In questa puntata vi proponiamo tre scrittrici di gialli con protagoniste detective donne: Mariolina Venezia, Via del Riscatto (Einaudi, 2019); Alessia Gazzola, Un po’ di follia in primavera (Longanesi, 2016); Margherita Oggero, Qualcosa da tenere per sé (Oscar Mondadori, 2007).
Perché questa scelta? Il romanzo poliziesco ha un gradimento e una diffusione in costante crescita e fin dalle origini le donne vi hanno avuto un ruolo primario in tutte le vesti possibili: assassine, femmes fatales, vittime ma anche investigatrici e autrici.
Alcune scrittrici come Agatha Christie godono di una notorietà internazionale e mai come oggi le scrittrici sono numerose, tanto che si è coniata l’espressione “femicrime”. Anche se è difficile individuare un’evidente peculiarità femminile nei loro libri, la cui struttura ricalca, sia pure con flessibilità, le convenzioni del giallo classico, in genere però è minore il tasso di violenza e più forte il ruolo dell’intuito, dell’osservazione e della riflessione. Inoltre le protagoniste sono donne contemporanee giovani, tra i trenta e i quaranta che fanno i mestieri più vari: poliziotte, detective private, dilettanti dotate, avvocate, piemme, mediche legali, forti e fragili nello stesso tempo.
Hanno contraddizioni e paure, ma godono di sufficiente autostima per riuscire a dirigere squadre maschili, meritando rispetto e collaborazione. Nelle recensioni parliamo di tre autrici italiane di successo (misurato anche dalle serie televisive a loro dedicate). Due di queste autrici, Mariolina Venezia e Margherita Oggero, hanno scritto libri apprezzabili non di genere. Alessia Gazzola a sua volta, dopo il successo della sua Alice Allevi, ha creato nuove protagoniste e ha fatto incursioni anche nel rosa. Le tre detective protagoniste, Alice Allevi, Camilla Baudino e Imma Tataranni, presentano caratteristiche comuni: curiosità, empatia, intuito e determinazione.
Tutte e tre fanno lavori significativi e, a parte l’insegnante, impensabili in un passato ancora relativamente recente: medico legale e piemme. Le loro vite sentimentali non son statiche ed evolvono con la loro crescita umana. Se la protagonista di Gazzola, Alice Allevi, incarna il modello di ragazza reso celebre anche dalla letteratura rosa contemporanea – vulnerabile, incerta, un po’ modaiola, ma anche resiliente, generosa e determinata –, le altre due sono donne non convenzionali, capaci di misurarsi con il mondo degli uomini e portatrici di una visione del mondo propria che include etica e pietas.
Per tutte la curiosità umana è il motore per eccellenza della investigazione, come era accaduto anche alle loro antenate, la cosiddetta “brigata dei ferri da calza” di cui la Miss Marple di Agatha Christie è l’esempio più celebre. Se loro avevano solo il ristretto orizzonte del villaggio e del celibato, le nuove detective si muovono nella complessità e nella parte oscura del mondo senza però cedere al cinismo e alla durezza. Tutte le loro storie ci aprono squarci di realtà sociale e in alcuni casi pongono temi caldi e dilemmi etici. Letture certo di genere ma non banali.
Mariolina Venezia
Via del Riscatto
Einaudi, 2019
Mariolina Venezia, che ha esordito con la saga familiare Mille anni che sto qui, vincitrice del premio Campiello, nei romanzi successivi è virata al giallo. Un apparente “salto” ma molto meno di quello che si pensi come lei stessa racconta. È sua convinzione che siano ormai inadeguate la distinzioni inappellabili tra letteratura alta e paraletteratura, tra cui il giallo. Non a caso questo genere non conosce tramonto, anzi è più vitale che mai, grazie anche a molte scrittrici donne. Permette infatti di rappresentare meglio di altre tipologie di romanzo la società in cui è ambientato, di riproporre, in modi nuovi e spesso venati da cupo pessimismo, l’inestricabile intreccio tra bene e male, di evidenziare in epoca di relativismo i modi in cui si cerca un’etica se non universale almeno soggettiva. Questi aspetti emergono in modo brillante nei romanzi gialli che hanno come protagonista Imma Tataranni, sostituto procuratore di Matera, immortalata in una recente serie televisiva ma molto più ruspante sulla carta, certo fuori da ogni canone sia estetico sia di conformismo sociale. Di umili origini, Imma ha l’unicità di chi si è creato da solo, grazie a una determinazione e a una fiducia in sé stessa straordinarie. Piccola, tracagnotta, con seno abbondante, naso a patata e capelli color ruggine sparati, malvestita ma caracollante su tacchi vertiginosi è la piemme che ha collezionato nella critica più aggettivi, non sempre lusinghieri: indisponente, testarda, scorbutica, forte, ruvida, dispotica, sanguigna, pungente, cafona, caterpillar e via tatarannando. Anche come madre di un’unica figlia adolescente, non è sempre all’altezza degli standard socialmente richiesti. Tutto vero, ma Imma è anche animata da una grande ricerca di giustizia, dalla disistima per i fannulloni e i pusillanimi come il suo capo, da una sotterranea pietà per le vittime e talvolta anche per i carnefici. È capace di intuire il dolore sotto le maschere quotidiane, determinata a perseguire la verità, in grado di cogliere il disagio giovanile e di coltivare affetti duraturi come quello per il mite marito, il suo fido “scaldino”, per il quale sopporta l’invadente suocera anche se non è esente da tentazioni come quella verso il bel maresciallo Calogiuri. Perché Imma a suo modo è una donna sensuale e il fedele Calogiuri non è immune dal suo fascino.
La piemme Tataranni è un irripetibile misto di tradizione e trasgressione. Un po’ come la sua terra, la Basilicata globalizzata, in bilico tra il passato arcaico e una postmodernità di speculazioni, iperturistizzazione e petrolio che ne deturpa anima e paesaggio. È questo intreccio a determinare molte trame e Imma sa trovare le radici profonde di delitti recenti. Quello di Mariolina Venezia è anche un viaggio nella memoria di proustiano sapore e nella storia del nostro paese, di cui coglie le pieghe più oscure. In Via del Riscatto, dove la vittima è un agente immobiliare con qualche scheletro nell’armadio, trovato cadavere nel conteso palazzo Sinagra, il filo d’Arianna per risalire al colpevole è un intreccio di sentimenti familiari conflittuali, di antichi fantasmi e di speculazione edilizia che assume forme indecifrabili. Il tutto ha come scenario irresistibile i sassi di Matera trasformati in rutilante presepe turistico ma che conservano qualcosa di misterioso e inviolato in cui si annida una storia centenaria. È proprio tra chiese, grotte, palazzi fatiscenti e fascinosi si snoda la storia e spetterà a Imma con intelligenza e intuito individuare il colpevole tra i tanti possibili sospettati. Mariolina Venezia ci restituisce, in questi come negli altri libri che hanno come protagonista Tataranni, frutto della documentazione sul campo, uno spaccato di vita in cui anche i personaggi minori sono indimenticabili e il tono ironico talora si piega al grottesco come in tante commedie all’italiana che la scrittrice ama. Consigliabile anche a chi non è una cultrice del genere.
Marilena Salvarezza
Alessia Gazzola
Un po’ di follia in primavera
Longanesi, 2016
Un romanzo giallo rosa scritto da una giovane autrice per un pubblico giovane ma godibile a tutte le età. È bastato un semplice passaparola perché il primo libro scritto da Alessia Gazzola, L’allieva, diventasse un best seller. E i successivi libri hanno confermato il successo. Ma qual è il mix vincente? Intanto la protagonista, Alice Allevi, che strizza l’occhio alle eroine chick lit e nel cui percorso di formazione più di una ragazza contemporanea può identificarsi. Alice studia per diventare medico legale, la stessa professione dell’autrice, e questo conferisce plausibilità e veridicità all’ambientazione in cui si muove un microcosmo esplosivo, fatto di colleghe amiche ma anche di arriviste e di capi un po’ sadici. Nel giallo italiano le protagoniste patologhe non sono molto numerose, al contrario di quanto avviene nel giallo al femminile negli USA. (Tra gli esempi più famoso P. Cornwell e T. Gerritan). Si rovescia così un paradigma: le donne in passato potevano fare certe professioni solo nei libri, ora sono spesso professioniste che portano il lavoro che fanno nei romanzi che scrivono. Alice ha molte cose in comune con Bridget Jones, la capostipite del modello femminile imposto dal nuovo rosa: è pasticciona e romantica ma anche con una sotterranea vena di determinazione, resiliente, curiosa e empatica, il che la mette spesso nei guai ma anche le rende possibile risolvere casi complicati di omicidio. Ama la famiglia rimasta nel paese d’origine e in particolare la nonna, dispensatrice di cibo, saggezza e affetto. Ama lo shopping anche se non proprio compulsivo e ha il cuore diviso tra l’idealista ed evanescente Arthur, e Claudio il suo capo cinico (ameno all’apparenza), carrierista e scortese. Un’indecisione che tiene viva la tensione e le lettrici, che magari vivono analoghi patemi e possono schierarsi fra due modelli maschili. Le contraddizioni di Alice tra emancipazione e adesione a ritualità tradizionali (la gioia che prova al dono dell’anello e alla richiesta di matrimonio da parte di Arthur, la parte di lei che si assoggetta docilmente alle angherie di Claudio, felice preda della sindrome “io ti salverò”) le ritroviamo in molti romanzi delle nuove scrittrici rosa e ne fanno un modello per le giovani generazioni. Nel romanzo Un po’ di follia in primavera Alice si trova alle prese con l’omicidio di Ruggero D’Armento, psichiatra noto, celebrato e stimato, che nel corso della storia rivela i suoi lati oscuri e manipolatori. Anche in questo caso emerge il lavoro di approfondimento per descrivere in modo credibile un mondo complesso come quello della psichiatria e della psicanalisi. La giovane specializzanda riesce a sbrogliare la vicenda proprio per quelle qualità (empatia, curiosità e pietà per le debolezze umane) che il suo mentore “un po’ maiale”, come lei stessa lo definisce, le rimprovera come debolezze e grazie alla simpatia paterna di un poliziotto che le mostra stima e fiducia. Alla fine lasciamo Alice ancora con il suo mondo in divenire come tante ragazze alla boa tra i venti e i trenta anni, ancora alla ricerca della propria dimensione affettiva, ancora in una vita da studente in una casa condivisa, con un lavoro da definire, un luogo amato, l’istituto di Medicina legale, da lasciare. La storia di tante ragazze come lei. Però ha ottenuto la tesi di specializzazione, nonostante la riprovazione della sua capa, la mitica e implacabile Wally, suo personale spauracchio. In sintonia con i personaggi, anche la lingua è accattivante, scorrevole, semplice ma a tratti brillante, con dialoghi vivaci e gli inglesismi di cui è imbevuto il linguaggio giovanile. E un nuovo libro sulle avventure di Alice ci strizza l’occhio dietro l’angolo.
Marilena Salvarezza
Margherita Oggero
Qualcosa da tenere per sé
Oscar Mondadori, 2007
Anche Margherita Oggero ha alternato romanzi non di genere a libri gialli che forse più degli altri le hanno garantito successo e simpatia. La serie più nota, di cui abbiamo visto numerose trasposizioni televisive, è quella che ha come protagonista Camilla Baudino, la “profia” con un insopprimibile istinto da detective e un amore senza illusione per i suoi studenti. Attraverso Camilla, Margherita Oggero ci riporta alla sua esperienza di insegnante e alla sua visione della scuola. La scuola, ci dice attraverso i comportamenti di Camilla, deve farsi carico anche della parte affettiva e emotiva delle studentesse e degli studenti che sotto la maschera della spavalderia e del menefreghismo nascondono fragilità e insicurezza e hanno un grande bisogno di adulti accoglienti. Camilla ha una famiglia per così dire normale, marito, figlia, cane molto amato e madre un po’acida e lamentosa. Ma come sempre, appena si gratta sotto la superficie, la normalità svanisce come neve al sole. La figlia Livietta è in piena malmostosità adolescenziale e anche il matrimonio a ben guardare non sta tanto bene. Sotto la consolidata routine si annidano insoddisfazione e noia incipienti e all’inquietudine serpeggiante non è estraneo il commissario Berardi di cui Camilla è diventata amica. Intorno un pugno di personaggi dalle vite devianti, ma degni d’amore. Una comune “anarchica” con ragazze e ragazzi segnati dalla vita, con l’animo ribelle e rassegnato, una prostituta imprenditrice, Flora, che ha scelto il suo mestiere con consapevolezza e lo fa con disillusa professionalità e figure che rappresentano il male in doppiopetto. Camilla diventa casualmente amica di una ragazza della comune, Liuba, che lavora in un sex shop e che le chiede di aiutarla a ritrovare l’ingenuo e vulnerabile “Quantunque”, l’ultimo arrivato della comune, sparito senza lasciare traccia. Gli omicidi di Flora e di Quantunque, apparentemente senza nesso, si riveleranno invece drammaticamente intrecciati. L’indagine ufficiale di Gaetano Berardi e quella discreta e femminile di Camilla, si affiancano così come le loro storie. Ma la prof. Baudino è chiamata in questo libro ad una scelta difficile: nascondere, in nome di una giustizia più profonda di quella giudiziaria, parte della verità a tutti, compreso il commissario. Margherita Oggero ambienta i suoi romanzi nell’amata Torino, che conosce profondamente, spaziando tra periferie e quartieri altolocati. Il giallo si svolge nel 2006 e ci restituisce l’atmosfera delle Olimpiadi quando Torino, presa da una febbre collettiva, perde il suo aplomb sabaudo e severo. La cifra stilistica è come sempre nei libri della Oggero, una ironia affettuosa che riguarda tutte e tutti: le “madamin”, le ragazze truzze, i poliziotti imbranati. Un’ironia che nasce da un’osservazione partecipe, che riconosce a ciascuno una ricchezza di storia e di vita impensabile all’apparenza. Dialoghi frizzanti e una lingua che sa anche ricorrere, senza abusarne, allo slang regionale, la capacità di tenere insieme tante storie in una trama vivace, rendono i libri di Oggero gradevoli e intriganti.
Marilena Salvarezza