Eccoci con tre romanzi dedicati alle vicende storiche delle migrazioni delle donne: “Migrante per sempre” di Chiara Ingrao (Milano, Baldini e Castoldi, 2019); “La sponsa di gelsomini” di Federica Lipari (Palermo, Navarra Editore, 2022); La storia nell’ombra” di Brunella Campea (Casalvelino Scalo, SA, Galzerano editore, 2022). La migrazione femminile ha caratteristiche specifiche perché le donne sono state e sono investite delle relazioni familiari e dei ruoli che ancora difficilmente cambiano. Perciò le madri patiscono maggior peso dalla migrazione e le donne in genere, imbrigliate in modelli migratori differenti da quelli degli uomini. Ma i tre romanzi rappresentano storie fuori dalla tradizione che alle caratteristiche difficoltà della migrazione femminile aggiungono il peso e le coraggiose scelte di uscire fuori dai binari. Ecco perché, tra i tanti libri, si suggeriscono questi tre. Non ultimo motivo, tutti e tre sono ispirati a storie vere.
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Chiara Ingrao
Migrante per sempre
Baldini e Castoldi, 2019
Il romanzo presenta una sorta di migrazione circolare che coinvolge una bambina siciliana degli anni Cinquanta, privandola dapprima della madre emigrata insieme al marito, e rendendola nell’adolescenza emigrata essa stessa, richiamata dai genitori in Germania.
I drammatici anni di ‘orfanaggio’ in Sicilia vengono seguiti da quelli ancor più duri dell’emigrazione e da un lavoro pesante e ‘senza senso’ a una catena di montaggio.
Poi il successivo andirivieni tra Italia e Germania per fermarsi definitivamente a Roma, alla ricerca di un lavoro che abbia senso e cuore.
È questa ricerca che salva l’esistenza della nostra migrante; che non si accontenta e non si arrende fino a trovare il suo posto e il ruolo più vicino possibile alle sue aspirazioni e alla sua indole.
Lo scollamento dagli affetti e dalle radici resterà come un marchio di sangue e la identificherà come migrante per sempre, ma la consapevolezza dell’età adulta e l’ambizione a un lavoro umano la compenseranno fino a farle comprendere che la migrazione non è solo miseria e può offrire capacità di relazioni e ricchezza di valori. Per chi li sa cogliere.
“… io sono stufa marcia, amica mia di dire a me stessa che un giorno il carciofo sboccerà in un bel fiore, senza più spine nel centro. E ancor di più di raccontarmi la favola che quel fiore prima o poi metterà radici e si farà albero, a Roma, a Milano o chissà dove. […] Voglio accettarmi per quella che sono, voglio esserne fiera. […] sono straniera e sono libera, sono figlia del mondo. Sono una migrante, Lina; e lo sei anche tu, che ti piaccia o no. Chi è stata migrante resta migrante per sempre”
La storia di Lina è anche quella di donne forti. Vincenza, la madre, che lei sente poco affettuosa, è una donna severa, incorruttibile, ma aiuta i compaesani a varcare i confini con la Germania, aspettandoli di notte nel cimitero del paese in cui vive. Crede fermamente nel lavoro come strumento di dignità e autonomia. La nonna, bracciante e raccoglitrice di pistacchi, diventa madre e padre per Lina, per le sorelle e i fratelli. Anche lei lavoratrice forte, convinta comunista e dalle radicate idee di riscatto sociale.
Un libro dal contenuto potente, dal ritmo incalzante e dove non una sola pagina è superflua.
Angela Giannitrapani
Federica Lipari
La sponsa di gelsomini
Navarra Editore, 2022
La protagonista è Francesca, trentadue anni, vedova, madre di due bambini, analfabeta.
Vive in un paesino della Sicilia in misere condizioni.
La storia inizia nella seconda decade del Novecento e per una vedova, madre di due bambini, è difficile sfamarsi e sfamarli. Guarda i suoi piccoli come spettri proiettati verso un futuro di miseria e ricatto, a causa anche dell’ombra della sua famiglia d’origine in odore di mafia. Prende, quindi, una decisione dolorosa quanto inusuale per una donna sola e madre a quei tempi: lasciare i figli alle cognate e partire per l’America a cercare lavoro, per garantire alle sue creature gli studi e con essi il riscatto economico e sociale
Una storia controcorrente in cui, mentre le donne restavano a casa come vedove bianche, lontane dai mariti emigrati, Francesca come vedova assume con coraggio su di sé un ruolo non ancora definito e non previsto in quegli anni e in quella terra; oltre al patimento per lo strappo violento dai figli per sua stessa mano. Ma è anche lo strappo che lacera un destino definito nei secoli, il dettame ancestrale sulle donne, la stretta con cui la società contadina e stratificata asfissia sé stessa, il ricatto mafioso
La seguiamo passo passo, sia durante il viaggio in nave, in terza classe che all’approdo ad Ellis Island con il vociare, la confusione, lo smarrimento, la soddisfazione d’avercela fatta ma anche con la paura di essere rimandati indietro al primo colpo di tosse.
Non un parente ad attenderla, non un viso amico, non un riferimento.
E poi ancora, i primi giorni a Manhattan, nei tenements, i rischi di sfruttamento – anche sessuale – e anche lì la minaccia della mafia. Fino all’epilogo, con un lavoro dignitoso e retribuito a sufficienza per sopravvivere e garantire ai suoi figli gli auspicati studi.
È la storia della bisnonna dell’autrice, classe 1883. Un lascito morale del padre di Federica, che l’ha spinta a completare i ricordi, i racconti, le ombre in una storia compiuta.
“La donna che mia madre vide partire per l’America quella terribile mattina di fine ottobre 1915 non era la stessa donna che ne tornò e che conobbi io. Era partita analfabeta ed era tornata bilingue, era partita indurita dal dolore e tornò capace di amare, era partita piena di paure e ne venne via più forte, perché era questo che faceva l’America, ti cambiava. Ti mostrava quello che potevi essere davvero, lontano dai condizionamenti e dalla storia personale. Anche quella scritta dai tuoi antenati.”
Angela Giannitrapani
Brunella Campea
La storia nell’ombra
Galzerano Editore, 2022
Una storia di indirizzo inverso a quella precedente: l’impatto che la migrazione ha su chi resta. Una vedova ‘bianca’ con tre figli.
In un Abruzzo rurale, svuotato da ondate di migrazione maschile a cui fanno seguito mogli e figli, Betta si sposa appena ventenne con un promettente compaesano che da anni vive in America. Lo vedrà pochissimo nell’arco del loro matrimonio e nelle rare occasioni di incontro concepiranno tre figli. Ma quando il primo avrà dieci anni, la seconda sette e l’ultima tre, il padre interromperà definitivamente i rapporti. Betta si assumerà un ruolo genitoriale completo, anche se il silenzio e il vuoto creato da un padre ancora in vita lascerà sui figli ferite inguaribili.
Lei, però, continuerà a ricolmarli di un amore infinito e non amaro, come avrebbe potuto essere; lavorerà con mani robuste la terra della famiglia di lui, aiutata dai suoceri e affiancata da una fitta rete parentale e sociale nel crescere i bambini che, da adulti, intraprenderanno strade diverse ma solide.
“Betta lavorava la terra da contadina, ma contemporaneamente gestiva le proprietà, le rimesse di Guerino, almeno fin quando queste cessarono, aveva rapporti con la banca e col suo avvocato di fiducia, con l‘ufficio postale, persino col genio civile, quando seguì tutti i lavori di ricostruzione della loro casa distrutta dai bombardamenti.”
Anche qui la vita della nonna di Brunella che nella prima parte dichiara la forte spinta a rintracciare le radici di quella storia, per portare in superficie le relazioni parentali ma soprattutto per squarciare il velo di silenzio che Betta e sua suocera hanno calato come una mannaia sulla famiglia. Silenzio su un abbandono camuffato, edulcorato, ammantato per vergogna di essere state abbandonate da un uomo giovane, in buona salute, con un buon lavoro. E, infine, con una nuova famiglia americana.
Nella seconda parte apre le pagine sul suo percorso di recupero delle origini, interpretando il non detto, indagando, chiedendo, recuperando qualche documento dal quale dedurre dati e così si giunge “alla fine del silenzio”. Là dove la generazione successiva eredita il compito di dare voce a quella genealogia femminile a cui, nell’epopea della migrazione femminile, l’abbandono, il peso delle convenzioni sociali, la responsabilità di crescere i figli e la pietas nei loro riguardi aveva chiuso la bocca.
Angela Giannitrapani