In una Fiat 127, agli inizi degli anni ’70, due giovani insegnanti condividono il tragitto per andare a scuola. Una insegna in una scuola media di periferia, l’altra nei Corsi delle 150 ore, voluti dai sindacati per operai e operaie e poi per le casalinghe. Si confrontano sulle loro esperienze e quella che insegna nei Corsi delle 150 ore convince la collega a lasciare il contesto scolastico istituzionale che, per certi versi, è asfittico e poco aperto alle esigenze degli alunni e alunne per trasferirsi in uno degli esperimenti di formazione per adulti più innovativo e stimolante e del quale l’altra è entusiasta.
Le due colleghe sono Anita Sonego e Lea Melandri. Da quel momento in avanti le loro strade, le loro esistenze e le scelte che faranno le vedranno impegnate su un fronte comune. E, attraversando decenni di battaglie femminili e femministe, di conquiste e rivelazioni del pensiero sono arrivate qui davanti a noi, nello Spazio da Vivere della Casa in un pomeriggio di febbraio con zero gradi fuori e tanto, proprio tanto, calore dentro. Siamo tutte attorno al recente libro Alfabeto d’origine (ed. Neri Pozza) di Melandri e Anita presenta Lea con quell’aneddoto del loro primo incontro.
Chi le segue da tempo comprende molto del loro rapporto e, davanti a queste due intense donne mature, non faticano a rintracciare sui loro corpi i tratti di quelle ragazze che sono state. Tra di loro una giovane donna impegnata nel movimento Non una di meno, Carlotta Cossutta che ci racconta del suo incontro, anzi impatto, con il libro. Lea raccoglie le riflessioni di Carlotta, dicendosi da lei perfettamente compresa ma anche, perché no, scoperta in aspetti di cui chi scrive a volte non è esplicitamente consapevole e chi legge invece fa affiorare come un’imprevista immagine allo specchio.
Melandri, che ha voluto la voce di Roberta Secchi per la lettura di alcuni brani del libro, ci racconta della sua prima scrittura, quella dell’origine che va a scovare e vangare tutto il magma “sottobanco” dell’esistenza, “il fuori tema” che nessuna scuola ha mai voluto leggere e che la politica e la società hanno voluto relegare nel privato individuale, nelle “scorie della storia”. Fino ad arrivare all’evoluzione di quella scrittura nell’incontro con altre scritture, di autori e autrici amati, letti e riletti. Un entrare e uscire da quei testi per frammenti, in un “corpo a corpo” che prima fa fondere le voci di chi scrive e di chi legge ma che poi si distacca, dando origine ad una scrittura propria.
Si spende generosamente sulla sua scrittura e sulla sua esistenza, Lea, come è solita fare. Con l’immediatezza e l’ironia che muovono un denso coinvolgimento e sorrisi partecipi nell’uditorio. Ci ricorda l’esperienza dell’autocoscienza che, nella narrazione di sé, aveva dato alle esperienze “ più impresentabili” considerate estranee “ai saperi, ai linguaggi colti, così come alle grandi questioni della politica”, “un’inedita cittadinanza e legittimità”. E poi il sogno d’amore e l’educazione, il movimento antiautoritario e quello femminista degli anni ‘70, l’esperienza della posta del cuore su una rivista femminile.
Nell’intensità del suo percorso ci lascia, soprattutto, un itinerario che, finalmente, fonde emozioni e pensiero, corpo e mente.
Un debutto estremamente significativo, nell’ambito della rassegna voluta e progettata dalla Bibliomediateca dal titolo Le pratiche politiche del movimento delle donne: corpi, voci, scritture.
Angela Giannitrapani e Giuliana Peyronel