di Marilena Salvarezza
Un incontro intimo e intenso quello tra Margherita Giacobino e Nicoletta Buonapace il 14 maggio alla Casa delle donne. L’occasione: l’uscita dell’ultimo libro di Margherita Giacobino “Il tuo sguardo su di me”, A. Mondadori, Milano, 2021. Lo sguardo è quello della madre ma è anche quello della figlia che si guarda mentre guarda la madre.
Il tema dello sguardo è stato ricorrente nella conversazione. Quasi sempre i genitori, restano uno “specchio oscurato”, un mistero; andare al di là del ruolo è per i figli quasi un tabu. Giacobino ha avuto la capacità di guardarla in vita la sua mamma, vederla come donna e quindi potersi conoscere in questo confronto. Ne ha rispettato le scelte e la ricerca di libertà anche fuori dei ruoli.
L’intelligenza del bene
La mamma del libro è una donna semplice, ma capace di comprensione e rispetto. Una madre che rifiuta la retorica dei sentimenti, come è proprio dell’understatement della cultura popolare degli anni ’70 del Novecento, una madre talvolta spigolosa ma capace di ironia, di crescita intellettuale, di tacita accettazione e apprezzamento. La fiducia nelle qualità e nel giudizio della figlia rende quest’ultima sicura di sé e delle proprie scelte. La forza viene appunto dallo sguardo dell’altra. La madre è stata allevata coralmente da tante figure femminili che costituiscono il sostrato identitario, insieme al dialetto, anche per Margherita Giacobino. Il dialetto, crudo, essenziale, sincero e quotidiano diventa lingua primaria e plasma anche la modalità di rappresentazione dei sentimenti, contenuta e pudica. Questo gruppo materno con al centro la mamma era portatore dell’ “l’intelligenza del bene”, che si realizza quando cuore e mente procedono all’unisono.
Come nasce un libro
Margherita ha parlato della lunga genesi del libro fino al suo parto necessario, dopo la morte della madre, della difficile ricerca di un equilibrio narrativo, di ciò che andava messo e di ciò che andava omesso in un rapporto di verità. La madre è persona reale e insieme ha la dignità di un personaggio letterario. La scrittrice ha fatto un lungo lavoro prima di arrivare all’esito finale, da note di diario a testo da limare per togliere ogni sbavatura sentimentale fino alla scelta di rivolgersi direttamente alla madre, idealmente principale lettrice con il tu dialogico. Il suo mestiere di traduttrice ha delle analogie con il suo scrivere della madre: traduzione è sia tradizione sia tradimento nel senso di rappresentare l’essenza del testo con parole proprie.
La terza via
Il tema della madre ha attraversato ed è ancora centrale nel dibattito femminista, oscillando tra due opposti poli. Da una parte c’è la narrazione della “.grande madre”, la madre originaria e potente, dall’altra c’è l’anti materno, la richiesta di tagliare il cordone ombelicale, opporsi alla madre reale. In questo aut aut Margherita Giacobino non si è mai riconosciuta: lei stava bene con la madre, l’apprezzava come persona, trovava interessante il confronto. Acquisire autonomia non è tanto contrapporsi alla madre, ma piuttosto saperla guardare, in modo staccato e amoroso insieme fino ad accoglierla nei suoi limiti e nella sua complessità. E così la conversazione aperta dallo sguardo filiale, si conclude con la speranza di uno sguardo reciproco e amorevole fra tutte le donne.