Eccoci nel cuore dell’estate col bel testo di Anna Lowenhaupt Tsing Il fungo alla fine del mondo – La possibilità di vivere nelle rovine del capitalismo, Traduzione Gabriella Tonoli – Keller editore 2021, che apre possibilità insolite di sopravvivenze e il saggio di Barbara Mapelli L’eterosessualità impensata – Quanto insegnano le minoranze, Iacobellieditore 2022, che esplora le nuove soggettività nel loro portato innovativo e critico.
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Anna Lowenhaupt Tsing
Il fungo alla fine del mondo
La possibilità di vivere nelle rovine del capitalismo
Traduzione Gabriella Tonoli – Keller editore 2021
Cosa fare “quando il vostro mondo comincia a crollare”?
Se in fondo al vostro cuore sentite che il nostro mondo non può essere “salvato”, e per creare sopravvivenze bisogna sapersi guardare attorno, al qui e ora… ecco, questo è il libro da leggere.
Sono storie vere quelle che Tsing racconta seguendo le tracce di un fungo, il Tricholoma Matsutake che pare sia stata la prima forma di vita a spuntare ad Hiroshima nel paesaggio devastato dalla bomba.
Un fungo commestibile fra i più pregiati e ricercati in Asia (specialmente in Giappone, dove raggiunge prezzi astronomici) ma che non può essere coltivato: cresce solo su terreni e foreste “perturbati dalla presenza umana” .
Seguendo la raccolta, il commercio e il consumo dei funghi si passa attraverso paesaggi distrutti, economie capitaliste crollate, regimi statali sulle cui garanzie non si può più contare.
Veniamo in contatto con comunità di raccoglitori, minoranze culturali, immigrati senza diritti e profughi di guerra costretti a lasciare la loro terra natale.
Dalle foreste dell’emisfero settentrionale come quelle della Catena delle Cascate dell’Oregon i Matsutake approdano in Giappone in passaggi di economie ai margini di quella capitalista. Il suo commercio che è economia globale, mette in evidenza la fragilità della stessa.
Il suo consumo entra a far parte di un circuito di prestigio e di riconoscimenti reciproci. Acquistati a carissimo prezzo, vengono usati come omaggi, regalati o offerti in banchetti collettivi agli invitati.
“Dall’illuminismo in poi i filosofi occidentali ci hanno trasmesso un’idea di natura maestosa ma passiva e meccanica […] risorsa e scenario delle intenzioni dell’Uomo”
Questa visione ci ha portato a mettere a rischio la possibilità di vita stessa sulla terra.
Tsing ci fa presente una “terza natura”, oltre a quella delle relazioni ecologiche e delle trasformazioni capitalistiche, che vive “malgrado” l’economia capitalista.
Per “notarla” dobbiamo abbandonare assunti e visioni di futuri che vanno solo in avanti.
Ci insegna a trovare piaceri fra i terrori dell’indeterminazione: progressi industriali letali, clima fuori controllo, crisi economiche.
Ci narra di diversi modi di vivere tratteggiando futuri che entrano ed escono nell’ambito del possibile e ci invita a rivedere significati e concetti:
la “sopravvivenza” non come lotta, la “contaminazione” come forma di collaborazione,
la “comunità ecologica” come “coordinazioni non intenzionali” fra modi di vivere divergenti, la “polifonia” in contrapposizione ad una unità di progresso sempre esatto ed unidirezionale, la “precarietà” come situazione nella quale riusciamo a rivolgere la nostra sensibilità verso qualcosa che sta fuori dal sistema.
Nel libro, frutto del lavoro sul campo dal 2004 al 2011 fra Stati Uniti, Giappone, Canada Cina, Finlandia, si incrociano lavori di ricerca in scienze naturali e studi culturali, attraverso narrazioni multispecie.
Il libro rappresenta l’intreccio di tutti gli studi che Anne Lowenhaupt Tsing, ora docente di antropologia alla University of California Santa Cruz, e Aarhus University in Danimarca, ha fatto a partire dagli Science studies femministi con Donna Haraway ed è un assemblaggio di estratti da saggi e articoli pubblicati.
I capitoli “si intrecciano e si interrompono tra loro a immagine della frammentarietà del mondo” che cerca di descrivere.
Tsing dice che è un libro che si rifiuta di essere finito.
Come le foreste del matsutake dove ogni assembramento contingente di viventi ne alimenta altri.
Come quando si raccoglie funghi, e trovarne uno alimenta la voglia di continuare a cercare.
“L’ultima parola” Tsing la lascia a Ursula K. Le Guin concludendo il libro con una bellissima citazione tratta da “La teoria letteraria del sacchetto della spesa”
“Se è umano mettere ciò che volete perché è utile commestibile o bellissimo nella borsa o in un cesto o in una corteccia o foglia arrotolata […] e poi portarvelo a casa, la cui casa è un altro tipo di sacca o borsa più grande, un contenitore per persone, e poi più tardi lo tirate fuori e lo mangiate o lo condividete o lo conservate per l’inverno in un contenitore più resistente o lo mettete nel fagotto delle medicine o nel santuario o al museo, nel luogo sacro, nell’area che contiene quel che è sacro e poi il giorno dopo probabilmente tornate a farlo – se fare questo è umano, se è quel che ci vuole, allora io dopotutto sono un essere umano. In modo pieno libero e felice, per la prima volta.” (pp. 412 – 413 )
E seguendo il consiglio di entrambe, vi invito a mettere il libro nella borsa.
Rossana Molinari
Per seguire le storie di chi raccoglie e studia il fungo e le ricerche di Anne Lowenhaupt Tsing
https://people.ucsc.edu/~atsing/migrated/matsutake/
https://anthropocene.au.dk/
https://edgeeffects.net/haraway-tsing-plantationocene/
Barbara Mapelli
L’eterosessualità impensata – Quanto insegnano le minoranze
Iacobellieditore 2022
Barbara Mapelli nei suoi diversi scritti invita sempre a ripensare e risignificare le parole e ad ascoltare le esperienze, in particolare quelle che vengono da persone impegnate a percorrere altre soglie oltre i binari (e i binarismi) consueti.
A partire dal suo libro del 2004 sulle “Nuove virtù” insolite e impensate – tra cui la perplessità, la dipendenza, l’ironia – la ricerca di Mapelli è proseguita in un dialogo continuo con altre voci che stimolano un ascolto più autentico anche della propria esperienza, aprendola a nuovi sviluppi.
Anche in questo ultimo volume si intrecciano a quelli dell’autrice i contributi di Federica Fabbiani e Giuliana Misserville, Alessio Miceli, Monica Romano e Stefano Ciccone. Il discorso si dipana tra molte citazioni, in un intreccio tra filosofie, poesie, letterature, narrazioni personali, considerazioni attuali.
Mapelli si relaziona con altre esperienze senza perdere di vista la propria differenza, ma aprendo la strada a percorsi nuovi e a una considerazione storica e critica della propria parzialità, divenuta consapevole grazie al contatto con le altre. Sappiamo dalle sue opere precedenti che ha praticato il “coming out” della propria preferenza eterosessuale, con questo rendendola una delle possibili scelte, da affiancare e confrontare con le altre, e riconoscendo alle esperienze “di minoranza” un particolare valore di autenticità.
La radice della sua ricerca e della sua scrittura è un ascolto sensibile di sé e dell’altra persona che scandaglia con grande apertura le infinite forme dell’affettività, della sessualità e delle relazioni. Nelle esperienze LGBTQIA+ (+ tutte le possibili gradazioni e sfumature) Mapelli trova un particolare valore perché esse coinvolgono persone che non hanno potuto contare su schemi consolidati, hanno dovuto lottare contro gli stereotipi e quindi si interrogano più in profondità sulle forme, sui significati, sui valori delle relazioni stesse, aprendo orizzonti nuovi nel nostro frattempo e sui contrattempi che viviamo.
Le donne sono state nel Novecento un contrattempo notevole, come soggetti imprevisti.
“Ora, nella nostra più vicina contemporaneità, si presenta finalmente visibile un nuovo contrattempo, le plurime soggettività sessuali contenute nell’acronimo LGBTQIA+. E il tema che queste presenze a noi vicine nella contemporaneità sollevano non è certo solo quello dei diritti e dell’uguaglianza: testimoniano il divenire di un mutamento profondo di culture, che coinvolge tutte e tutti e dà colore, senso e direzione al nostro frattempo. Ho visto e vedo continuità tra i due contrattempi, la loro vitalità, le proposte di un’innovazione radicale nel deserto di inautenticità in cui viviamo[…] Apprendere a vivere con pienezza e a fianco tra forme, scelte e orientamenti di soggettività sessuali, che sono alla radice dell’essere e dei significati che ciascuno dà alla propria vita, ha il senso esattamente opposto rispetto alle norme che escludono, poiché considera ogni diversa soggettività una risorsa, per sé e per il vivere comune” (op. cit, pp 140 -141)
L’eterosessualità – distinta dalla eteronormatività e comprensiva di gradazioni e sfumature – è quindi un fenomeno da relativizzare, comprendere e analizzare nella storia. Tutta la sessualità umana, nelle sue diverse forme, espressioni e significati, lo è.
Un’altra delle sollecitazioni del testo di Mapelli è l’invito a cercare e scrivere una storia dell’eterosessualità. Un compito stimolante, anche se già in parte esplorato nelle diverse storie della sessualità umana che abbiamo conosciuto; ma possiamo metterlo a tema in modo più esplicito. E – se posso aggiungere – andando più indietro nell’evoluzione, testimoniata dai primati antropomorfici che possiamo ancora osservare (come scimpanzè e bonobo che condividono con noi quasi tutto il DNA) riscontriamo comportamenti sessuali che vanno ben oltre alla funzione e allo scopo riproduttivo. I vivacissimi scambi sessuali tra i bonobo, tra individui dello stesso genere o di generi diversi, sono orientati al piacere, alla socialità, alla scoperta reciproca di rassomiglianze o differenze, alla riconciliazione, alla comunicazione, al gioco, alla tessitura di solidarietà, ben oltre i semplici scopi riproduttivi.
Si è fatta la storia dell’omosessualità nelle diverse epoche e culture storiche. Lo stesso si può fare per l’eterosessualità, troppo spesso identificata semplicisticamente con la natura. In particolare nella storia della cultura occidentale, che ha identificato impropriamente etica e biologia e ha fatto delle relazioni riproduttive eterosessuali il modello e la norma positiva, escludente e discriminante.
Scrive Monica Romano nel suo contributo: “Essere una donna, una trans e una lesbica nella stessa vita non è affatto semplice. La cultura maschilista e fallocentrica in cui siamo immersi fa molta fatica ad accettare l’idea che una trans compia il suo percorso di autoaffermazione per sé stessa, per poter finalmente essere, e che non lo faccia per piacere agli uomini. L’esistenza delle trans lesbiche è la più evidente dimostrazione che identità di genere e orientamento sessuale sono cose da tenere ben distinte” (op. cit. pp 94)
Particolarmente sensibile è sempre la riflessione di Mapelli sul tema complesso e ambivalente dell’amore, nelle relazioni omo ed eterosessuali.
Si accoglie nel testo la definizione della sociologa francese Irène Thery, “coppia-conversazione”: coppie (omo o eterosessuali, non importa) costituite nel confronto tra due soggetti che mantengono la propria individualità ma desiderano l’incontro con l’altro proprio in quanto differente. Coppie postromantiche.
“Tutto questo indica chiaramente la struttura di fragilità della coppia contemporanea, che, come tale, deve essere accettata perché l’accordo funzioni e non si creino gerarchie interne. Un traguardo che risulta ancora utopico e infatti, anche se respinge il concetto di esclusività, restano centrali i temi della gelosia e della fedeltà” (op. cit, p.118)
E ovviamente resta importante e variegata la ricerca sulla maschilità, che chiama in causa uomini consapevoli. Anche la dicotomia omo/eterosessualità può risultare binaria ed escludente. Mapelli infatti invita a prendere in considerazione anche le varianti della bisessualità e dell’asessualità e ad accogliere tutte le variazioni e le fluttuazioni individuali in questo campo. Una ricerca aperta, sensibile, priva di dicotomie e di pregiudizi. A vantaggio di tutte e tutti, dello sviluppo delle libertà, e del vivere comune.
Vittoria Longoni