Oggi proponiamo testi legati al conflitto attuale tra Israele e Palestina, che ci angoscia e preoccupa e fa molto discutere. Il primo è il romanzo della scrittrice israeliana Ayelet Gundar-Goshen, Svegliarei leoni (Feltrinelli, 2020); il secondo è il testo intenso della scrittrice di origine palestinese Adania Shibli, Un dettaglio minore, trad. di Monica Ruocco (La nave di Teseo, 2021). La recensione sul saggio di Paola Carid, Hamas. Dalla resistenza al regime (nuova edizione, Feltrinelli, 2023), vuole essere uno stimolo e un’introduzione al dialogo che avremo con questa importante giornalista, grande esperta sul tema, previsto alla Casa delle Donne per il 5 febbraio 2024.
Continuate a mandarci segnalazioni di testi e riflessioni all’indirizzo librarsi@casadonnemilano.it.


Ayelet Gundar-Goshen
Svegliare
i leoni
Feltrinelli, 2020

Il romanzo si svolge nella città di Be’er Sheva, nel deserto del Negev – dove “la polvere era dappertutto, uno strato bianco, sottile […] tutti si svegliavano davanti a strade di polvere, andavano al lavoro impolverati” – e Eitan Green – “un promettente neuro-chirurgo” appena trasferito nell’ospedale di questa città, che odia quella polvere. E odia i suoi abitanti che sono in maggioranza poveri immigrati ebrei provenienti da paesi arabi e clandestini provenienti dall’Etiopia e dall’Eritrea. Vivono ignorati, ai margini, mentre la sua è una vita ordinata, che gira nel senso giusto, con una moglie che lavora come poliziotta, due figli che crescono, una piacevole grande casa.

Ma una sera, di ritorno verso casa lungo una pista nel deserto, non riesce a scansare un uomo che cammina nel buio lungo la strada, lo investe, l’uomo è morente. E lui decide di fuggire, sicuro che nessuno ne avrebbe saputo nulla. Non è da lui una scelta di questo tipo, ma così succede.

La mattina seguente la sua vita cambia perché una donna eritrea si presenta alla sua porta e gli dimostra di sapere quello che è accaduto. Gli fa una proposta, in modo netto e chiaro: lei non avrebbe parlato se lui avesse curato, nelle ore libere dall’ospedale, i clandestini eritrei che non avevano alcuna assistenza medica legale. “Non mi pare che tu abbia scelta”, gli dice la donna e da qui inizia la tela di bugie, ricatti, paure che travolge il giovane medico in un gioco distruttivo che coinvolge anche la sua famiglia. I malati si affollano e si fanno curare in un atto di resa e di accusa di fronte al dottor Eitan Green che entra nel mondo sconosciuto “di quelli che non si vedono”.

Ayelet Gundar-Goshen – nata nel 1982 – insegna psicologia clinica all’Università di Tel Aviv, è attivista per l’Associazione per i Diritti civili. È stata redattrice in alcuni dei principali quotidiani israeliani e sceneggiatrice di cortometraggi di successo. Questa ampia esperienza la porta a guardare in modo acuto e profondo l’attuale società israeliana, con le sue contraddizioni e i suoi dilemmi etici.

Svegliarei leoni è stato tradotto in 17 lingue e ha ottenuto il prestigioso premio JQ-Wingate.


Adania Shibli
Un dettaglio minore
La nave di Teseo, 2021
Un romanzo breve, intensissimo, che coinvolge e inquieta. Esprime. meglio di tanti testi storici, la tragedia delle relazioni tra palestinesi e israeliani, la realtà dell’occupazione e della conquista israeliana, le ragioni della paura reciproca e dell’odio. Con una decisione assurda e cieca la Fiera del libro di Francoforte ha cancellato quest’anno la presenza della scrittrice palestinese e il premio che le era stato conferito, portando come pretesto il riferimento alla guerra in corso. Non hanno saputo riconoscere che il testo, oltre alle sue indubbie qualità letterarie, offre una forte chiave artistica per comprendere questo conflitto nelle sue radici.

La narrazione si sviluppa in due parti: la prima s’incentra su un ufficiale israeliano che guida i suoi soldati nel deserto del Negev, vicino alla linea di demarcazione dopo la guerra con l’Egitto, nel 1949. Setacciano le dune per rastrellare e distruggere i nuclei di esistenza (anche nomade) e possibile resistenza degli arabi. Presso una fonte incontrano un gruppo di beduini su cui aprono immediatamente il fuoco, uccidendo tutti gli uomini e i loro dromedari e catturando una ragazza, l’unica sopravvissuta. Non trovano armi nell’insediamento. La ragazza prigioniera diventa oggetto di totale violenza.

Nella seconda parte, una giovane donna di Ramallah, colpita da una scarna notizia su questi fatti riportata da una rivista israeliana, parte nel fine settimana per cercare informazioni a riguardo, per cogliere almeno in parte la voce, la situazione e le reazioni della vittima. Percorre molti chilometri andando su e giù nella Cisgiordania a bordo di un’auto noleggiata; spesso vorrebbe tornare indietro ma la ricerca finisce per portarla sempre più avanti, in un dedalo angoscioso di check point, muri alti otto metri e strade sbarrate, villaggi palestinesi scomparsi e insediamenti mai visti, musei militari, possibili testimoni, zone proibite. Si identifica sempre più con la sconosciuta ragazza.

I due personaggi condividono un senso angoscioso di paura. L’ufficiale israeliano è ossessionato dalla ricerca di un “nemico” inafferrabile e sfuggente e dai pericoli di una terra vissuta come ostile e carica di rischi. Spesso gira da solo tra le dune, sente rumori pericolosi, che magari sono solo le parole dei suoi soldati; si lava con precisione maniacale. Nella sua stanza lo punge un misterioso animale, insetto o scorpione o serpente, provocandogli gravissimi disturbi e una suppurazione maleodorante, che scambia per un fetore proveniente dalla ragazza straniera. La persecuzione inflitta alla prigioniera nasce da maschilismo e da un profondo malessere: paura, dolore, solitudine, frustrazione, sensazioni ambivalenti suscitate dalla ragazza, volontà di esercitare potere su un’altra persona fanno esplodere una violenza estrema. Lo stile asciutto dell’autrice fotografa i fatti e il personaggio come dall’esterno.

La donna di Ramallah, voce narrante della seconda parte, è attanagliata dalla paura di essere scoperta a fare qualcosa di proibito, è ossessionata dalla polvere e da molte insicurezze. Vivendo e viaggiando in zone occupate dall’esercito israeliano, si trova realmente e, ancora di più, si sente continuamente esposta alla sorveglianza e alla punizione di un potere imprevedibile e incomprensibile; si preoccupa di non fare nulla di sospetto o di vietato. Nel suo lavoro di impiegata è precisissima; ha colleghi gentili che le prestano documenti e soldi. S’imbarca in questa ricerca per una spinta interna incoercibile. Nonostante cerchi di essere estremamente corretta si ritrova a compiere involontariamente infrazioni e gesti avventati.

Le due narrazioni si affiancano con lucidità e con molte simmetrie. L’innesco che attrae la donna di Ramallah nelle vicende della giovane beduina è un “dettaglio minore”: l’uccisione della vittima coincide, a distanza di venticinque anni, col mese e giorno della propria nascita.

Un altro “dettaglio minore” mi ha colpita nella lettura: la testimonianza indiretta del ritrovamento del cadavere di una giovane donna beduina in fondo a un pozzo, uccisa in passato dai suoi per aver violato qualcosa del rigido codice d’onore, che non tollera “infrazioni”, e neppure sospetti, riguardo alle norme pesantemente maschiliste sul comportamento sessuale di ragazze e mogli.

Questo “dettaglio minore” è uno spiraglio che allarga lo sguardo a tutte le forme di dominio patriarcale, in diversi ambiti, anche precedenti alla spirale guerriera in cui si avvita da un secolo il conflitto tra israeliani e palestinesi: appropriazione/ violenza/ vendetta/ rivalsa/ odio/ paura/ nuova violenza aggravata. Una spirale che pare così difficile oggi da superare.

L’autrice del testo, in un’intervista riportata su “La Stampa” del 21 gennaio 2024, paragona la storia di questi rapporti alla favola del serpente affamato e del riccio ingoiato da lui, che resta conficcato nella sua bocca a causa degli aculei irti per la paura: muoiono entrambi.

Ci auguriamo che non sia così, che nonostante tutto qualcosa possa interrompere e modificare o invertire la spirale di morte. Ringrazio l’autrice e le auguro di proseguire felicemente il suo lavoro di scrittura.

Vittoria Longoni


Paola Caridi
Hamas. Dalla resistenza al regime
Nuova edizione, Feltrinelli 2023

Paola Caridi, giornalista di formazione storica, è oggi una delle persone (se non “la persona”, in ambito italiano) che più hanno conosciuto e studiato la storia di Hamas, anche per assidua frequentazione, viaggi e permanenze, dialoghi con esponenti e militanti, diversi soggiorni in Medio Oriente e Nord Africa. Il libro era uscito nel 2009, dopo anni di lavoro, di interviste (anche nelle carceri israeliane) e di ricerche nella zona di Gerusalemme, di Gaza e dei paesi limitrofi, arrivando nella ricostruzione storica fino al termine della campagna militare israeliana su Gaza chiamata “Operazione piombo fuso”.

Due anni e mezzo prima, Hamas aveva preso il pieno controllo della Striscia dopo un colpo di mano della sua ala militare; erano morti i leader storici palestinesi Yasser Arafat, a capo prima dell’OLP e poi dell’ANP, e Ahmed Yassin, fondatore e leader di Hamas, ala palestinese dei Fratelli Musulmani, e  si erano svolte nel 2006 elezioni nelle quali Hamas aveva ottenuto un grande consenso.

Nel 2022 è iniziato il lavoro di revisione del libro. Paola Caridi è tornata in Israele e Palestina per un indispensabile aggiornamento, che si è concluso nelle settimane convulse dell’attacco palestinese del 7 ottobre e dell’immediata risposta israeliana fatta di estesi bombardamenti a tappeto sulla Striscia, anche su città e quartieri residenziali. L’autrice era arrivata ad Amman già l’8 ottobre. L’epilogo del libro riguarda appunto, quasi in presa diretta, questa forte impennata del conflitto.

Il libro nel suo insieme ricostruisce con grande competenza la storia di Hamas e arriva quasi fino all’oggi. Avremo l’opportunità di dialogare con Paola Caridi in un incontro alla Casa delle Donne previsto per il tardo pomeriggio del 5 febbraio, dove potremo ascoltare anche le sue opinioni sugli sviluppi più recenti del conflitto tra Israele e Palestina, e in particolare tra il governo di estrema destra guidato da Benjamin Netanyahu e Hamas, in cui sembra prevalere l’ala militare.

Consigliamo caldamente questo libro che costituisce una base insostituibile per conoscere gli antefatti del conflitto, le diverse aree in cui Hamas si è costituita e allargata nelle varie fasi, le 4 “circoscrizioni elettorali” in cui si è votato: Gaza, la Cisgiordania, l’estero, il circuito delle carceri.

Per preparare l’incontro con questa straordinaria conoscitrice e testimone del conflitto, proponiamo qui alcune domande che vorremmo rivolgerle, frutto della discussione del Gruppo Libr@rsi della Casa delle Donne. Le domande sono ampie, stiamo seguendo giorno per giorno l’evolversi dei fatti.  Molte altre sarebbero possibili e non pensiamo che basti un incontro per avere risposte esaurienti su tutto, in particolare per quanto riguarda il futuro su cui nessuno ha la sfera di cristallo. Si tratta dunque di domande come stimolo al dibattito. Per esempio:

  1. Che cosa ha fatto scattare l’attacco del 7 ottobre 2023 e con quali prospettive e intenzioni del gruppo dirigente di Hamas? Che cosa pensa del recente documento di Hamas che presenta i fatti del 7 ottobre in termini “difensivi”?
  2. Qual è la condizione delle donne, anche in termini giuridici, in Palestina e in Israele? Quali affinità e quali differenze? Lo stato semipermanente di guerra ha concorso a peggiorare la loro condizione?
  3. In passato ci sono stati gruppi di donne misti dei due popoli che hanno cercato di dialogare e collaborare: resistono anche oggi? Che cosa possono fare? Ci sono anche gruppi e movimenti misti di uomini e donne che agiscono in questo senso?
  4. Possiamo confermare che la guida fondamentale di Hamas è stata nell’ultimo decennio ed è tuttora nelle mani dell’ala militare? Come valuta le trattative che, in un modo o nell’altro, sono in corso?
  5. Il governo di Benjamin Netanyahu è oggetto di fortissime critiche nel mondo e all’interno di Israele. Quali possibilità ci sono di una sua caduta nel breve periodo e in particolare prima delle elezioni presidenziali americane?
  6. Quali possibilità ci sono che emerga una nuova classe dirigente sia in Hamas che all’interno della società israeliana, in grado di guidare una fase nuova (e speriamo collaborativa) delle relazioni tra i due popoli?
  7. Che ruolo possono giocare oggi l’opinione pubblica internazionale e istituzioni come la Corte Internazionale di Giustizia e la Corte Penale Internazionale per dare una svolta al conflitto? Come valuta la recente presa di posizione della Corte Internazionale di Giustizia?
  8. Come agiscono e con quali prospettive i paesi alleati di Hamas, Iran compreso, e che ruolo può avere in questo conflitto l’Europa?

Gruppo Libr@rsi della Casa delle Donne di Milano