Oggi proponiamo tre contributi alla discussione su cura, femminismo ed ecologia. Il breve e illuminante testo di Marcia Tiburi, “Il contrario della solitudine – Manifesto per un femminismo in comune”, Effequ, 2020, risponde alle domande fondamentali che ci poniamo, mettendo l’accento sul dialogo e sull’intersezionalità. Il delizioso romanzo di Giorgia Vezzoli, “Period girl”, Settenove 2020, rivolto in prima battuta alle bambine alle prese con le prime mestruazioni, collega femminismo e amore per le piante e per il pianeta in una favola adatta a ogni età. Il saggio curato da Maria Luisa Cattaneo e Sabina dal Verme, “Sviluppo della clinica transculturale nelle relazioni di cura”, Franco Angeli, Milano 2020, fa conoscere una pratica interessante e metodi innovativi per affrontare il mondo psichico di donne appartenenti a altre culture.
Continuate a mandarci i vostri contributi all’indirizzo librarsi@casadonnemilano.it. Buona lettura a tutte noi.
Marcia Tiburi
“Il contrario della solitudine – Manifesto per un femminismo in comune”
Effequ, 2020
Questo testo di Marcia Tiburi, filosofa brasiliana femminista, è un libro che apre la mente, apre il mondo, apre gli occhi e risponde alle mie domande: che cosa è il femminismo e perché lo amo? cosa voglio dal femminismo? posso affidarmi al femminismo quando penso di cambiare il mondo?
Questo libro per me è stato un magnete che ha ricomposto magicamente i frammenti delle pratiche e filosofie femministe. Tiburi risponde in brevi diciassette capitoli a queste domande. A voi lettrici la suspense di scoprire le lucide e luminose risposte.
Conducendo a termine l’esercizio della filosofia che il libro rappresenta, ciascuna di voi riuscirà a scoprire forse ciò che di autentico c’è nel profondo di noi. Perché il femminismo è un’eredità che promana dalle nostre mamme e dalle nostre nonne, ma è anche un’utopia; dal passato al futuro si muove lungo una verticale fatta di istanze ancora incompiute.
In una intervista sul “Sole 24 Ore” Tiburi dice: “Penso sempre al femminismo nel senso del potere trasformativo e non solo come una critica al patriarcato, cosa che è senza dubbio. A mio parere, questo potere si costruisce a partire dalle interazioni, dai processi tra le persone e anche dalle istituzioni. Questi processi si riferiscono a potenziali dialoghi che possono essere concretizzati. Il femminismo è un grande e profondo dialogo tra le donne, un dialogo che è stato storicamente impedito dal patriarcato. In generale, la mia intera concezione della filosofia si basa sulla nozione di dialogo, che non è una semplice conversazione. I dialoghi coinvolgono processi di pensiero e fluiscono oltre i discorsi.”
In questo senso, il femminismo è la filosofia del presente e del futuro, la promessa della felicità e di un mondo migliore a venire. Fino a ora, il potere è stato nelle mani degli uomini che lo hanno usato in modo narcisistico e violento. Il femminismo è invece un processo che dipende da chi agisce in suo nome; mira a essere la trascendenza teorica e pratica del patriarcato in quanto meccanismo distruttivo per il mondo e la vita sul pianeta.
Perché il patriarcato contrariamente a quel che si crede non è un processo che colpisce esclusivamente la sfera del sesso femminile ma coinvolge tutti gli esseri il cui corpo viene definito attraverso l’uso che se ne fa. Chi come me è etichettato, porta il suo dolore e ogni dolore deve essere rispettato. Da dove vengono i dolori politici? Dalla violenza del potere. Perché lo spazio di dolore diventi uno spazio di parola è necessario articolarlo, riconoscerlo, inserirlo in uno spazio politico.
“La trasformazione della società deve essere pensata nell’ottica di una vita migliore per tutti. Ci vuole un altro progetto, un’altra politica, un altro potere, un’altra etica, un’altra economia. Il femminismo è il campo teorico e pratico che può costruire una politica con un altro sistema di riferimento: la natura, il corpo, la cura, la presenza, la vita degna.” (pg.135). Crediamoci.
Manuela Pennasilico
Giorgia Vezzoli
“Period Girl”
Settenove 2020
Mi ritrovo a leggere con immenso piacere libri per bambine/i e adolescenti: ho continuato ad indagare questo universo anche per motivi di lavoro a scuola, ora mi tengono ancorata al chimerico fantastico e bizzarro mondo della fantasia, a volte un po’ pauroso.
La casa editrice Settenove propone, molto spesso, chicche interessanti e specifiche su questioni di genere. Ecco ora “Period Girl”: tratta il tema ancora non facile delle mestruazioni. Protagonista è una simpatica bambina di undici anni.
E’ un argomento che interessa la metà della popolazione mondiale e soprattutto agisce sui tabù dell’immaginario collettivo dell’altra metà della popolazione mondiale!
Il romanzo, ben illustrato in copertina, è strutturato molto intelligentemente: 57 capitoli di 1 o 2 paginette ciascuno (alleggerisce psicologicamente l’impegno della lettura per i più giovani).
Lo consiglio a tutti, a partire dai 10 anni in su.
Si dice “Non ci sono i generi nei libri…esistono solo 2 tipi di libri: quelli scritti bene e quelli scritti male”. Calza a pennello per “Period Girl”!
Molto accattivante, è destinato a persone di tutti i generi e di tutte le età.
Ho cominciato la lettura con la solita curiosità ma più leggevo e più mi sorprendevo.
Tutto scorre e tutto torna in questa storia fantastica e sorprende la capacità dell’autrice di informare senza tediare chi legge. Sa ben mescolare informazioni di carattere scientifico con una narrativa piacevole e alquanto poetica.
Illumina la storia con un susseguirsi di meraviglie, in un crescendo di emozioni. In copertina si riporta:”Robin (la protagonista) vi sarà simpatica, giuro, l’amerete tantissimo, sarà la vostra migliore amica.” Vero!
E aggiungo che, nel mio immaginario, ha il volto di Greta Thunberg e, sempre nel mio immaginario, la storia può essere credibile tanto quanto per me lo era quando da piccola mi facevano credere che le piante morivano se le toccavo durante il “ciclo”! È vero proprio il contrario!
Period Girl narra la storia di una super eroina che scopre, molto lentamente ma con crescente suspense, un super potere concessole dalla sua stessa natura: le mestruazioni!
Salverà il pianeta dalla deforestazione e soprattutto, combatterà vergogna e pregiudizio.
Ora aspetto il film.
Cinzia Iraci
Maria Luisa Cattaneo e Sabina dal Verme (a cura di)
“Sviluppo della clinica transculturale nelle relazioni di cura”
Franco Angeli, Milano 2020
A dieci anni dal primo esce il nuovo libro della Cooperativa Crinali che opera da venti anni; è composta di donne professioniste a vario titolo nell’ambito di cura e salute. La clinica transculturale propone nuovi modi e metodologie per affrontare il mondo psichico di appartenenti a altre culture e ha ormai alle spalle una solido apparato teorico e pratico, a partire dalla scuola francese di Marie Rose Moro.
Alla base c’è la consapevolezza di una realtà culturale e sociale in evoluzione in cui la coesistenza con i migranti (di prima, seconda e anche terza generazione) è ormai irreversibile. Ma i processi migratori portano con sé il rischio di una rottura dell’”involucro culturale”, parte irrinunciabile dell’identità; sono spesso fonte di sofferenza che si ripercuote su tutto il contesto familiare. Intervenire per ridurre il disagio e migliorare le relazioni ha ricadute positive sui singoli e su tutta la società “meticciata”.
L’intervento può riguardare anche solo il singolo (adulto/a, adolescente ) ma l’intera famiglia è coinvolta nel processo. A modo di “villaggio”, una intera équipe si fa carico della relazione: terapeuta principale, co-terapeuti, mediatore culturale e linguistico.
Alla base c’è “l’osservazione dell’osservazione” vale a dire un lavoro costante su di sé per capire quanto le proprie matrici culturali possano interferire nel dialogo. Lo scopo è creare una tensione positiva, un ponte generativo tra mondi psichici diversi, evitando sia fusionalità sia lontananza. Il metodo intreccia quindi psicanalisi e antropologia, cercando di mettere in moto energie psichiche bloccate e creando un’interdisciplinarietà e un “complementarismo” tra campi di sapere che rende più potente e ricco l’approccio. Molto peso viene dato al genogramma, cioè la ricostruzione della storia sociale, relazionale e emotiva della famiglia con particolare attenzione ai figli e al ruolo genitoriale.
Clinica transculturale e donne migranti
Fondamentale nell’approccio la riflessione sul ruolo della donna nelle nostre e altrui culture, tutte con impronta patriarcale e caratterizzate dalla “invisibilità” della dimensione di genere. Le donne immigrate vivono in alcuni momenti della vita in modo più forte il trauma migratorio, per esempio nella maternità avulsa da un contesto che le dava significato e continuità, nei casi di mutilazioni genitali, di poligamia subita e di violenza familiare, motivate da culture verso cui si sentono ambivalenti.
Ancora più fondamentale diviene il ruolo coordinato e flessibile della catena virtuosa di professioniste donne (assistenti sociali, ginecologhe, ostetriche, terapeute, mediatrici) lungo l’intero percorso dalla presa in carico da parte dei servizi all’aiuto concreto per creare una alleanza basata sugli aspetti simili della condizione femminile anche in culture diverse. Simili sono anche i desideri che le donne migranti esprimono: accrescere l’autostima, avere più autonomia e rispetto, avvicinare il mondo delle origini a quello in cui si vive.
Quando l’esperienza di relazione terapeutica si rivela positiva le donne sviluppano capacità creative anche nel pensare soluzioni divergenti a dilemmi apparentemente insolubili.
Un libro anche per le non “professioniste”.
In sintesi ci sono molte ragioni per leggere il libro anche da parte di non professioniste: propone un modello originale, in un’ottica di servizi integrati del territorio. Riporta un quadro di analisi, una mole di informazioni e di esperienze terapeutiche caratterizzate da professionalità ed empatia, insieme alla costante messa in discussione di sé e alla rottura di setting rigidi e preordinati; ci informa sul complesso mondo psicologico delle migranti e dei migranti, ricerca un meticciamento culturale che arricchisce anche il nostro mondo delle origini, ci fa vedere altre vie di emancipazione, insegna a non dare giudizi. Diventa una traccia per affrontare la realtà culturalmente diversa in cui viviamo che, anche se non sempre consapevolmente, ci interpella e ci cambia.
Marilena Salvarezza