ortese pubblicato da Vallecchi nel 1965 e grande per la sua intensità espressiva, letteraria e figurativa. La vicenda è ambientata su un’isola immaginaria, Ocaňa, abitata da personaggi fantastici. Aleardo detto Daddo, un giovane di ricca famiglia, è alla ricerca di un’isola sperduta da acquistare e ad Ocaňa si imbatte nella protagonista del romanzo, un’iguana, «una bestiola verdissima e alta quanto un bambino, dall’apparente aspetto di una lucertola gigante ma vestita da donna, con una sottanina scura, un corsetto bianco, palesemente lacero e antico, e un grembiale fatto di vari colori».
L’iguana è una piccola persona, un’oppressa, una creatura che non ha alcuna voce in capitolo sulla propria esistenza. Possiede soltanto il proprio grembiule ed è convinta ad esempio che i sassi che raccoglie sull’isola siano dei soldi: è la raffigurazione di un mondo in cui l’essere vivente, vittima della miseria e dell’ingiustizia, non è più solo un uomo, un animale, una bestia. A differenza degli altri personaggi, che nel romanzo appaiono condannati a rimanere per sempre immobili nella propria condizione di infelicità, per l’iguana che è una creatura pura si apre uno spiraglio di speranza.
Dopo quasi 50 anni L’Iguana rimane ancor oggi un libro poco compreso, in cui i piani di lettura e realtà e finzione si accavallano l’uno sull’altro rendendo densa la lettura, ma è certamente un porto sicuro per chi è in cerca di un rifugio dal mondo.
Giulia Patano
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Anna Maria Ortese
Le Piccole Persone- In difesa degli animali e altri scritti
Adelphi- Piccola Biblioteca 688 – edizione digitale 2016
La sensibilità di Anna Maria Ortese per tutte le forme di vita, anche le minime, per tutti i piccoli esseri un po’ umani un po’ animali un po’ vegetali un po’ folletti o spiriti, si coglie in tutti i suoi romanzi e i suoi scritti. Nei molti saggi ( e articoli, e lettere) raccolti dall’editrice Adelphi nel libro Le Piccole Persone, l’autrice esprime il suo sdegno morale e teorico per le offese alla Terra, ai viventi di ogni specie, e s’impegna a proteggere i loro diritti ad esistere e ad essere ascoltati e rispettati. I loro padroni e nemici sono l’onnipresenza del Denaro, e una cultura arrogante che pone l’uomo come padrone e torturatore, e non vede più nei viventi dei fini, ma solo degli strumenti e degli oggetti da sfruttare, e spinge gli esseri umani alla ferocia e alla mollezza, e a calpestare i beni comuni essenziali . Sono pensieri che oggi incrociano il desiderio, e la necessità, di una rinnovata ecologia. Anna Maria Ortese è sensibile a ogni forma di dolore: quello dei bambini, delle donne, degli oppressi, delle classi sfruttate, di quelli che emigrano, che ritornano indietro, che vagano senza nome né lavoro né ordine; e soprattutto quello degli animali soggiogati e torturati, sottoposti a brutali allevamenti intensivi . Nel secolo della crudeltà e dei massacri, fa rivivere nelle sue pagine i moltissimi cardellini che si sono succeduti nelle gabbiette della sua casa, e i sentimenti dei bambini, tra cui lei stessa, verso di loro: “Non so che dubbio ci sfiorava sul nostro diritto a tener prigionieri quegli esserini gonfi di cielo…Noi sentivamo che, se non ci apparteneva volontariamente, quell’esserino era nostro di diritto, come l’acqua per l’assetato” E poi i tanti buoni cani, e il giovane Ciolì dalla pelliccia bionda e dal musetto argentato. Nei vari scritti del libro si delinea sempre più forte il messaggio animalista e antivisezionista dell’autrice, che propone una solidarietà universale tra i viventi. Un giorno le capita di toccare per sbaglio col piede un magnifico fiore caduto, e lo vede avvizzire e finire. “Quel minimo essere (rispetto alla mia persona) mi creava non tanto rimorso…quanto proprio un senso di vertigine e un principio di venerazione. .. La venerazione veniva dal riconoscere la profonda vulnerabilità della vita. Pensai proprio questo: la vita è viva!…Devo sapere che la vita è vivente, e toccarla, se devo toccarla, con attenzione, cura, venerazione. Dovrei forse non toccarla neppure. Ma io stessa sono vita.” Perché ora “nessuno è salvo. Il dolore che do (anche a un cane) e di cui mi compiaccio, mi ritornerà come un boomerang, esattissimamente, sul volto. Quindi non recare dolore, mai , nemmeno a una pietra.”
Vittoria Longoni
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Anna Maria Ortese
Il porto di Toledo
Adelphi, 1998
Edito da Adelphi per la prima volta nel 1975 il libro restò a lungo un libro incompreso. Anna Maria Ortese ambienta in una Toledo, che in realtà è Napoli, i ricordi della propria adolescenza e ne recupera poesie, brani di diario, lettere e racconti. È un libro sospeso tra l’autobiografia e il sogno, in cui l’io narrante riprende vecchi scritti nel tentativo di dare una parvenza di ordine a un’esistenza sperduta e frammentaria.
Al centro ci sono Napoli, città livida e dolorosa vista dagli occhi di una tredicenne, un quartiere affacciato sul mare, una casa rossa e Damasa, una giovane assorta tra il sonno e la veglia.
Il libro rivela l’essenza di Anna Maria Ortese scrittrice, un’autrice visionaria, che non si accontenta di sfiorare l’apparenza del mondo visibile.
Il lockdown è stato un momento di riletture e di evasione. E’ stato bello riprendere due libri che ho incontrato nella tarda adolescenza e che mi hanno da subito rapita in una dimensione onirica e fantastica. Quello che mi ha insegnato Anna Maria Ortese è che la fantasia è una dimensione importante, sia per fuggire dalla realtà, sia per conoscerla.
Giulia Patano