L’incontro del 5 giugno 2024 alla Casa delle Donne di Milano.

di Angela Giannitrapani, Giovanna Majno, Marilena Salvarezza.

Molte persone di diverse età, tra cui parecchie giovani donne e ragazze, hanno affollato lo Spazio da Vivere della Casa per discutere con interesse e passione sul libro recente di Vittoria Longoni, “Come si nasce, Miti e storie” (Ledizioni, 2024): un’ampia ricerca sui simboli e la storia relativi ai molti diversi modi di nascere e di intessere relazioni genitoriali e familiari testimoniate da miti e racconti antichi, con uno sguardo ovvio al tema dei nuovi modi contemporanei di generare e di fare famiglia. Difficile rendere conto della ricchezza del dibattito, ne diamo solo alcuni cenni.

Le slide prodotte e commentate dall’autrice hanno dato un’idea vivace di questa pluralità che, nell’ampio caleidoscopio dei miti di nascita relativi al mondo, alle divinità e ai vari esseri viventi, mantengono alcune coordinate di fondo:

 

  1. Una madre c’è sempre a fondamento della generazione, anche nei rari casi in cui la gestazione si compie alla fine in un corpo maschile. Si parte dalla straordinaria generatività partenogenetica di Gaia, che fa emergere da sé l’aria, il cielo con tutti gli astri perenni, l’acqua, i mari e i fiumi e tutti i viventi, modella monti e pianure e inaugura le generazioni delle divinità unendosi a Urano, suo figlio e compagno. Tutto deriva da questa Dea madre universale, dotata di sapienza, di arte e di capacità profetiche.
  2. I miti greci col loro linguaggio narrano anche la successiva instaurazione del patriarcato che mette in secondo piano Gaia e le divinità femminili. Queste ultime però mantengono i propri poteri, soprattutto in ambito sacrale.
  3. I diversi viventi – quelli immortali che hanno una nascita ma non possono morire, come gli dèi e gli astri, quelli dalla vita indefinitamente lunga come le divinità dei monti e dei fiumi e quelli destinati a morire, come i vegetali, gli animali e gli esseri umani – essendo tutti derivati nel corso delle generazioni da un’unica Madre sono “imparentati”, possono avere relazioni, metamorfosi e scambi generativi tra di loro.

L’autrice, sulla base delle sue ricerche, e come necessaria premessa di metodo, considera fortemente interrelati gli aspetti biologici e culturali della generazione e delle relazioni familiari; mette in discussione gli stereotipi sulla presunta “naturalità” delle istituzioni a cui siamo abituati; indaga e narra i miti partendo da una prospettiva cosmica non antropocentrica e propone di distinguere (senza contrapporre) la donna dalla madre e la madre dalla gestante. Tutto ciò in sintonia col simbolismo dei miti greci e con molte riflessioni femministe e, più di recente, con la prospettiva aperta da Michela Murgia nei suoi vari scritti e in particolare nella raccolta postuma Dare la vita (Rizzoli, 2024), aperta alle forme di maternità adottiva, “d’anima” e anche alla gestazione per altr* altruistica e solidale, pratica complessa che va regolata piuttosto che vietata.

Anna Beltrametti, grecista all’università di Pavia e tra le fondatrici della rivista “Storia delle Donne” (Firenze University Press), ha allargato l’analisi all’evoluzione del pensiero greco nel teatro e nella filosofia. Incontriamo così le paradossali affermazioni di Apollo nelle Eumenidi di Eschilo, che attribuisce alla madre solo il ruolo di contenere e nutrire il “germoglio” generato dal seme paterno. Si trattava di un voluto paradosso dialettico – che contrastava il senso comune e il parere quasi unanime dei medici ionici – con il quale si intendeva dare un supporto ideologico alla forte impronta patriarcale della pòlis ateniese.

Ma anche nel pensiero platonico – in particolare nel Simposio e nel Menèsseno – accanto all’affermazione della superiorità del “parto delle menti” rispetto al “parto dei corpi” il modello materno fornisce, ambiguamente, le coordinate fondamentali. Beltrametti ha concluso ricordando i versi di Sofocle sul progresso tecnico dell’umanità – che va accolto cercando però di governarlo con leggi di giustizia –, e con un richiamo alla necessità attuale di dare registrazione anagrafica e piena accoglienza a tutte le creature umane che vengono al mondo, qualunque sia il modo della loro nascita.

La giovane attivista e antropologa Elena Fusar Poli ha tratto dalle sue ricerche e pratiche sociali una grande apertura mentale e la volontà di superare gli stereotipi nei modelli “familiari “e di genere. Uno sguardo innovativo e non sterilmente “classicistico” consente di mettere felicemente in relazione paritaria l’interessante mitologia greca con le cosmologie e i miti fondativi di altre parti del mondo, in una prospettiva interculturale che valorizza nel confronto tutte le mitologie, anche quelle orientali e africane.

Nella stessa direzione si è si è inserita la comunicazione di Carlotta Cossutta, che ha ampliato la riflessione citando i contributi delle pensatrici femministe più recenti, da Barbara Duden a Donna Haraway, e ha riportato esempi di esiti paradossali del mancato riconoscimento anagrafico dei figli di coppie omosessuali, anche femminili.

La pratica dell’aborto ci ha fatto comprendere una volta di più che il semplice stato di gravidanza non comporta il desiderio di maternità e il ruolo fondamentale della libera intenzione e accettazione da parte della donna. Del resto, persino la triste e tragica esperienza dell’abbandono dei neonati e in particolare delle neonate da parte di padri e madri nel mondo antico può mettere in rilievo l’importanza dell’accettazione materna.

L’abbandono, detto “esposizione”, era un fenomeno purtroppo molto esteso, per varie ragioni economiche e non, nel mondo greco e romano, in cui l’accettazione da parte del padre era decisiva per la sopravvivenza dei neonati/e, ma anche le madri che abbandonavano i piccoli non erano sempre e solo vittime passive della pressione patriarcale e sociale. Il mito greco comprende anche storie di madri che uccidono i figli, o viceversa.

La ricerca mitologica, accanto a quella antropologica, rende conto della grande varietà di modelli di nascita e di relazioni familiari. Ogni divinità greca ha un modo diverso di nascere e introduce nel cosmo una profonda novità. Come fa, del resto, ogni nascita.

Ancora più giovane delle due relatrici precedenti, Margherita Majno, intervenendo dal pubblico, ha testimoniato il suo vivo interesse per tutte le mitologie, come quelle giapponesi che affidano la nascita dei vari viventi e delle isole alle relazioni tra lo “spirito” maschile e quello “femminile”, che purtroppo viene poi penalizzato per la sua intraprendenza. Nella sua esperienza, alcune affermazioni sono oggi scontate, almeno nell’ambito della particolare “bolla culturale” dei suoi coetanei, nel vivace dibattito tra maschi e femmine delle nuove generazioni; anche se permangono idee maschiliste e stereotipi di genere in altri ambiti giovanili. Il libro Come si nasce le ha dato altre motivazioni e un lessico più vario e flessibile nel discutere di questi temi.

In conclusione, si è aperto un dibattito importante che va senz’altro sviluppato e approfondito. Le diverse relazioni hanno testimoniato l’apertura mentale che viene da contributi culturali di varia origine e da pratiche sociali che sull’onda dei femminismi contrastano le discriminazioni fondate sui generi e propongono modelli familiari, relazionali e di nascita molto più vari e aperti.

Al contrario, la proposta di “messa al bando universale” della GPA, con pesanti sanzioni nei confronti di chi vi fa ricorso anche in paesi che la consentono e la regolano, in questa prospettiva pare frutto di una chiusura mentale che accoglie in modo acritico la presunta “naturalità” delle relazioni familiari, non si misura con la realtà delle persone, dei comportamenti e dei sentimenti e delle diverse leggi, non risolve nulla e non consente di distinguere modalità positive e solidali della gestazione per altr* da forme di coercizione e di sfruttamento.

 

*Si può rivedere l’incontro, registrato, sulla pagina Facebook della Casa delle Donne di Milano: https://www.facebook.com/100064631774234/videos/1118524876109475