di Vittoria Longoni.
Un incontro molto partecipato e vivace si è svolto giovedì 29 tra le teologhe del CTI – rappresentate da Renata Bedendo e Cristina Simonelli,- e donne di varie età, socie della Casa e persone attirate dall’argomento, credenti e non, in contatto con ambienti ecumenici o dichiaratamente estranee e laiche.
Come femministe della Casa delle Donne abbiamo spiegato le ragioni del nostro interesse per tutte le forme e voci della riflessione femminista. Come gruppo Libr@rsi abbiamo letto le loro pubblicazioni con interesse e curiosità. Durante l’incontro abbiamo constatato che molti temi ci accomunano.
L’importanza di creare reti, di dare voce a pensatrici e autrici favorendone il riconoscimento; il problema se e in che forma e misura consentire anche presenze maschili; lo sforzo di farsi sentire mediante eventi e pubblicazioni anche in ambiti piuttosto sordi, oppure ostili. E poi molto altro: che cosa significa oggi essere e dichiararsi femministe; l’importanza simbolica che assume la riflessione teologica delle studiose e soprattutto i riflessi che essa può avere nella società italiana e mondiale ancora impregnata di valori patriarcali.
Le teologhe del CTI si occupano di diversi campi: soprattutto storia, cristologia, dialogo ecumenico e interreligioso, rilettura della Bibbia e dei Vangeli, analisi degli scritti delle mistiche mediante nuovi strumenti letterari. Nei loro testi abbiamo trovato spunti ed esiti innovativi per quanto riguarda l’approccio ai testi e l’analisi delle figure femminili, in particolare Maria Maddalena; il ritorno alle origini evangeliche superando le incrostazioni patriarcali che si sono presto insediate nella tradizione; e sulla figura di Gesù, riscoperta nei suoi rapporti con le donne, liberata da schemi maschilisti e dall’enfasi eccessiva che spesso viene posta sul tema della sofferenza e del dolore.
Enfasi che nella storia ha rafforzato atteggiamenti sacrificali e autopunitivi soprattutto nelle donne. Anche sul tema del celibato dei sacerdoti, le studiose del CTI ci confermano che questa prassi non ha nessun riscontro nel Vangeli, tutt’altro.
E per quanto riguarda l’accesso delle donne al sacerdozio, che darebbe a molte donne credenti il potere di consacrare, assolvere, predicare con piena autorità e modificherebbe sensibilmente l’immaginario corrente? Su questo punto ci è sembrato di trovare nelle teologhe una sostanziale adesione teorica, ma una forte difficoltà a porre oggi il tema, anche perché da parte della Chiesa cattolica è venuto un divieto esplicito su questa possibilità.
Durante l’incontro abbiamo ricordato Adriana Zarri e la sua coraggiosa presa di posizione sull’aborto. Oggi su questo tema non troviamo prese di posizione esplicite da parte del CTI sia perché le studiose non si occupano direttamente di temi etici, sia perché sono argomenti complessi e a volte conflittuali. Da parte nostra è venuta una sollecitazione e un invito al coraggio, anche per i rischi che nel mondo e nel nostro paese oggi si mettano in discussione diritti acquisiti da decenni. Diritti che vanno invece ampliati, a favore della libertà femminile.
Alcuni argomenti sono in discussione nel CTI come in molti altri ambienti femministi. Il tema complesso del genere e dei generi e la critica a un’interpretazione rigida ed escludente della binarietà; il confronto tra le posizioni espresse dal femminismo della differenza e le teorie dei movimenti intersezionali e transfemministi; il pieno riconoscimento dell’orientamento omosessuale e la difficile scelta personale di realizzare o meno anche amori fisici, da parte di religiose; la discussione su come nominare la divinità.
Alcune teologhe hanno proposto di scrivere “D**” per evitare i connotati patriarcali del maschile “Dio”. Ma come pronunciare questo nome di così ampia portata simbolica e culturale? Certo la schwa non risolve il problema perché si limita all’ultima vocale.
Studiose che si occupano di storia, preistoria e antropologia in ottica femminista propongono di rivalutare il termine “Dea” oppure “Dio/Dea” o “Dea/Dio”, o di usare l’astratto femminile “divinità”. C’è chi, come Luisa Muraro, ha proposto l’espressione “L’Altra/L’Altro” senza però rinunciare alla tradizione che nomina Dio al maschile. Ci può bastare?? E bisogna richiedere alla Chiesa di fare ammenda per i processi e i roghi delle streghe oppure no??
Le relatrici ci hanno raccontato anche i loro percorsi personali. Renata Bedendo ha imparato la “misericordia” durante i suoi studi sull’Islam e questa parola l’ha spinta ad approfondire gli studi teologici. Cristina Simonelli è stata attiva per decenni in un campo Rom.
La giovane Alice Bianchi, arrivata alla fine, ci ha spiegato anche le difficoltà che incontrano le e i giovani credenti europei a dialogare con giovani di altri continenti su temi come l’omosessualità. La dimensione planetaria della Chiesa mette a confronto culture molto diverse, con le quali le giovani teologhe intendono dialogare senza creare strappi.
Insomma l’incontro, tra esperienze personali e discussioni teoriche, ha riguardato temi appassionanti e tutt’altro che conclusi. Una buona ragione per continuare a confrontarsi, leggersi e dialogare.