Eccoci in piena estate con tre testi di saggistica, vivificati da inserti poetici e dedicati alle madri.

Giuliana Savelli col suo saggio plurale Marìa Zambrano e il sogno del divino femminile, Iacobelli editore, edizione elettronica 2019, consegna una rivisitazione intensa di diversi testi della filosofa spagnola, unificati dalla prospettiva del principio femminile.

Stefania Renda col saggio Il Matriarcato. Allorigine le madri? – Un viaggio dal Paleolitico alle società contemporanee,  ed. in.folio.asterios, 2020, analizza con molti dettagli società matriarcali egualitarie e pacifiche, sia nel Paleolitico che nel mondo contemporaneo, basandosi sulle teorie di  H.Goettner-Abendroth e M. Gimbutas, efficacemente riproposte in Italia da Luciana Percovich.

I ritratti di straordinarie donne che abitano a  Pantelleria, composti da Lucia Bisi nel suggestivo Il vento ce lo disse- Donne nellisola, Bolis edizioni, aprile 2021, uniscono la  descrizione delle magìe di un paesaggio straordinario a un omaggio plurale alla libertà femminile.

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Buon estate e buone letture e scritture!

Giuliana Savelli
Marìa Zambrano e il sogno del divino femminile
Iacobelli editore, edizione elettronica 2019

SavelliGiuiana Savelli conduce con profonda affinità e con un linguaggio spesso poetico una nuova esplorazione di nodi, temi e motivi zambraniani, incentrato sulla ricerca del divino femminile; il testo è frutto di un lavoro intenso e partecipe condotto nell’ambito di una cerchia riconoscente di pensiero femminile.

Chiara Zamboni introduce il volume mettendo in rilievo  il valore di “metafisica sperimentale” in continuo divenire, riconosciuto dall’autrice al fondo del metodi di Zambrano; concludono il volume numerosi contributi di altre pensatrici, incluse analiste e analisti.

Savelli ripercorre nei diversi capitoli  i motivi e le figure  della filosofa spagnola,  utilizzando anche gli apporti del pensiero junghiano, dandone un’interpretazione per alcuni aspetti iniziatica, ermetica ed  esoterica. Ne emerge la centralità del divino femminile, accostato alla ricerca filosofica, anche se il termine non è frequente come tale nei testi zambraniani.

Il sapere della ragione contemplativa si unisce al sapere dell’anima, in un pensiero/amore che genera una filosofia delicata e appassionata.

“L’Aurora, radice, fiore, albero, figura di tutto ciò che è individuale e nascente […] ripete indefinitamente l’atto creativo del germinare, lei stessa germe dell’illimitato e dell’ardente. Nell’integrità del suo sorgere, essa ricompone i diversi goi [..]

Un gos matematico che conosce il ritmo segreto della vita e che trova espressione nella visione poetica mossa da un vento sottile, da un alito leggero di fuoco, un respiro che per un istante “indelebile” rianima e riunifica intorno a sé il creato..”

Ragione creativa e sentire profondo, pensiero e amore, unificati dal divino femminile.

Vittoria Longoni


Stefania Renda
Il Matriarcato. Allorigine le madri? – Un viaggio dal Paleolitico alle società contemporanee
ed in.folio.asterios, 2020

madriIl saggio di Stefania Renda nel titolo contiene una domanda e una promessa. Nel conciso ma intenso tragitto che l’autrice ci propone risponderà a quella domanda e manterrà quella promessa.

Partendo dalla parola matriarcato, oggi discussa dalla mitoarcheologia, mette subito in guardia sul forzato e infondato simmetrismo con patriarcato, negando il concetto di potere delle donne così come avviene nelle società maschili.

Sottolinea l’etimologia di matriarcato, seguendo le indicazioni di Heide Goettner-Abendroth che va al significato della parole greca ‘arché’: origine.

Dunque, non potere delle donne ma ‘la madre all’origine’.

Chiarito il nucleo semantico di matriarcato sganciato da quello di patriarcato così come si è evoluto, la parola può essere indicata senza equivoci e, a partire dagli studi di Goettner-Abendroth, usare gli aggettivi matrilineari e matrifocali compresi in questo concetto, per individuare quelle società organizzate secondo i principi che tali appellativi identificano.

Secondo Gimbutas, nel Paleolitico e fini al Neolitico, la figura femminile veniva rispettata per la sua capacità di generare la vita e veniva venerata la Dea Grande Madre Cosmica.

Le società erano prevalentemente pacifiche e vivevano in armonia con la natura. Secondo le sue ricerche e i suoi studi, questo equilibrio si è rotto con l’invasione dei Kurgan, popoli semi-nomadi provenienti dalle steppe siberiane, bellicosi e abili nelle armi, che tra il 4300 e il 2800 p.e.c. imposero il loro modello di società androcratica e patrilineare.

E allora sì, all’origine le madri. Ecco la risposta alla domanda del titolo.

Chiarito il significato che sposta non poco lo sguardo con il quale osservare, comincia il viaggio alla scoperta delle società matrilineari tuttora esistenti. Inizia in Asia con l’India, la Cina e Sumatra; si passa per l’Oceania con un arcipelago della Papua Nuova Guinea; attraverso l’America del Nord si approda infine nell’Africa Occidentale.

Del centinaio di società ancora a struttura matrilocale, Stefania Renda ne analizza qui sei: i Khasi dell’India nord-orientale, i Mosuo del sud-ovest della Cina, i Minangkabau dell’isola di Sumatra, gli abitanti delle isole Trobriand nell’arcipelago della Papua Nuova Guinea; gli Hopi dell’America del Nord; gli Ashanti dell’Africa occidentale.

A ciascuno dedica il proprio spazio nelle pagine del libro, descrivendone le caratteristiche specifiche ma anche quelle che le assimilano alle altre.

Dal patrimonio comune che ne ispira le strutture, i costumi e le credenze, si notano aspetti fondamentali ricorrenti.

Prima di tutto, la discendenza matrilineare riconosciuta non solo nel dato biologico ma anche nel legame affettivo, sociale, patrimoniale e di ruoli che si ereditano in linea femminile.

Nelle piccole società di donne, uomini, bambini e bambine, anziani e anziane emerge la centralità delle madri, sia nella sfera privata che in quella pubblica. In quest’ultima, tuttavia, non prevaricano ma si fanno garanti degli equilibri sociali e delle decisioni da prendere con gli altri membri tramite la pratica del ‘consenso’.

I due ambiti, privato e pubblico, in alcune etnie possono essere rappresentati da donne e uomini separatamente ma l’uno influenza e confluisce nell’altro, con la prevalenza di democrazia e risoluzione pacifica dei conflitti, caratteristiche degli ambienti matrilineari. Le persone anziane, bambini e bambine vengono rispettati nelle loro fasi di vita.

L’economia non è basata sul principio dell’accumulo ma del dono, garantendo la diffusione dei beni primari in modo egualitario ed equilibrato. Prevalentemente agricola e di allevamento, si ispira all’assoluto rispetto dei cicli naturali.

In questo sistema la natura è tenuta in conto come l’origine anche degli esseri viventi e da qui il concetto di divinità immanente, dove all’origine si staglia la Dea Madre, raffigurata spesso come sole o luna.

Ciò che garantisce gli aspetti socio-economici e le credenze appena accennate, è il principio biologico-affettivo-culturale della matrilinearità: le creature generate, maschi e femmine, si legano indissolubilmente alla madre e alle figure parentali femminili.

I membri di altre famiglie con i quali generare figli non avranno diritti sui nuovi nati e i padri, pur intessendo relazioni di affetto con i figli, sanno di questa originaria appartenenza al matriclan. A loro volta, svolgono il ruolo genitoriale all’interno del proprio gruppo originario, così che zii e zie assumono la funzione di genitori.

Benché rigorosamente riconosciuto come dato biologico in linea materna, il concetto di maternità e paternità viene allargato e diffuso agli uomini oltrepassando la figura del genitore biologico.

Anche se il ruolo di padre biologico si affievolisce, quello degli zii come ‘padri sociali’ è fondamentale. Il diffuso senso di mothering “ come cura di tutti i membri del gruppo etnico, come rispetto e relazione armonica con la natura, come economia garante della sopravvivenza e nutrimento di tutti, come rispetto dell’altro sesso, sostegno reciproco” coinvolge anche gli uomini e quindi non si afferma come fattore biologico ma come un vero e proprio modello culturale. In questo contesto la violenza domestica e il femminicidio non solo sono inammissibili ma anche incomprensibili.

La saggista riflette sui dati e i valori di queste strutture che ricalcano quelle del Paleolitico. Al loro confronto, quelli patriarcali appaiono “culturalmente orientati, storicamente condizionati e non biologicamente fondati”.

Tuttavia, con sincero atto di onestà intellettuale, diffida dall’usare il paradigma culturale di una società per esportarlo in un’altra. Ma “è possibile” – sostiene –“trarre ispirazione da alcuni valori socio-culturali matriarcali come ad esempio il rispetto, la cura, il sostegno reciproco e l’economia del dono, provando a portarli nella nostra quotidianità per costruire una società non violenta e rispettosa di tutti e di tutte”. Indubbiamente sono modelli di osservazione per preziose deduzioni e riflessioni, a correzione di strutture sociali con drammatici squilibri e sviluppi pericolosi, per una pacifica e armoniosa crescita individuale e collettiva.

Oggi più che mai, visto che i modelli sociali, economici e ambientali rivelano disfunzioni non più sostenibili a livello planetario.

Il saggio ha uno stile e un obbiettivo chiaramente divulgativo, ma è il frutto di ricerche e di studi non solo accademici ma anche sul campo. Stefania Renda, durante la sua attuale ricerca di dottorato in antropologia e etnologia presso la Yunnan Minzu University di Kunming a sud ovest della Cina, per due anni in vari soggiorni ha vissuto in villaggi Mosuo, attorno all’area del lago Lugu a 2700 metri nella regione dello Yunnan. Ne ha tratto dati, foto, ha condiviso abitudini e rapporti.

Lì ha trovato donne autorevoli e sagge che, pur mantenendo le loro prerogative, non tolgono dignità agli uomini.

Donne che l’hanno letteralmente e ufficialmente ‘adottata’ perché senza il loro atto d’amore e la loro accettazione, lei non avrebbe avuto il permesso di conoscerle, secondo un’antica regola al femminile che vuole che la conoscenza passi attraverso la relazione.

Stefania Renda

Siciliana dallindole curiosa e viaggiatrice appassionata, nasce nel 1989. Si laurea in lingua e cultura cinese allUniversità CaFoscari di Venezia e, durante la specializzazione in antropologia e etnologia nello stesso ateneo,.Inizia a studiare con passione la minoranza etnica cinese dei Mosuo.

Dal 2014 e fino al 2020 effettua i suoi viaggi di ricerca sul campo in alcuni villaggi Mosuo, durante i quali vivendo a stretto contatto con i locali, approfondisce il tema dello sviluppo nellarea paesaggistica del lago Lugu. Sta conseguendo un dottorato di ricerca in antropologia e etnologia presso la Yunnan Minzu University di Kunming.

Angela Giannitrapani


Lucia Bisi
Il vento ce lo disse – Donne nellisola
Bolis edizioni, aprile 2021

il vento ce lo disseL’isola di Pantelleria è particolarmente magica.

Bellissima, impervia e poco accessibile, aperta ai venti africani, é abitata da parecchie donne che venendo da varie parti del mondo  ne hanno fatto la loro terra di elezione e hanno ripopolato gli antichi dammusi facendone sede  di arti e attività, secondo vocazioni particolari.

Lucia Bisi, architetta e studiosa del paesaggio, si divide tra Milano e Pantelleria e in questi racconti – ciascuno dedicato  a una donna e alle sue passioni, tutte inquadrate dal cannocchiale curioso di Angelina, un autentico genius loci – fa rivivere le tante magìe dell’isola, i suoi panorami, le sue delizie ed asprezze.

L’ambiente raccolto di Pantelleria dà rilievo alle singole storie, alla ricerca di individualità femminili libere e anticonformiste.

L’isola a modo suo protegge e incoraggia le scelte personali; le donne possono costruire liberamente incontri e attività inconsuete.

La scrittura di Lucia Bisi si muove tra metafore e scorci realistici, riproduce il fascino della natura e della libertà femminile.

Un libro incantevole, impreziosito da disegni a matita e ad acquerello.

Vittoria Longoni

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