di Vittoria Longoni
(Enciclopedia delle donne, 2021)

Una visione che scandaglia l’antico cercando nella sua bellezza, nei meccanismi del potere, nelle sue debolezze, le tracce che permangono di un ordine vivente che precede il pensiero patriarcale.
Il nuovo libro di Vittoria Longoni, grecista e femminista attenta alle radici della nostra cultura e al loro influsso sul presente, ci narra di ‘Cose stupende e tremende’, come si legge nell’incipit della premessa.
Indaga l’immagine molteplice della Dea, attraverso il fascino dei versi degli Inni omerici o dei cori delle tragedie come nell’Antigone, e ritroviamo davanti a noi la forza e la bellezza della madre universale nei suoi diversi aspetti: ‘Gaia… la più antica, che fa vivere tutto ciò che esiste al mondo… madre degli dei, compagna del cielo stellato…’; la conoscenza iniziatica delle duplici dee, Demetra e Persefone, negli indicibili Misteri di Eleusi; le Tesmoforie ad Atene, feste fra donne in loro onore, dall’epiteto di Demetra, Tesmofora, legislatrice; Cibele, Grande Madre ittita delle montagne e delle belve e l’antichissimo culto della pietra nera cosmica a lei associata.
Per dirne alcune prima che divenissero solo consorti degli dei o nate dalla mente del Padre Zeus, incorporate nella visione androcentrica.
La forza diviene prerogativa maschile ed è forza guerresca, esteriore, rivalità, potenza che si misura col sangue versato, forza che ha nell’Iliade il suo poema per eccellenza. L’autrice lo rivisita con altri occhi, facendo emergere, in punti di grande bellezza ed emotivamente salienti, le contraddizioni e le sofferenze del conflitto, a cui le figure femminili, dee o donne, prede o protettrici, sono comunque
asservite. Mostrando lo strascico violento della guerra, la catena di distruttività che si propaga anche al ritorno nelle città greche, nelle crisi politiche, economiche, pandemiche.
L’Odissea ne diviene il contraltare nell’individuo, “poema della forza astuta”, in cui tutto ruota intorno alla salvezza del re naufrago, e un corteo di magnifiche donne, ninfe e dee ne arginano gli errori, ne dirimano gli amori, nell’attesa incrollabile della legittima sposa, la cui astuzia risaputa è pur sempre al servizio dell’eroe, e non ha peso né possibilità di contrasto nel finale sterminio dei pretendenti e delle ancelle.
La volontà di dominio e la guerra con Sparta saranno la causa della peste di Atene, e sarà la collera delle Erinni o Furie, per l’uccisione di consanguinei, ad esporre al rischio di carestia, sterilità, contagio; violenza e rottura dei principi naturali come metodo, che porta squilibrio e ci riporta simbolicamente a un contemporaneo, minacciato dagli eccessi dell’umano.
La medicina greca del tempo non ha quasi rimedi per le epidemie, ma ne osserva i processi, le cause, memore dei nessi antichi, fra umano e natura/universo, da cui proviene e a cui le donne avevano dato contributo e impulso, in una concezione unitaria di corpo, mente, spirito, nell’equilibrio del principio d’amore. Ma più diverrà “razionale”, più forte sarà la svalutazione del corpo e delle energie femminili.
Energie in risveglio, di cui riappropriarsi in incremento creativo dettato dall’urgenza dei tempi, e di cui le antiche culture oracolari e pacifiche possono offrire un’immagine, di modelli diversi di relazione e convivenza fra i viventi, impulso a “un altro genere di forza…un altro genere di intelligenza”. Già accade, movimenti ecologisti femministi e giovanili, riflessioni, ricerca, arte e
spiritualità nuove spingono “a riconsiderare il nostro rapporto con la natura… una unità di intenti tra
persone – si augura l’autrice – che ci riconnetta alla totalità…”. Per comprendere e forse riuscire a
cambiare il presente. Rinominarla al femminile è già un cambiamento…

7 dicembre 2021

Rita Bonfiglio